- Memoria del nostro santo padre e confessore Procopio il decapolita
Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli
Il 27 del mese di febbraio, memoria del nostro santo padre e confessore Procopio il decapolita.
Nessuna città sulla terra, o Decapolita, vale la città nella quale ora vivi. Procopio, inamovibile nell’avversità, il 27 raggiunge il traguardo.
San Procopio il Decapolita visse a Costantinopoli nell’ottavo secolo, al tempo dell’imperatore iconoclasta Leone III l’Isaurico (717-741). Condusse una severa vita monastica, dedicandosi all’ascetismo e raggiungendo un tale grado di perfezione da ottenere il carisma taumaturgico; poi decise di combattere apertamente in favore del culto delle sacre icone, confutando coloro che negavano l’incarnazione del Verbo, sostenendo la verità e confessando la sua fede anche davanti a violenze e torture. Arrestato, rimase rinchiuso in prigione fino alla morte dell’Imperatore. Poco dopo la sua liberazione, si addormentò nel Signore.
- Memoria di San Luca di Messina primo igumeno del Monastero del Santissimo Salvatore a Messina (27 febbraio 1149)
Tratto da http://www.fotebamessina.it/index.php?option=com_content&view=article&id=119&Itemid=1011
Il codice Messanensis Graecus 29 afferma che, tornato a Rossano dopo essere stato scagionato dall’accusa di eresia nel processo subìto a Messina, Bartolomeo di Simeri «chiamò il ieromonaco Luca, uomo di esimia santità ed altri dodici monaci tra i più degni e segnalati del suo gregge, e dopo aver diviso con loro libri, proventi e suppellettile domestica, dando loro anche molto denaro, dopo aver eletto Luca come egumeno del nuovo monastero del Salvatore […], li congedò con molti auguri» (M. SCADUTO, Il monachesimo basiliano nella Sicilia medievale, 174). Gli accadimenti narrati nel manoscritto 29 non appaiono storicamente fondati; il racconto del fratello Daniele, apprezzabile sotto il profilo spirituale, appare carente in ordine all’esposizione cronologica degli eventi: l’amanuense anticipa di qualche anno quanto successe dopo la morte del primo igumeno della Nuova Odigitria, ovvero l’arrivo e la permanenza di Luca a Messina. L’incongruenza storica del monaco Daniele consiste nell’aver tralasciato un elemento di capitale importanza: Bartolomeo di Simeri era già defunto quando Luca, che tra l’altro gli successe come igumeno del Patir, lasciò la Calabria per recarsi a Messina. La circostanza trova conferma nella “Prefazione” del codice Messanensis Graecus 115, dallo stesso Luca redatta nel 1131: «In parte attenendoci ai comandi dei Padri e tenendo a memoria i consigli di quell’uomo defunto, se si debba chiamare uomo, e non con altra proprietà, perché visse una vita al di sopra di uomo: in parte anche al modo nostro considerando un sì grande officio come al di sopra della nostra forza; prima eravamo in ansia a cagione della proposta, e per una lodevole timidità differivamo. Come poi con maggiore veemenza sia anche con maggiore violenza il Regnante incalzava molestando, e in parte con preghiere, in parte con minacce, ci costrinse assoggettarci a questa da Dio amata superiorità» (LUCA ARCHIMANDRITA, Prefazione al Typikόn del Santissimo Salvatore, 29-30).
Nella prefazione lucana, Bartolomeo è ricordato come “uomo defunto”, e in effetti la nota mortuale contenuta nel foglio 6 del Vaticanus Graecus 1912 informa che trapassò nel monastero della Nuova Odigitria il 19 Agosto 1130. Il codice Vaticanus Latinus 8201 riferisce invece che Ruggero il Normanno decise la costituzione dell’archimandritato messinese nel Maggio 1131, mentre portava a termine la costruzione del monastero “in lingua phari”; fu allora, pertanto, che si pose il reale problema della guida del nuovo monastero e a quell’epoca deve collocarsi l’arrivo di Luca a Messina. La cronologia appena esposta, ormai unanimemente accettata dagli studiosi, porta a concludere che Luca approdò a Messina tra l’Agosto del 1130 (morte di Bartolomeo) e il Maggio del 1131 (diploma di Ruggero II), e che a lui si debba attribuire la fondazione della comunità monastica del Santissimo Salvatore.
