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Sinassario | 10 febbraio 2024

Feb 9, 2024 | Sinassario

  • Memoria di san Caralampo ieromartire, il taumaturgo (II-III sec.)

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

Il santo e glorioso Caralampo visse sotto il regno dell’imperatore Settimio Severo (193-211 dC) e sotto il governo di Luciano, nella città di Magnesia di Meandro, presso Efeso. Aveva 107 anni ed esercitava da moto tempo il ministero di sacerdote dei cristiani della città, insegnando loro con zelo come seguire la via della verità e predicando a tutti la fede in Cristo, senza temere la minaccia dei pagani. Denunciato come agitatore pericoloso e condotto al tribunale di Luciano, rispose alle minacce del governatore dicendo:<< Tu conosci molto male ciò che è per me vantaggioso e salutare. Niente mi è più dolce che le torture per Cristo. Applica dunque liberamente al mio corpo le torture che giudicherai più intollerabili, cosicché potrai apprendere quale sia la potenza invincibile del mio Cristo >>. Il carnefice lo spogliò allora dei suoi abiti sacerdotali, poi gli scorticò la pelle con punte di ferro, senza potergli far scappare un solo grido di dolore. Al contrario egli diceva loro:<< Vi voglio ringraziare, miei fratelli, perché scorticando questo vecchio corpo, voi rinnovate la mia anima e la preparate alla beatitudine eterna! >>.
Vedendo come coraggiosamente questo anziano sopportava la tortura, il governatore Luciano, anziché pentirsi e rendere gloria a Dio, fu preso da furore selvaggio: si precipitò sul santo e iniziò a strappargli la pelle con le proprie mani. Ma, subito, per intervento divino, queste furono tagliate e rimasero attaccate, inerti, al corpo del martire. Preso da pietà ascoltando le grida e le suppliche del tiranno, san Caralampo si mise in preghiera ed ottenne la guarigione. Avanti ad un tale miracolo ed a tanta dimostrazione dell’amore dei cristiani per i loro nemici, i carnefici Porfirio e Batos rinunciarono al culto degli idoli e credettero a Cristo Dio. Tre donne che assistevano si precipitarono a loro volta e, senza paura, proclamarono la loro fede.
Così guarito, il governatore riconoscente fu battezzato dal santo e un gran numero di abitanti della provincia d’Asia furono avvicinati a Cristo. Quando l’imperatore Severo apprese che gli abitanti di Magnesia e della regione abbandonavano gli idoli e ricevevano il santo Battesimo da questo anziano prete che egli aveva condannato a morte, che attraverso la sua preghiera i ciechi riacquistavano la vista ed i paralitici camminavano, fu preso da grande furore ed inviò subito trecento soldati con l’ordine di trafiggere il corpo del santo con chiodi, poi di condurlo così incatenato da Magnesia ad Antiochia di Pisidia, dove egli risiedeva.
Sul cammino, poiché i soldati maltrattavano senza pietà l’anziano, il cavallo su cui lo avevano fatto salire prese improvvisamente una voce umana e condannò l’imperatore come nemico di Dio ed i suoi soldati come servitori del diavolo. Presi da grande terrore, gli uomini dell’armata continuarono la strada senza più far del male al santo.
Quando il venerabile vegliardo si presentò a lui, l’imperatore ordinò di infilare un lungo spillo nel petto e di gettarlo poi in un braciere acceso. Ma Caralampo restò insensibile alla sofferenza ed il fuoco si spense al solo contatto. Sorpreso, il sovrano gli chiese cosa lo rendesse così invulnerabile. Egli rispose: << La potenza di Cristo! >>. Severo volle allora metterlo alla prova e gli presentò un uomo posseduto dal demonio da 35 anni. Con una sola parola il santo cacciò lo spirito impuro e resuscitò dopo un giovane uomo che si preparava ad essere seppellito. Dopo aver indirizzato una fervente preghiera a Dio, san Caralampo lo sollevò dal suo letto di morte tenendogli le mani, come se fosse solo addormentato, tra il grande stupore dell’imperatore.
Il prefetto Crispo gridò allora:<< Metti questo uomo a morte senza più tardare, o Re, poiché è per diavoleria che compire questi prodigi >>. L’imperatore, ritornando al suo odio furioso, ordinò al santo di sacrificare agli idoli e, davanti al suo rifiuto, diede ordine di spezzare la mascella con delle pietre e di bruciargli la barba. Ma, per un nuovo intervento di Dio, la fiamma della torcia ritornò indietro contro i carnefici ed un terremoto agitò il luogo in cui essi si trovavano.
L’imperatore, sollevato dal trono, si trovò sospeso in aria, e fu sbattuto per un lungo istante da degli angeli invisibili. Allorché la figlia di Severo, di nome Galinia, vide ciò che era successo, andò a supplicare il santo in lacrime per liberare suo padre, confessando il Cristo così Tanto Potente. Dopo essere stato liberato da questi tormenti l’imperatore rimase qualche tempo nello stupore della potenza di Dio, ma ritornò subito alla sua follia idolatra e fece applicare delle crudeli torture al santo che teneva prigioniero, nonostante i rimproveri di sua figlia che gli ricordava continuamente la benevolenza di Dio di cui aveva beneficato. La collera del tiranno si ritorse allora contro sua figlia e la minacciò di morte qualora non avesse sacrificato agli idoli. Galinia, fingendo di sottomettersi entro nel tempio, dove gettò le statue e terra e le ridusse in pezzi. Severo fece fondere delle nuove statue, ma sua figlia le ruppe di nuovo, rendendo il sovrano ridicolo avanti al popolo.
Severo tentò allora un’ultima volta di sottomettere il responsabile di una conversione così eclatante, Caralampo. Ma, resistente come il diamante, il santo resisteva a tutte le cattiverie dei carnefici e brillava agli occhi di tutti con la luce radiosa della Grazia. Egli accolse con gioia la sentenza di morte e, una volta raggiunto il luogo dell’esecuzione, alzò gli occhi e le mani verso il cielo, ringraziò Dio di averlo condotto fino alla fine del suo combattimento e Gli chiese per tutti quelli che Lo avrebbero pregato nel suo nome, avrebbero celebrato la sua memoria o avrebbero venerato le sue reliquie, la salvezza dell’anima, la salute del corpo e l’abbondanza di tutti i beni in questa vita e nell’altra. Una voce si fece allora ascoltare dal cielo:<< Vieni, Caralampo, valoroso lottatore, per prendere parte alla gioia e allo splendore dei martiri e dei santi preti! >>. La sua testa cade sotto la scure il 10 febbraio e la pietosa Galinia seppellì il suo prezioso corpo. 
La porzione più grande del cranio di san Caralampo è custodita nel Sacro Monastero di Santo Stefano a Meteora, dono del principe di Valacchia Vladislav nel 1412 – 1413. Altre parti del cranio son custodite nell’omonima chiesa meta di pellegrinaggio nella città Thespi di Beozia; la mascella del Santo è custodita nel Sacro Monastero di Koutloumousiou della Santa Montagna dell’Athos; la mano destra incorrotta è conservata nel Sacro Monastero di Megali Spileo a Kalavryta; un dito e nove frammenti del santo son custoditi nel Sacro Monastero di Pantokrator della Santa Montagna dell’Athos. I frammenti delle sue sante reliquie, sparsi in numerosi luoghi della Grecia,compiono ogni giorno quantità di miracoli ed hanno reso san Caralampo, il più anziano tra tutti i santi martiri, particolarmente caro al popolo greco.

