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Sinassario | 17 dicembre 2023

Dic 16, 2023 | Sinassario

  • Memoria del santo profeta DANIELE e dei tre santi giovani: ANANIA, AZARIA e MISAELE

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

Quando, nel 597 a.C., il re di Babilonia Nabucodonosor si impadronì di Gerusalemme, condusse nel suo lontano regno Gioacchino, re di Giuda, con una parte dei notabili della città e gli oggetti sacri del Tempio di Dio. Daniele, di soli otto anni, fu preso con i suoi tre compagni, tutti di stirpe reale nella scienza dei Caldei, al fine di entrare al servizio del sovrano vennero imposti loro dei nuovi nomi. Daniele fu chiamato Baldassar, Anania Sirac, Misaele Misac e Azaria Abdenego. Vivendo tra i pagani, Daniele mamteneva con rigore tutte le prescrizioni della Legge. Egli rifiutava di gustare alla tavola regale ciò che gli veniva offerto e, fortificato dal digiuno e dalla preghiera, lui e i suoi compagni crescevano più vigorosi degli altri ragazzi di corte, nonostante mangiassero soltanto acqua e legumi. Dio gli diede così saggezza e scienza in tale misura da superare i saggi del reame. Quanto a Daniele, ricevette inoltre in dono di discernere i sogni e le visioni.
Tre anni più tardi, il re Nabucodonosor fece un sogno che turbò fortemente il suo spirito. Poiché i suoi saggi ed i suoi maghi si trovavano incapaci ad interpretarlo, diede ordine di passare tutti a filo di spada, compresi i giovani saggi d’Israele. Ma in risposta all’immediata preghiera dei suoi servitori, Dio rivelò a Daniele il sogno del re e la sua interpretazione. La statua brillante che Nabucodonosor aveva visto alzarsi avanti a lui era una allegoria della fine dei tempi a venire. La sua testa d’oro rappresentava il regno dei Caldei, le mani ed il petto d’argento raffiguravano il regno dei Medi e dei Persiani che dovevano succedergli, il ventre e le cosce di bronzo, il regno Ellenico di Alessandro il Grande, le sue gambe di ferro, l’impero dei Romani. La pietra che egli aveva visto staccarsi dalla montagna senza che nessuno la toccasse e che ridusse in polvere questa statua degli empi pagani, era la figura di Nostro Signore Gesù Cristo, incoronato alla fine dei tempi, per fondare un regno spirituale ed eterno, che niente avrebbe potuto distruggere: la santa Chiesa. Rendendo gloria a Dio per Daniele, il re conferì al giovane un rango elevato: lo fece governatore di tutta Babilonia e superiore a tutti i saggi del regno. Ma Daniele ottenne dal sovrano di vivere a corte e fece assegnare i suoi tre compagni agli affari della provincia di Babilonia. Il suo prestigio crebbe ancora presso il principe e il popolo quando confuse abilmente i due anziani lubrichi che avevano ingiustamente accusato di fornicazione Susanna, poiché aveva rifiutato le loro avances.
Il diciottesimo anno del suo regno, Nabucodonosor fece costruire una statua d’oro a sua immagine e mandò a tutti i satrapi, governatori, consiglieri e magistrati del suo regno l’ordine di adorarla prostrandosi a terra quando avrebbero suonato gli strumenti musicali. Malgrado le minacce del terribile tiranno, i tre giovani non si sottomisero a quest’ordine empio e restavano fedeli all’adorazione del solo e unico vero Dio. Alcuni magistrati caldei, gelosi del loro alto rango,approfittarono dell’occasione per denunciarli a Nabucodonosor. Fremendo di collera a questa notizia, il sovrano fece attizzare la fornace sette volte di più rispetto al solito e ordinò di gettarvi i tre giovani. Parlando a nome di tutto il popolo ebreo, Anania, Azaria e Misaele indirizzarono a Dio una preghiera piena di umiltà, confessando gli sbagli dei loro padri e riconoscendo che Egli era giusto ed equo, che essi soffrissero l’esilio, i cattivi trattamenti del re empio e anche il supplizio del fuoco. Ma, poiché i servitori che si indaffaravano ad attizzare la fornace erano bruciati dal calore insopportabile che ne veniva, un Angelo di Dio scese nella fornace, e scacciò la fiamma al di fuori, riempiendo i santi giovani di una freschezza di brina e di rugiada. Danzando allora di gioia nel fuoco attorno all’Angelo, essi trasformarono la loro supplica in un rendimento di grazie. Dopo aver invocato il nome tre volte santo del Signore, essi invitarono tutti gli ordini della creazione ad unirsi a loro per << cantare ed esaltare il Signore per tutti i secoli >>: gli Angeli, i cieli, gli elementi, le stagioni, la terra, il mare e le montagne, gli animali e i figli degli uomini fino alle anime dei giusti deceduti. E, dopo aver nominato tutte le creature, di nominarono essi stessi, come i più piccoli e i più umili