- Memoria di Sant’Atanasio il Grande
Vicariato Arcivescovile della Campania
Nei cinquant’anni dopo il Primo Concilio Ecumenico tenuto a Nicea nel 325, se c’era un uomo che gli Ariani temevano e odiavano di più perché capace di smascherare l’errore della loro dottrina, e di rincuorare le forze assediate degli Ortodossi, questi era Sant’Atanasio il Grande. Questa lampada splendente dell’Ortodossia, che il potere imperiale e le trame degli eretici non furono in grado di spegnere, quando splendeva sul moggio, né di scovare, nel tempo in cui fu tenuto nascosto dalla gente comune e dai monaci di Egitto, era nato ad Alessandria intorno al 296. Ricevette un’eccellente educazione nella lettere greche, soprattutto riguardante le Sacre Scritture, di cui nei suoi scritti dimostra una conoscenza fuori del comune. Perfino da giovane mostrò una notevole profondità di pensiero teologico; a soli vent’anni scrisse il suo trattato Sull’incarnazione. Sant’Alessandro, Arcivescovo di Alessandria, lo crebbe nella pietà, lo ordinò diacono e, per discutere la posizione di Ario per la sua dottrina blasfema contro la Divinità del Figlio di Dio, portò con sé Atanasio al Primo Concilio di Nicea, nel 325. Sant’Atanasio avrebbe trascorso il resto della sua vita faticando in difesa di questo santo Concilio. Nel 326, prima della sua morte, Alessandro nominò Atanasio suo successore.
Nel 325 Ario era stato condannato dal Concilio di Nicea, tuttavia, a causa della sua ipocrita confessione di fede ortodossa, San Costantino il Grande fu convinto dai suoi seguaci che questi dovesse essere ricevuto di nuovo nella comunione della Chiesa. Ma Atanasio, conoscendo bene la mente perversa di Ario, e la malattia dell’eresia sempre in agguato nel suo cuore, rifiutò la comunione con lui. I suoi seguaci allora cominciarono a fabbricare false accuse contro Atanasio. Alla fine, San Costantino, tratto in inganno dalle gravi accuse rivolte al Santo per la sua condotta, lo esiliò nella Gallia Belgica, a Treviri, nel 336.
Quando I tre figli di Costantino gli succedettero, nel 337, egli poté tornare in trionfo ad Alessandria. Ma i suoi nemici trovarono un nuovo alleato in Costanzo II, imperatore dei territori orientali dell’impero: Sant’Atanasio fu di nuovo esiliato, questa volta a Roma. Ma Costante, fratello di Costanzo, riuscì ad imporsi sul fratello per accettare la reintegrazione di Atanasio nelle sue funzioni. Per dieci anni Sant’Atanasio rafforzò l’Ortodossia per tutto l’Egitto, visitando l’intero paese ed incoraggiando sacerdoti, monaci e laici: tutti lo amavano come un padre. Ma dopo la morte di Costante, nel 350, Costanzo divenne l’unico imperatore, e Atansio si trovò di nuovo in pericolo. La sera dell’8 febbraio 356, il generale Siriano con cinquecento soldati circondò la Chiesa in cui Sant’Atanasio stava officiando, e irruppe nell’edificio sfondando la porta di ingresso. I sacerdoti implorarono Atanasio di fuggire, ma quel buon pastore comandò che prima tutto il popolo si mettesse in salvo, e quando si fu assicurato che nessuno correva pericolo, anch’egli, protetto dalla grazia divina, passò tra i soldati e si dileguò nel deserto, dove per sei anni riuscì ad eludere I soldati e le spie inviate contro di lui.
Quando Giuliano l’Apostata successe a Costanzo, nel 361, Atanasio poté di nuovo tornare, ma solo per pochi mesi. Atanasio aveva convertito molti pagani, e così i sacerdoti degli idoli scrissero a Giuliano che se Atanasio fosse rimasto in Egitto, i culti pagani sarebbero scomparsi. L’imperatore pagano, allora, ordinò non l’esilio di Atanasio, ma la sua morte. Atanasio si trovava in navigazione sul Nilo. Saputo che i suoi inseguitori lo stavano raggiungendo, fece invertire la rotta ai suoi uomini: quando la sua imbarcazione incontrò quella delle guardie, queste chiesero loro se avessero visto il gerarca. ‘Non è lontano’, rispose loro. Ritornato per poco tempo ad Alessandria, riparò di nuovo nella Tebaide, fino alla morte di Giuliano nel 363. Sant’Atanasio fu poi esiliato per la quinta ed ultima volta da Valente, ma stavolta solo per quarto mesi, perché l’imperatore, temendo una rivolta degli Egiziani in favore del loro amato Arcivescovo, revocò il suo editto nel febbraio del 366
Atanasio il Grande passò i restanti sette anni della sua vita in pace. Dei suoi cinquantasette anni da patriarca, ne passò circa diciassette in esilio. Brillando dall’altezza del suo trono come una luminosa stella del mattino, e illuminando l’Ortodossia con lo splendore delle sue parole ancora per un altro po’ di tempo, questo sofferente campione della fede arrivò al termine della sua vita e, nel 373, trovò finalmente il riposo dalle sue lunghe prove, ma non prima che un altro luminare della verità, Basilio il Grande, fosse sorto in Oriente, divenuto Vescovo di Cesarea nel 370. Oltre a tutte le altre imprese, Sant’Atanasio scrisse la vita di Sant’Antonio il Grande, presso il quale aveva trascorso un periodo nella sua giovinezza. Ordinò San Frumenzio vescovo di Etiopia, e nella sua enciclica pasquale del 367 stabilì i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento accettati dalla Chiesa come canonici. Egli per primo enumerò i 27 scritti del NT come i soli canonici; ammise l’uso nella catechesi anche di Didachè e Erma, ma non li inserì nel canone.
San Gregorio il Teologo, nella sua orazione Su Atanasio il Grande, lo descrive come “…Angelico nell’aspetto, ma ancora più angelico nella mente; … come un padre, tenero nel rimprovero; come un sovrano, dignitoso nella lode… Ogni cosa era armoniosa…la sua vita, il suo insegnamento, le sue lotte, i pericoli che corse, il suo ritorno, la sua condotta dopo il ritorno. Trattò con tale mitezza e gentilezza coloro che lo avevano diffamato che quegli stessi, se si può dire così, non trovarono la sua reintegrazione sgradevole”.