- Memoria del beato Acacio ‘della Scala’
Vicariato Arcivescovile della Campania
Κακὸν φυγὼν πᾶν Ἀκάκιος ἐν βίῳ.
Καλοῖς ἀπείροις ἐντρυφᾷ λιπὼν βίον.
Fuggendo ogni male in vita,
lasciando la vita si delizia dei beni infiniti
Il beato Acacio è menzionato da San Giovanni Climaco, che ne scrisse nella ‘Scala’ e perciò si usa dire “della Scala”.
Visse in Asia Minore (presso il monastero di Kellivara sul Monte Latros) e si distinse per la sua infinita pazienza. Diceva infatti: “Coloro che pensano che non mi arrabbio mai sono ingannati. Mi arrabbio, ma contro i due più grandi nemici. Uno è Satana, l’altro è inutile che dica chi sia” indicando se stesso.
Al monastero aveva un capo molto severo, ma Acacio non diceva nulla nei suoi confronti.
L’abate lo trattava male e Acacio lo amava, ma era rattristato dal fatto che fosse in gioco la salvezza del suo abate a causa della sua condotta.
Acacio morì giovane, avendo una proverbiale pazienza e una speranza viva in Dio.
L’Ufficio del Beato è stata scritto da quel maestro pieno di saggezza che fu lo ieromonaco Christophoros Prodromitis.
San Nicodemo l’Aghiorita, nel suo Sinassario, ci informa che le sacre reliquie del Santo rimasero incorrotte e intatte per molti anni. E ci racconta la seguente storia:
“Accadde una volta che i monaci di quel monastero uscirono per il raccolto, perché era il tempo. Solo due fratelli rimasero al monastero, uno per sorvegliarlo e l’altro perché era malato. Questi poi morì. L’altro fratello, da solo, non poteva scavare una tomba; allora aprì la tomba di San Acacio, e lì mise il defunto insieme al Santo.
Recatosi alla tomba il giorno dopo, trovò il corpo del fratello defunto fuori dalla tomba. Di nuovo lo pose nella tomba del santo. Ma poiché di nuovo lo trovò fuori, rivolgendosi al Santo, disse: ‘Ho sentito, Beato Acacio, che nessun altro è fiorito nell’obbedienza come te. Ma ora, come vedo, sei diventato arrogante e tanto orgoglioso da non accettare il fratello nella tua tomba, ma lo butti fuori. Dunque, o lo lasci stare con te in una tomba, o, se di nuovo lo getterai fuori, non voglio più farti soffrire, ma voglio farti uscire dalla tomba’. Mise di nuovo dunque il fratello nella tomba del santo e se ne andò. Il giorno dopo, tornando di nuovo, trovò il fratello defunto nella tomba ma non San Acacio. Ancora oggi c’è una tomba vuota, intitolata a San Acacio”.
- Memoria del nostro santo Padre NIKON il METANOITE
a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria
Nato in un villaggio del Ponto, nella città di Trebisonda, verso il 920, Nikon nacque da una pia famiglia di ricchi proprietari terrieri. Fin dalla giovane età mostrò una grande saggezza ed un profondo amore per le opere della virtù. Un giorno, inviato da suo padre ad ispezionare le proprietà, fu profondamente afflitto vedendo la miseria e il duro lavoro a cui erano sottoposti tanti poveri uomini. Egli non si ribellò ma fu costretto a meditare sulla vanità dei beni di questo mondo. Quanto lavoro e vane speranze per finire comunque questa vita nella tomba! Ricchi o poveri! Egli prese allora la decisione di lasciare tutto ciò che lo legava a questa terra e partire a lavorare per la vita eterna tra i monaci.
In segreto dei suoi genitori, andò al monastero detto della Pietra d’Oro, situato in una regione selvaggia, tra il Ponto e la Paflagonia. L’egumeno informato divinamente dell’arrivo del giovane al momento in cui su celebrava la Divina Liturgia, l’accolse con gioia e lo rivestì immediatamente del grande abito angelico, senza passare attraverso le prove cui sono sottoposti i postulanti. La condotta del giovane divenne ben presto oggetto dell’ammirazione dei suoi fratelli più sperimentati: obbedienza assoluta, accettazione dei compiti più duri, umiltà, pazienza. Egli praticava con lo stesso zelo tutte le sante virtù, ma eccelleva soprattutto nel digiuno e la preghiera. Mangiava una volta a settimana, dopo essersi comunicato ai Santi Misteri e si accontentava di un pane secco e un po’ d’acqua. Liberato dalla pesantezza del corpo, trascorreva tutte le sue notti in preghiera, con il viso continuamente bagnato di lacrime. Dopo due anni, durante i quali condusse nel monastero cenobitico una vita più ammirabile di quella nel deserto, l’egumeno gli diede la benedizione per ritirarsi solo in una cella e consacrarsi esclusivamente all’opera di Dio. Egli intensificò i suoi combattimenti nel digiuno e la veglia soprattutto nella santa compunzione. Egli versava tante lacrime che il suolo della sua cella era tutto umido e quando gli chiedevano perché piangesse tanto, il santo rispondeva che non poteva trattenere i suoi singhiozzi, constatando che, rivestito di carne mortale e corruttibile, Dio gli aveva accordato in fondo al suo cuore la visione dei beni riservati ai santi nell’eternità. Era la coscienza della sua indegnità e il timore di essere privato della vita eterna, di cui assaporava ogni giorno l’anticipo, che gli facevano versare tali torrenti di lacrime.