10.02: Memoria di Sant’Eulalio, vescovo di Siracusa         

Il 10 febbraio ricordo di sant’Eulalio, vescovo di Siracusa tra il V e il VI secolo. Partecipò ai sinodi romani del 501 e 503 firmando gli atti dopo Papa san Simmaco e i vescovi di Milano e Ravenna ed  accolse a Siracusa il monaco Fulgenzio di Telepte in Africa, il futuro vescovo di Ruspe

il caro confratello di venerata memoria l’Archimandrita Antonio Scordino nel suo libero  “Ombre della storia” così a pagina 67 e poi 68  presenta il nostro Santo Eulalio

Santo Eulalio,il vescovo di Siracusa,citato nella vita  di
Fulgenzio di Ruspe, pare che al suo tempo sia stato tra i più insigni ed ascoltati pastori perchè agli altri compiti di guida del gregge spirituale univa l’esercizio d’una rigida ascesi: sebbene vescovo della Chiesa più importante di Sicilia e Grande Grecia risiedeva stabilmente come  monaco –nel Monastero di San Focà, presso Priolo di Siracusa

 http://wwwbisanzioit.blogspot.it/2011/08/sfoca-priolo.html

La tradizione ecclesiastica siracusana attribuisce la sua fondazione al vescovo Germano di Siracusa, morto nel 356 che vi avrebbe anche trovato sepoltura. Se la chiesa risale pertanto al IV secolo, la sua dedica a San Foca di Sinope * lascia supporre un’influenza orientale che precede di circa un secolo la riconquista bizantina della Sicilia.

L’edificio (m 18,40 x 5,35) appare diviso in tre navate da due file di quattro pilastri ciascuna che sostengono cinque arcate; finte arcate cieche costituivano pure le nervature dei muri perimetrali esterni; la navata centrale era chiusa da una piccola abside estradossata ancora intatta.

La navata nord appare completamente crollata, mentre la nave centrale e quella sud (trasformata in romitorio in epoca successiva) appaiono intatte e ricoperte da volte a botte.

La voltura a botte, del tutto anomala in un impianto basilicale, può essere spiegata con il riadattamento a edificio di culto di una precedente struttura termale, così come la presenza di arcate aperte sul muro perimetrale della nave meridionale che appaiono essere state ridotte a finestre in un’epoca successiva.

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