gridando:<< Lodiamo, benediciamo e adoriamo il Signore, cantiamoLo ed esaltiamoLo per tutti i secoli, poiché ci ha liberati dall’Inferno, ci ha salvati dalle mani della morte e ci ha condotti alla fornace di fiamma ardente >> (Dan. 3) [2]. Essi non dimenticarono niente di ciò che è creato e riunirono tutte le cose nella loro danza attorno al verbo di Dio, misteriosamente figurato sotto forma umana dall’Angelo disceso nel fuoco per salvarli. Nabucodonosor stesso lo vie sporgendosi e lo riconobbe, prefigurando così la conversione dei pagani:<< ecco che vedo, disse, quattro uomini slegati camminare in mezzo al fuoco. Essi non provano alcun dolore e l’aspetto del quarto è simile ad un figlio di Dio ( Dan. 3,25 ). Egli li fece uscire e constatò, con tutti gli uomini di corte, che il fuoco non aveva alcun potere su di loro e ugualmente non aveva lasciato il minimo odore. Il re glorificò allora il Signore, ristabilì i tre giovani alla loro dignità e ordinò di mettere a morte chiunque avrebbe osato blasfemare contro il Dio d’Israele.
Lo stesso anno, Nabucodonosor fece un altro sogno spaventoso che solo Daniele poté interpretare con l’inspirazione del Santo Spirito e che trovò la sua realizzazione solo dodici mesi più tardi. Poiché il sovrano si era riempito d’orgoglio di fronte allo splendore della sua potenza, Dio lo punì subito e lo abbatté, come l’albero che aveva visto in sogno. Egli divenne folle, fu privato della regalità e cacciato dalla compagnia degli uomini, per errare da solo tra le bestie dei campi finché non si fu umiliato ed ebbe confessato il suo sbaglio ed ebbe pregato il Signore. Fu allora ristabilito nella regalità per sette anni. Dopo la morte di Nabucodonosor (561 a.C.) ed i disordini che la seguirono, il regno passò finalmente a Baldazar (548 – 539). Dando un giorno un gran festino, costui fece bere i suoi invitati dai vasi sacri derubati nel tempio di Gerusalemme. Poiché venivano offerte ignobili libagioni ai falsi dei, un dito di mano d’uomo apparve improvvisamente e scrisse sul muro una scritta enigmatica che lasciò il re ed i suoi invitati nel terrore. Daniele fu di uovo il solo a poterla decifrare e rivelare così a Baldazar la fine prossima del suo regno. La stessa notte il re Caldeo fu assassinato, e Dario il Medio prese il potere.
Il prigioniero Daniele, il saggio più illustre di tutti i potenti dei Medi e dei Persiani, fu ristabilito dal nuovo sovrano come capo di tutti i satrapi [3] dell’impero. Ora tanti onori attirarono la gelosia dei potenti che cercarono di trovare contro lui un torto. Conoscendo la sua pietà, convinsero il re ad emettere un editto che vietava di indirizzare una preghiera a chiunque, dio o uomo, se non al re, per un periodo di trenta giorni, sotto pena di morte. Inflessibile al suo amore per Dio e nella sua fedeltà alla Legge, Daniele non cessò per nulla di pregare, rivolgendosi tre volte al giorno verso Gerusalemme, senza tentare di dissimularla. Ammirando molto la sua pietà, Dario, con la morte nel cuore, fu costretto ad applicare i suoi ordini quando gli venne denunciata la disobbedienza del suo ministro e lo fece gettare nella fossa dei leoni. Ma, anche lì, Dio inviò il suo Angelo che arrestò lo slancio delle belve e, quando all’alba, il re angosciato e tormentato dal rimorso, fece sollevare la lastra di pietra che chiudeva la fossa, fu sorpreso nel vedere Daniele seduto tra le bestie feroci che scodinzolavano gioiosamente attorno a lui muovendo la coda e andavano a farsi accarezzare la criniera come se volessero sottomettersi al nuovo Adamo. Dario fece uscire il profeta, lo ristabilì nella sua carica e fece divorare al suo posto dai leoni i suoi calunniatori.
Durante il suo soggiorno a Babilonia, Daniele non temeva di denunciate al re la falsità degli idoli e confondere abilmente l’impostura dei preti di Bel che andavano di notte attraverso un sotterraneo presso la statua per mangiare le offerte che vi erano deposte e far così credere che l’idolo era vivente. Daniele mise a morte anche un dragone, che gli abitanti di Babilonia veneravano come un dio, senza servirsi di alcuna arma per dimostrare quanto fosse ridicolo il culto di un animale senza ragione. Ma i Caldei, pieni di rabbia, pretesero dal re che imprigionasse il suo protetto. Gettato per la seconda volta nella fossa dei leoni, Daniele ne fu preservato e ricevette la visita del profeta Abacuc, trasportato miracolosamente dalla Giudea, in un batter d’occhio da un Angelo, per offrire a Daniele un pasto e manifestargli con chiarezza il favore che Dio aveva verso di lui.
