Il 18 di questo mese memoria del nostro beato padre Agapito, vescovo di Sinadon, confessore e taumaturgo.
Colui che tu ami e senza dubbi seguivi, t’invita alle amabili dimore, o Agapito.
Il beato Agapito nacque in una famiglia di pii Cristiani della Cappadocia al tempo degli imperatori Diocleziano e Massimiano (fine III secolo). Fin dalla giovinezza desiderò la vita monastica, così fu tonsurato. Nel monastero visse una vita di preghiera, digiuno e servizio per tutti I fratelli. Il Signore lo trovò degno di un carisma taumaturgico. In seguito, sotto l’imperatore Licinio, fu costretto, per la sua prestanza fisica, ad arruolarsi contro la sua volontà. Durante il servizio, gli capitò di assistere ai tormenti inflitti ai martiri Vittore, Doroteo, Teodulo e Agrippa, e decise di partecipare lui stesso alla testimonianza della fede unendosi a loro: ma mentre quelli ricevettero il martirio di spada, Agapito, per economia divina, venne solo ferito da una lancia, affinché conducesse molti alla salvezza. Dopo la morte di Licinio, l’imperatore Costantino il grande venne a conoscenza del carisma delle guarigioni del beato Agapito: allora gli inviò un suo servo malato, che venne infatti guarito. L’imperatore voleva ricompensare Agapito, che chiese solo di terminare il servizio militare e ritornare in monastero. Il permesso gli fu accordato. Poco dopo, il Vescovo di Sinaon in Bitinia lo ordinò sacerdote. Alla morte di questi, fu all’unanimità scelto dal clero e dai fedeli della città come suo successore. Da gerarca, governò il suo gregge con saggezza, guidandolo alle virtù nel recinto della retta fede. Attraverso le sue preghiere numerosi miracoli ebbero luogo. Il santo morì in pace.
- Memoria di San Leone I papa e patriarca di Roma (pontificato 440-461)
Il Concilio di Calcedonia del 451 respingeva l’eresia di Eutiche che negava l’umanità di Cristo e riconosceva in Lui la sola natura divina.
La domanda fondamentale da cui nasceva la riflessione Cristologica era: se Cristo è il Figlio di Dio come si conciliano nella sua persona la natura umana e quella divina?
Il Concilio di Calcedonia sanciva che Cristo è vero Dio e vero Uomo, è Uno in due nature senza confusione, senza separazione, senza mutamento, senza divisione. Le due nature umana e divina vivono nell’unica persona del Cristo. Se cosi non fosse, se Cristo non avesse assunto pienamente la carne umana, non avrebbe potuto nemmeno redimerla.
Cosi scrive Papa Leone in una lettera a Flaviano, vescovo di Costantinopoli su Eutiche:
“Il Figlio di Dio scendendo dalla sede dei cieli senza cessare di essere partecipe della gloria del Padre, fa l’ingresso in questo basso mondo, generato secondo un ordine ed una nascita del tutto nuovi: secondo un ordine nuovo, perché invisibile nella sua natura divina, si fece visibile nella nostra; perché incomprensibile, volle esser compreso; fuori del tempo, cominciò ad esistere nel tempo; Signore di tutte le cose, assunse la natura di servo, nascondendo l’immensità della sua maestà; incapace di soffrire perché Dio, non disdegnò di farsi uomo soggetto alla sofferenza, infine, perché immortale, volle sottoporsi alle leggi della morte”.
Attraverso la sua azione pastorale e predicazione Papa Leone si avvicinò al popolo e ai fedeli, soprattutto conscio del periodo storico in cui viveva, fatto di carestie, ingiustizie e povertà. Fu promotore della liturgia legata alla vita insegnando che e vale ancora per noi, la liturgia cristiana celebra realtà invisibili che sono presenti nella vita di ognuno di noi, e che non sono un ricordo di avvenimenti passati. Il Creatore ha inviato Suo Figlio nel mondo per restituire all’uomo la dignità perduta attraverso la grazia e per distruggere il male.
A proposito dell’Incarnazione di Cristo:
“Dalla madre il Signore ha assunto la natura non la colpa. E nel Signore nostro Gesù Cristo, generato dal seno della Vergine, la nascita ammirabile non rende la natura dissimile dalla nostra. Colui, infatti, che è vero Dio, quegli è anche vero uomo. In questa unione non vi è nulla di incongruente, trovandosi insieme contemporaneamente la bassezza dell’uomo e l’altezza della divinità”.
Come, infatti, Dio non muta per la sua misericordia, cosi l’uomo non viene annullato dalla dignità divina. Ognuna delle due nature, infatti, opera insieme con l’altra ciò che le è proprio: e cioè il Verbo, quello che è del Verbo; la carne, invece, quello che è della carne. L’uno brilla per i suoi miracoli, l’altra sottostà alle ingiurie. E come al Verbo non viene meno l’uguaglianza nella gloria paterna, cosi la carne non abbandona la natura umana.
La stessa e identica persona, infatti, è vero figlio di Dio e vero figlio dell’uomo: Dio, per ciò, che in principio esisteva il Verbo: e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; uomo, per ciò, che: il Verbo si fece carne e stabilì la sua dimora fra noi; Dio, perché tutte le cose sono state fatte per mezzo suo, e senza di lui nulla è stato fatto, uomo, perché nacque da una donna sottoposto alla legge. La nascita della carne manifesta l’umana natura; il parto di una Vergine è segno della divina potenza. L’infanzia del bambino è attestata dall’umile culla; la grandezza dell’Altissimo è proclamata dalle voci degli angeli.”