Egli restò dodici anni in questa cella e acquistò la benemerita impassibilità e la purezza del cuore. Il suo padre spirituale ricevette allora una nuova rivelazione divina e apprese che Dio chiamava Nikon a uscire dal suo ritiro per consacrarsi al ministero superiore della vita apostolica: superiore, perché proveniente dalla grazia di Dio e non da una impresa umana. Egli chiese al santo di partire per insegnare agli uomini la misericordia di Dio e di predicare dovunque la Provvidenza lo avrebbe condotto il << Pentitevi, poiché il Regno dei Cieli è vicino! >> (Mat. 4,17) a imitazione del Signore e del suo santo Precursore Giovanni Battista. Tutti i fratelli si riunirono e, dopo una preghiera dell’egumeno, presero congedo da Nikon piangendo.
Qualche giorno più tardi, poiché suo padre, accompagnato dai servitori, cercò di riprenderlo per convincerlo a tornare nella sua patria, il santo attraversò miracolosamente un fiume e, dopo essersi prostrato silenziosamente tre volte verso suo padre che era sull’altra sponda lamentandosi, continuò il suo cammino senza girarsi (Lc 9,62). Come san Giovanni Battista predicava il pentimento e la prossima venuta del Cristo, così san Nikon andava a piedi per città e villaggi, vestito con una povera tunica, a piedi nudi, nutrendosi soltanto con qualcosa raccolta e proclamava a tutti il << Pentitevi! >> e il messaggio di salvezza attraverso la conversione del cuore, le lacrime e i lavori della vita angelica. Secondo la raccomandazione del Signore non portava con lui sulla strada né bastone, né bisaccia, né pani, né soldi (Lc 9,3). Egli andava laddove lo conduceva Dio, tra numerose prove da parte dei demoni, ma mantenendo e guardando solo la sua speranza nella vita eterna.
Dopo tre anni di predicazione, si imbarcò per l’isola di Creta che era stata liberata da una lunga e dolorosa occupazione araba da Niceforo Focà. La situazione morale degli abitanti era deplorevole e le virtù cristiane erano derise e ignorate. Forse in compagnia di san Atanasio l’Athonita, amico dell’imperatore (cf. 5 luglio), Nikon predicò là per sette anni il suo messaggio di penitenza e contribuì grandemente al ristabilirsi della vita cristiana. Da Creta andò in Grecia, a Epidauro, Damala, poi per mare ad Atene, dove divenne molto amico degli abitanti. Continuò il suo viaggio missionario verso l’isola Eubea, dove la sua predicazione ebbe un tale successo che andavano ad ascoltarlo giorno e notte. Poiché confermava le sue parole con dei miracoli e delle guarigioni, numerosi erano quelli che si convertivano ad una vita virtuosa e santa.
In seguito da Tebe, andò a piedi a Corinto e predicò imitando il suo illustre modello: l’Apostolo Paolo. Poi, passando per Argo e Nafplion, sparse la buona semenza del Vangelo nel Peloponneso arrivando fino a Sparta. Qui si fermò qualche tempo, poi continuò le sue peregrinazioni. In cammino cadde gravemente malato e dovette dimorare in una grotta, dove ricevette la visita di numerosi fedeli e fece sgorgare per essi una sorgente d’acqua dal potere terapeutico.