Interprete dei sogni e delle visioni, Daniele ricevette da Dio rivelazioni sui tempi futuri. Il primo anno del regno di Baldazar vide apparire quattro enormi bestie, raffiguranti i grandi quattro regni pagani che avrebbero divorato l’umanità. La prima, simile ad un leone, rappresentava l’impero di Babilonia; la seconda simile ad un orso, l’impero dei Persiani che durò circa 230 anni; dietro veniva un leopardo, simbolo dell’impero greco di Alessandro Magno (336 – 323 a.C.), seguito immediatamente dalla quarta bestia, munita di dieci corna: l’impero romano. Confermato più tardi dall’Apocalisse di san Giovanni, il libro del profeta Daniele predisse che, alla fine dei tempi, quando l’iniquità avrebbe raggiunto il culmine sulla terra, e che, dei dieci regni simbolici nati dall’impero romano (o piuttosto dalla civiltà romana), rivoluzioni, guerre e dissensi avrebbero fatto regnare la confusione sull’umanità, allora si sarebbe alzato l’Anticristo, uomo che raccoglierà in lui tutta la malizia di Satana e che, attraverso le sue parole menzognere ed i suoi falsi prodigi, si farà adorare come Dio. Trasportato in visione in questa epoca terminale, Daniele vide avanzare il Trono di Dio, simile ad una fiamma di fuoco e Dio Padre, sotto l’aspetto dell’ << Anziano dei Giorni >>, tutto rivestito di bianco e risplendente di luce, lì seduto per esaminare il libro della conoscenza di ognuno e passare il mondo in Giudizio. Dopo aver condotto l’ultimo combattimento contro l’Anticristo e averlo precipitato nel fuoco inestinguibile, il Figli dell’uomo, il Signore Gesù Cristo, riceverà potere, gloria e regalità eterna su tutti i popoli, le tribù, le lingue, nei cieli, nella terra e sotto la terra, affinché venga manifestato all’universo intero che Egli è il Signore, il Figlio di Dio, il Primo-nato da Dio prima di tutte le creature, e che Egli ha restaurato la nostra natura umana corrotta, e divenendo il << primo nato tra i morti >> e rivelando nel suo Corpo le primizie della nostra resurrezione e della nostra gloria eterna.
In altre visioni, Dio precisò a Daniele altri dettagli sui tempi futuri: in particolare sul regno tirannico di Antioco Epifanio (175 – 164), lui stesso figura profetica dell’Anticristo che avrebbe fatto cessare il culto ed i sacrifici al Signore e avrebbe portato << l’abominio della desolazione >> nel tempio stesso di Dio. (cf. Dan. 9,27). Istruito dall’Arcangelo Gabriele, Daniele predisse che il popolo avrebbe riguadagnato Gerusalemme dopo sette settimane di anni, cioè dopo 49 anni [4]. Egli annunciò anche che Esdra, Giosuè e Zorababele avrebbero ricondotto il popolo dall’esilio e restaurato il culto di Dio a Gerusalemme (Esdra 3,8), in segno di restaurazione definitiva di tutta l’umanità attraverso l vero Messia, il Cristo, 62 settimane più tardi, ossia 434 anni.
Il terzo anno di Ciro, Daniele, l’<< uomo delle predilezioni divine >> [5] fu giudicato degno della visione del verbo stesso sotto l’apparenza di un uomo << vestito di lino, i fianchi d’oro puro, il suo corpo aveva l’apparenza del topazio, il suo viso l’aspetto di folgore, i suoi occhi come lampi di fuoco, le sue braccia e le sue gambe somigliavano al bronzo lucente, il suono delle sue parole era come il clamore di una moltitudine >> (Dan. 10,6). Preso da stupore, il profeta cadde faccia a terra e avrebbe reso l’animo se l’ << Angelo del Signore [6] non l’avesse confortato e fortificato prima di precisare ciò che sarebbe arrivato nel seguito dei tempi: le guerre tra i successori di Alessandro e la persecuzione di Antioco Epifanio, rappresentazione dell’ultima prova dei giusti scritti nel Libro della vita al momento dell’apparizione dell’Anticristo. Più chiaramente che a tutti gli altri profeti, Dio rivelò a Daniele che in questo ultimo giorno << quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e l’onta eterna >> (Dan. 12,2), e che i giusti brilleranno allora nei loro corpo come il sole appare nella sua gloria. Poiché il profeta voleva apprendere maggiormente la data in cui tutto ciò sarebbe arrivato, il Signore gli rispose:<< Va,Daniele, poiché queste parole sono chiuse e sigillate fino alla fine dei tempi, finché un gran numero siano scelti, banchi e purificati dal fuoco (…) E tu, vi, prendi il tuo riposo e risusciterai per ottener la tua eredità alla fine dei giorni (cf. Dan. 12,9 – 13). Effettivamente il santo profeta morì in pace, all’età di 80 anni, due anni dopo il ritorno del suo popolo nella terra dei Padri (quindi circa verso il 534 – 530). I Tre Giovani si addormentarono anche serenamente e, secondo la tradizione, furono con Daniele nel numero dei Giusti che resuscitarono al momento della crocifissione di Cristo (Mt. 17,52-53).