Stabilitosi a Messina, su richiesta del sovrano, Luca iniziò una vigorosa opera di risanamento morale, spirituale e disciplinare dei monasteri, siciliani e calabresi, e in breve tempo poté scrivere che «con disprezzo furono sbandite al tutto la negligenza dei Monaci e la volgare maniera di vivere, e il commercio con chi si sia, le adozioni in sorelle e le conversazioni con donne, e le affinità spirituali con esse, e gli spessi incontri ed i viaggi con Monache. Completamente furono aboliti il vivere ad arbitrio ed il mangiare di nascosto, ed i cosi detti peculii, e gli a questi somiglianti, come corrompenti la Cenobitica condizione; e le zizanie del malvagio belligero, secreto seminatore del sordido ed infruttuoso frutto della sua malvagità tra il frumento della Chiesa purissimo ed al pari di perla» (LUCA ARCHIMANDRITA, Prefazione al Typikόn del Santissimo Salvatore, 31-32).
Il ristabilimento della disciplina monastica si rafforzò con la stesura, nel 1131, di un apposito Typikόn contenente le norme che Luca aveva stabilito per i suoi monaci, e che questi erano tenuti a rispettare e osservare. Qualche anno dopo, nel 1133, il libro tipico fu copiato e consegnato ai monasteri soggetti con l’obbligo di leggere ogni anno le regole lucane per ricordarne il valore normativo: «il Typikón del SS. Salvatore di Messina riflette il periodo di maggior splendore della liturgia italo-bizantina» (R. IACOPINO, Il Typikón della Cattedrale di Bova, 61).
Nel 1133, Re Ruggero confermò il diploma del Maggio 1131 e ai monasteri già assoggettati, ceduti dal vescovo Ugo con apposito Privilegium, ne aggiunse altri. L’anno seguente, l’energico igumeno del monastero regio, distintosi per fermezza e fedeltà alla corona, fu insignito del titolo di archimandrita: «nel 1134 dal Re Ruggiero fu elevato alla dignità di Archimandrita» (F. MATRANGA, Catalogo Descrittivo del Cartofilacio, 198). Il 27 Febbraio 1149 Luca di Rossano, primo archimandrita del Santissimo Salvatore, rese l’anima a Dio. Le sue spoglie mortali furono composte in un sarcofago marmoreo di epoca tardoromana (V-VI secolo) e onorate con l’incisione di un epitaffio celebrativo.
La riforma dell’archimandrita Luca fece rifiorire la spiritualità monastica nell’Italia meridionale normanna e portò alla ripresa e all’affermazione delle tradizioni religiose bizantine. L’attività monastica del Santissimo Salvatore, modellata anche sulla riforma studita di Costantinopoli, diede nuovo impulso alla dimensione culturale: la produzione e la trascrizione dei codici nello studium del Santissimo Salvatore fece dell’archimandritato una fucina di scienza e assicurò la trasmissione della più nobile conoscenza biblica, patristica, liturgica, ecclesiastica e profana.
- Memoria di santo Stefano che organizzò una casa di riposo per anziani in Armazio (614)
Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli
Santo Stefano servì come uomo di corte dell’imperatore Maurizio (582-602). Dopo il ritiro dal servizio pubblico, fondò un ospizio per anziani (gherokomeion), che confinava con un ostello per stranieri. È interessante notare che questa è l’unica casa per anziani, su ventisette che esistevano a Costantinopoli, che rimase attiva fino alla caduta della città (ultima menzione nel 1446). Si trovava sul golfo del Corno d’Oro, nelle vicinanze della Porta di Plateia (oggi nota come Un Kapanı Kapısi), nel distretto di Armazio. Santo Stefano riposò in pace nell’anno 614.