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Sinassario | 26 gennaio 2024

Gen 25, 2024 | Sinassario

  • Memoria dei Santi Clemente e Germano «τῶν ἐν τῇ μονῇ τοῦ Σαγματᾶ ἀσκησαμένων» “che fecero ascesi nel Monastero di Sagmatà”

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

San Clemente nacque nel 11° secolo ad Atene da genitori ricchi.
In giovane età lasciò la sua famiglia e Atene e si recò al Monastero degli Incorporei o “del Consigliere”, come era conosciuto, famoso per la virtù e la santità dell’anziano Melezio e lì venne da lui tonsurato monaco.
Sotto la guida sapiente di san Melezio, Clemente divenne un grande asceta, operoso nella preghiera e nel digiuno e ottimo recipiente della Grazia di Dio.
Una delle sue abitudini preferite, fu la pratica della preghiera in luoghi al di fuori del monastero degli Incorporei. Tuttavia, in uno di questi, in una sua uscita per la preghiera, un monaco del monastero di nome Giacomo, segretamente seguì il Beato e lo vide mentre pregava, stante in aria all’altezza di un avambraccio, con lo sguardo e le mani sollevate al cielo. Immediatamente sorpreso ed emozionato tornò indietro e narrò il miracolo che aveva visto al resto dei fratelli, che da allora cominciarono ad ammirare e onorare come santo Clemente. Egli però, temendo la passione dell’orgoglio e volendo evitare l’ammirazione e le lodi che gli riservavano i confratelli, chiese la benedizione del Suo anziano di lasciare il monastero “del Consigliere”. Dopo il consenso e la benedizione di San Melezio, Clemente si stabilì in un piccolo cenobio sul Monte Sagmation. Come dimora scelse una piccola ripida grotta nei pressi del monastero, che esiste ancora. Lì praticò la preghiera incessante e lo studio della Bibbia. Il biografo del santo ci dice: ” «Ἔμεινεν ἐν τῷ ὑψηλῷ, ἐν στενοτάτω στύλω, τάς φοράς τῶν ἀνέμων καί καυμάτων καί ὄμβρων γενναίως ὑποφέρων πάση κακουχία καί θλίψη καί στενοχωρία, τῷ Θεῷ προσομιλῶν» (Stette in alto su una angustissima colonna, sopportando fortemente la furia dei venti, del sole e delle piogge) .

La fama e lo stuolo di miracoli che compì San Clemente, arrivarono a Costantinopoli. L’imperatore Alessio Komneno volendo onorare il Monastero di Sagmata e il suo asceta Beato, donò per mezzo di una crisobolla un frammento della Santo e Vivificante Legno (della croce) «ὁπερ ὀρθίως τήν τοῦ λιχανοῦ ἐπιμέτρησιν ἀποτελεῖ, ἐγκαρσίως δέ τήν τοῦ ἀντίχειρος, το πάχος πάλι δακτύλου ἡμίσεως» (“la quale misurando in piedi un dito indice, dona obliquamente lo spessore di mezzo dito”, come recita la crisobolla). Con la stessa crisobolla donò al monastero un grande possedimento terriero “«παρά τήν Οὐγγρίαν λίμνην» “, presso il lago Ungria, l’odierna Skorpioneria.

Pochi anni dopo, il 26 gennaio dell’anno 1111, dopo molti anni di lotta ascetica, la vita terrena di San Clemente si concluse. La sua anima santa lasciò il suo corpo e si incamminò verso il Regno della Gloria. I monaci seppellirono il suo corpo sul bordo della montagna, dove fino ad oggi si trova il suo sepolcro protetto da una cappella di recente costruzione dedicatagli. Il santo cranio di San Clemente fonte di miracoli e di benedizione per i fedeli è custodito nel Monastero.

  • Memoria dei Santi Senofonte, Maria e figli

La storia di questa famiglia di santi, festeggiata al 26 gennaio, inizia a Costantinopoli nel V secolo. Csenofonte e Maria, nonostante la loro richezza e la loro posizione sociale, si distinguevano per la loro semplicità d’animo e la bontà del cuore. Desiderosi di dare ai loro figli Arcadio e Giovanni una più completa formazione, li mandarono a Beirut in Fenicia. La Provvidenza volle che, andata distrutta la nave su cui erano in viaggio, i due fratelli furono miracolosamente salvati dalle onde facendoli giungere a riva in luoghi diversi. Intrapresero dunque la vita monastica ed i genitori, non avendo più notizie, credettero fossero morti. Ormai anziani, Csenofonte e Maria si recarono pellegrini ai luoghi santi di Gerusalemme, ove reincontrarono i loro figli. Grati al Signore per aver riunito la loro famiglia, anch’essi scelsero di passare il resto dei loro giorni nel silenzio e nel digiuno dell’ascesi.

Martirologio Romano: A Gerusalemme, santi Senofonte e Maria e i loro figli Giovanni e Arcadio, che, dopo aver rinunciato alla dignità senatoria e a ingenti beni, si tramanda che con pari ardore d’animo abbiano abbracciato nella Città Santa la vita monastica.

  • Memoria della traslazione delle reliquie di S. Teodoro studita

https://www.johnsanidopoulos.com/2018/01/translation-of-relics-of-saint-theodore.html

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

San Teodoro fu esiliato nell’815 per essersi rifiutato di accettare la rinascita dell’iconoclastia durante il regno dell’imperatore Leone V (813-820). Fu liberato e richiamato a Costantinopoli nell’821 dopo che Michele II (820-829) divenne imperatore, ma non riuscì a raggiungere un accordo con il nuovo sovrano per indire un sinodo contro l’iconoclastia. Sembra che andò di nuovo in esilio, stavolta volontariamente, nell’823, prima al Monastero di San Trifone vicino a Capo Akritas, a sud-est della città, poi a Prinkipo nelle Isole dei Princip,dove morì l’11 novembre 826.

Alla morte di Teofilo (829-842), l’ultimo imperatore iconoclasta, Naukratios, il successore di Teodoro, nel nuovo momento segnato dal Trionfo dell’Ortodossia (843) fu in grado di ritornare al monastero di Stoudios. Poco dopo vennero traslate le reliquie di Teodoro e di suo fratello Giuseppe di Salonicco, da Prinkipo a Stoudios, il 26 gennaio 844, e furono poste nella stessa tomba del loro zio e padre spirituale, san Platone. Tutto ciò fu portato a termine dopo che Naukratios di Stoudios e Athanasios di Sakkoudion ebbero ricevuto il permesso dal Patriarca Ecumenico Metodio e dall’imperatrice Teodora. L’arrivo delle reliquie dei santi a Costantinopoli fu accompagnato dagli applausi gioiosi di una moltitudine di monaci, chierici e laici. Dopo che furono portate a Stoudios, il Patriarca Metodio e ad altri dignitari fecero visita al monastero, e la stessa imperatrice inviò dei doni. Il Patriarca in persona seppellì le reliquie nella tomba. Il corpo di San Teodoro si era conservato integro e incorrotto: la sua pelle non aveva subito alcun cambiamento nei diciotto anni dalla sua morte.

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