Una volta ristabilitosi, gli abitanti di Sparta, vittima di una epidemia assassina, andarono a chiedere il suo soccorso. San Nikon accorse con gioia, li liberà dall’epidemia grazie alla sua preghiera e decise di trascorrere là il resto dei suoi giorni per approfondire la sua opera missionaria. Egli divenne molto caro a tutti gli abitanti della città, che accorrevano in folla da lui per ricevere la guarigione dai loro mali e per ascoltare il suo insegnamento. Con la benedizione del vescovo di Sparta, Teopempto, il santo iniziò la costruzione di una grande chiesa e tutta la popolazione partecipò con zelo ai lavori che egli supervisionava. A più riprese ottenne il soccorso miracoloso di Dio grazie alla sua preghiera: spostò delle rocce, procurò dei materiali mancanti e del nutrimento agli operai; soffrì anche il cattivo trattamento da parte di quest’ultimi che non potevano essere pagati. La chiesa fu rapidamente completata e il santo si installò fino alla fine dei suoi giorni per predicarvi e ricevere numerosi visitatori. Alla fine della sua vita, un piccolo monastero fu aggiunto per accogliere i suoi discepoli. San Nikon trascorse ancora qualche anno tra miracoli e insegnamenti poi, caduto malato, si preparò a lasciare questa vita – egli riunì i suoi discepoli ed i suoi collaboratori, raccontò loro in dettaglio tutta la sua vita, i suoi combattimenti, gli innumerevoli prodigi che la Grazia aveva manifestato in lui, e indirizzò loro con calore il suo ultimo insegnamento, ricordando quanto sia urgente pentirsi e ritornare verso Dio immediatamente, poiché dopo la morte non è più possibile il pentimento. Egli li consolò della sua prossima partenza parlando loro della resurrezione dai morti e raccomandando di tenere come ben più prezioso la carità verso Dio e verso tutti gli uomini, poiché questa è il legaccio della perfezione (Col. 3,14). << Fuggite l’orgoglio, attaccatevi all’umiltà, non disprezzate i poveri, allontanate da voi ogni male, ogni gelosia e ricordo delle offese, perdonate ai vostri fratelli. Frequentate assiduamente la chiesa, confessate spesso i vostri peccati ai preti e padri spirituali. Se osserverete queste raccomandazioni, io non vi abbandonerò mai >>. Dopo aver affidato tutti i suoi figli spirituali alla protezione di Dio, elevò un’ultima volta le sue mani al cielo e rimise la sua anima al Padre celeste.
Immediatamente venerato come santo dagli abitanti di Sparta, san Nikon è considerato il protettore della città e le sue reliquie vi sono ancora venerate con fede.
*Metanoite: << pentitevi >> (Mat. 3,2). Il santo ha avuto questo soprannome perché la ripeteva senza sosta nelle sue predicazioni. Si può definire: il predicatore del pentimento.
- Memoria del Santo neo-martire Giorgio di Chios
traduzione a cura del Protopresbitero Benedetto Colucci
Giorgio nacque nell’isola di Chio da genitori cristiani e, sin da piccolo, fu apprendista di un abile falegname. Un giorno, si trovavano nell’isola di Psara impegnati nella costruzione di alcuni iconostasi; Giorgio insieme con altri ragazzi fuggì di nascosto dalla falegnameria e furono sorpresi a rubare meloni. Condotto davanti al giudice turco per paura della punizione accettò di diventare musulmano con il nome di Ahmed. Quando ebbe dieci anni, ritornò nuovamente a Chio piangendo e lamentando la sua apostasia. Suo padre, quindi, per nasconderlo dai Turchi lo affidò alle cure di un buon cristiano di nome Kydonias. Più tardi fu adottato da un’anziana donna che lo confermò nella Fede. All’età di ventidue anni, si fidanzò con una ragazza della città ma, poco tempo dopo, avendo litigato con il fratello della ragazza fu denunciato da quest’ultimo alle autorità turche come apostata dell’Islam. Giorgio fu imprigionato e torturato, ma le sofferenze insieme all’incontro con un altro confessore della Fede servirono solamente a rafforzarlo nell’amore di Cristo e condurlo alla scelta di donare la sua vita per Lui. Nella notte del 24 novembre 1897, egli si comunicò ai Santi Misteri e iniziò a prepararsi tranquillamente alla morte. Il giorno seguente le autorità decisero la sua esecuzione; i sacerdoti della città radunarono tutti i fedeli per una notte di veglia per chiedere a Dio di dare coraggio e perseveranza al nuovo Martire nell’ora della sua prova. Alle prime luci dell’alba mentre i canti e gli inni risuonavano nella chiesa, Giorgio, ripetendo continuamente il nome di Gesù e della Sua Santissima Madre, fu condotto al luogo dell’esecuzione, dove fu prima fucilato e poi decapitato. Così, la sua anima partì per unirsi al coro dei Santi Martiri.
Per le sue preghiere,Signore Gesù Cristo Dio nostro, abbi misericordia di noi e salvaci. Amin.
- Memoria di Sant’Alipio, lo Stilita
Alipio lo stilita (Adrianopoli, 515 – Adrianopoli, 614) è stato un monaco e Diacono. Nel 571 si rinchiuse in una cella ove visse fino al 573; dal 574 al 640 condusse invece vita da stilita. Il suo ascetismo estremo radunò attorno alla colonna un gran numero di discepoli e quindi Alipio poté così fondare due monasteri, uno maschile e uno femminile. Viene raccontato che Alipio rimase in piedi sulla colonna per 53 anni, poi, colpito da paralisi alle gambe, restò per altri 14 anni disteso su un fianco, finché morì a 99 anni, verso il 614, durante il regno di Eraclio I (610-641), imperatore di Bisanzio.