Note:

1) Commemorati una settimana prima della Natività, il santo profeta Daniele e i suoi compagni sono ugualmente celebrati nell’ufficio della Domenica degli Antenati (11 – 17 dic. )e in quella della Domenica Genealogica ( 17 – 24 dic. ). Uno con le parole e gli altri con la forma hanno profetizzato la venuta di Cristo tra gli uomini e sono spessi messi in rapporto al mistero dell’Incarnazione. 
2) Questi due inni costituiscono la VII e l’VIII ode del Canone Mattutino e occupano una grande parte dell’innografia bizantina.
3) I satrapi erano i governatori delle provincie.
4) Questa visione ebbe luogo nel ventunesimo anno dell’esilio a Babilonia: 21 + 49= 70 anni di deportazione.
5) Il testo greco usa l’espressione << uomo di desiderio >> che ha dato ai Santi Padri l’occasione di fare di Daniele il tipo di uomo preso da amore ardente per Dio, trasformando tutti gli appetiti della sua natura in un unico slancio spirituale.
6) Nel libro di Daniele, l’espressione << Angelo del Signore >> designa la Persona stessa del Verbo, preparante la sua Incarnazione sotto forma ancora parzialmente velata.

  • Memoria di San Dionisio di Zante, arcivescovo di Egina

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

Il santo gerarca, San Dionisio, nato e cresciuto a Zante, era figlio di genitori devoti e ricchi, di nome Mocio e Paolina. In gioventù entrò nell’antico monastero delle isole Strofadi, che si trovano a sud di Zante, e lì indossò l’abito monastico. Successivamente fu nominato arcivescovo di Egina e ne occupò il trono per un tempo considerevole; infine ritornò nella sua terra natale. Un episodio della sua vita rivela in particolare quale virtù avesse conseguito. Un uomo andò da lui disperato, confessando di aver commesso un omicidio e di essere inseguito dalla famiglia dell’ucciso. Chiese a San Dionisio di dargli rifugio. Il Santo acconsentì, dopo aver appreso che era suo fratello che l’uomo aveva ucciso; non disse nulla e nascondendo il suo dolore, gli diede rifugio. Quando i parenti del Santo arrivarono al monastero, disse loro che l’assassino era passato da quelle parti, ma era andato via. Una volta andati via, ammonì l’uomo riguardo alla gravità del suo peccato, lo istruì sul pentimento e lo congedò in pace dopo avergli perdonato l’omicidio di suo fratello. Secondo la tradizione locale, quest’uomo in seguito tornò e divenne monaco in quello stesso monastero. San Dionisio si addormentò in pace nel 1621, lasciando le sue reliquie sacre e incorrotte come un tesoro per i suoi concittadini.i

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