- Memoria di Santa Teodosia da Costantinopoli
Teodosia era una monaca che viveva in un monastero di Costantinopoli. Il 19 gennaio 729, all’inizio delle persecuzioni iconoclaste, l’imperatore Leone III l’Isaurico ordinò che l’icona di Cristo, che stava sopra la porta Chalke del palazzo imperiale venisse rimossa[1][2]. Mentre un ufficiale eseguiva l’ordine, un gruppo di donne si riunì per impedire l’operazione. Tra di loro c’era Teodosia, che scosse fortemente la scala fino a quando l’uomo cadde. Questi morì per le ferite riportate e Teodosia venne arrestata e portata al Forum Bovis, dove venne giustiziata mediante un corno di ariete conficcato nel collo[3]. In seguito al trionfo dell’ortodossia sull’iconoclastia, ella venne riconosciuta come martire e santa, ed il suo corpo venne conservato e venerato nella chiesa di Hagia Euphemia en to Petrio, nel quartiere denominato Dexiokratianai[4]: esso corrisponde al moderno quartiere di Ayakapı, lungo il Corno d’Oro; dopo l’inizio del XIV secolo, la chiesa portò il suo nome e corrisponde forse alla moschea Gül. Anche una porta nelle mura marine di Costantinopoli, la “porta della Santa” (Turco: Ayakapı) prese il nome dalla chiesa. Hagia Theodosia divenne una tra le sante più venerate a Costantinopoli, invocata in particolare dai malati. La fama della santa si accrebbe in particolare dopo la guarigione di un sordomuto nel 1306.
chiesa di S.Teodosia (Gul camii, moschea delle rose)
Secondo l’anonimo veneto (Questo è ‘lamento de Costantinopoli in La caduta di Costantinopoli a cura di A.Pertusi vol.II p.309) fondata da Alessio I Comneno (1081-1118). Secondo altri va invece identificata con la chiesa di Sant’Eufemia di Petra che avrebbe cambiato progressivamente denominazione dopo aver accolto le spoglie di Santa Teodosia, martirizzata dagli iconoclasti nel 729 (*), in virtù della crescente popolarità dei miracoli operati da queste reliquie. La sua fondazione andrebbe quindi fatta risalire alla seconda metà del IX sec.
La muratura a “mattone arretrato” impiegata è comunque caratteristica dell’edilizia comnena, né sono state rilevate evidenze archeologiche che permettano di confermare una datazione al periodo iconoclasta. Tutto ciò porta gli studiosi moderni a propendere per la prima ipotesi.
Dopo la Conquista fu inizialmente adibita a magazzino e successivamente trasformata in moschea durante il regno di Selim II (1566-1574), epoca a cui risale l’aggiunta del minareto.
La struttura originaria ha subito notevoli modifiche, tra cui la ricostruzione della cupola centrale ed il rimaneggiamento degli archi e delle finestre. La chiesa presenta una pianta a croce iscritta e termina con una abside centrale fiancheggiata dalle due laterali dei pastoforia ed è costruita su una cripta che la sopraeleva dal piano stradale. Mentre le due absidi laterali sono probabilmente quelle della chiesa originale, quella centrale, eptagonale e priva dei quattro ordini di nicchie incorniciate da decorazioni a mattoni che caratterizza quelle laterali, è invece molto verosimilmente frutto di un restauro ottomano. Il nartece comunica con la navata meridionale ma non con quella settentrionale.
Secondo una leggenda la denominazione di ‘moschea delle rose’ risale al fatto che, quando i turchi presero la città, la chiesa era inghirlandata di rose in quanto quel giorno ricorreva la festa della santa.
All’interno del pilastro sud dell’abside, una scala a chiocciola conduce alla tomba di Gul Baba (padre delle rose), un personaggio molto amato dal popolo in età attomana. Una diceria, in voga nel secolo scorso, voleva invece esservi sepolto Costantino XI. Sull’architrave della porta che introduce alla camera sepolcrale è incisa in turco l’iscrizione: Tomba dell’Apostolo, Discepolo di Cristo, la pace sia con lui.