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Sinassario | 10 aprile 2024

Apr 9, 2024 | Sinassario

10 aprile- Memoria dei santi martiri Terenzio, Africano, Massimo, Pompeo e di altri trentasei compagni (250); della santa profetessa Oldà (al tempo di re Giosia); dei santi martiri Giacomo il presbitero e Aza il diacono (in Persia, 332); del santo patriarca di Costantinopoli Gregorio V (1821); di san Dima il pescatore (Adrianopoli, 1723); di san Crisanto neomartire (Costantinopoli, 1821); di san Milziade papa di Roma (314)

Sinassario.

Il 10 di questo mese memoria dei santi martiri Terenzio, Africano, Massimo, Pompeo e di altri trentasei compagni, tra i quali il beato Zeno, Alessandro e Teodoro.

Stichi. Qual è la ricompensa di Terenzio per la decapitazione? Ciò che lo sguardo, l’orecchio, il cuore non raggiungono. Vediamo quanti atleti sono decapitati. Quadruplice decina, inoltre molto differenti. Il giorno dieci la gola di Terenzio si addormentò.

Lo stesso giorno memoria della santa profetessa Oldà.

Stichi. La profetessa Oldà piena di divino Spirito congeda lo spirito vedendo il futuro.

Lo stesso giorno memoria dei santi martiri Giacomo il presbitero e Aza il diacono.

Stichi. Scrivo anche Giacomo che è stato decapitato e ha ricevuto corona come ricompensa per la decapitazione. E’ stato decapitato Aza, levita di Cristo, che ha svergognato il Leviatano, nemico di Cristo.

Per le loro sante preghiere, o Dio, abbi pietà di noi. Amìn.

 

 

  • 04: Memoria del nostro venerando padre Andrea il Messinese

Archimandrita Antonio Scordino

Egli fu avvà nella Laura di Raithò, oggi El Tor, e di lui si racconta una storia edificante, che dimostra l’umiltà di Andrea e la stima di cui godeva presso san Simeone lo Stilìta perché sin da ragazzino visse in cima a una colonna. Un giorno un monaco si recò al Monte Mirabile, presso Antiochia, per supplicare san Simeone di essere liberato dal demonio che lo tormentava. Giunto ai piedi dell’alta colonna su cui viveva il santo, questi gli disse: “Mi meraviglio che tu abbia fatto tanta strada per venire a trovare un peccatore come me! Vai a Raithò, e fatti guarire dall’avvà Andrea”. Il poveretto andò a Raithò, e appena l’avvà Andrea lo vide arrivare, gli disse: “Mi meraviglio che tu abbia fatto tanta strada per venire a trovare un peccatore come me! Ti ha già guarito Simeone!”, e quello si trovò subito sanato. Lo stesso Andrea una volta raccontò che, quando era giovane monaco, aveva lasciato Raithò e con il suo padre spirituale si era trasferito presso un ghèron della Palestina. Questo ghèron aveva in tutto una moneta e, avendo dimenticato dove l’aveva riposta, accusava il giovane d’averla rubata. Andrea corse allora a vendere il suo mantello, e portò una moneta al ghèron, dicendo: “Prendi ciò che ti ho rubato”. Ma il ghèron – che intanto aveva ritrovato ciò che aveva perduto, ed era afflitto per l’ingiusta accusa – rispose: “Tieniti tu, invece, la moneta: il ladro sono stato io!”

 

  • 04: Memoria di San Beda il Giovane, di etnia germanica (in altri codici è detto Danese) monaco in Italia nel territorio adriatico (verso l’anno 883)

Martirologio Romano: A Gavello in Veneto, san Beda il Giovane, monaco, che, dopo quarantacinque anni passati al servizio dei re, scelse di servire il Signore in monastero per il resto della sua vita.

Tratto dal quotidiano Avvenire
Da funzionario di corte a monaco e testimone del Vangelo: è questa la parabola entro cui è inscritta la vita di san Beda il Giovane. La sua scarna biografia lascia in eredità un messaggio chiaro e che invita tutti gli uomini a rivolgersi all’unico vero “sovrano”, Dio. La vita di Beda (da non confondersi con il santo omonimo, Beda il Venerabile) iniziò in Germania, in quella che oggi è la regione dello Schleswig. Dopo aver servito per diversi anni alla corte dei Carolingi, a 40 anni si decise per la vita monastica. Andò quindi a vivere nel monastero di Gavello, oggi in provincia di Rovigo. Qui rimase una decina d’anni, dando esempio di rigore nella scelta fatta, di testimonianza di fede e umiltà. Morì nell’883

Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/49170
Nacque nella regione della Germania attualmente denominata Schleswig, nei primi decenni del sec. IX; da prima visse per circa 15 anni alla corte dei Carolingi, dove si distinse non solo per l’esecuzione perfetta dei compiti affidatigli, ma anche per la condotta morigerata e pia. In seguito, considerando che il miglior servizio non è quello reso ai sovrani di questo mondo, bensì a Dio, chiese il permesso di abbandonare la corte e le ricchezze che possedeva per attuare nell’isolamento l’esecuzione perfetta dei consigli evangelici. Fu così che si allontanò dalla sua regione per trasferirsi in Italia, e precisamente a Gavello, località della costa adriatica posta tra Venezia e Ferrara. Qui entrò a far parte della comunità monastica diretta dall’abate Guglielmo. Aveva allora circa quarant’anni; tuttavia si esercitò nell’adempimento della regola e nelle severe pratiche penitenziali come fosse un giovane novizio, suscitando stupore ed ammirazione per le sue elette virtù. Forse per questo si pensò di eleggerlo alla dignità episcopale; ma egli rifiutò sempre con grande umiltà questo onore. Dopo aver trascorso circa un decennio nel monastero di Gavello, la morte lo colse il 10 aprile 883 lasciando in tutti un grande rimpianto. Le sue spoglie rimasero a Gavello per moltissimo tempo. Ma nel sec. XIII un monaco genovese di nome Giovanni, passando per Gavello, pensò di trasportare altrove le reliquie del confessore, adducendo il motivo che non ricevevano sufficiente venerazione per la decadenza del monastero. Nella biografia del sec. XIV il trafugamento viene narrato con particolari di sapore romanzesco ed avventuroso. In realtà le ossa furono traslate nella chiesa del monastero di San Benigno di Genova nel 1233, dove attualmente si trovano. Un’urna cineraria del Santo si trova nella cripta della chiesa di S. Scolastica dell’Abazia Benedettina di Subiaco La sua festa è celebrata il 10 aprile.

Tratto da
http://www.treccani.it/enciclopedia/beda-il-giovane-santo_(Dizionario-Biografico)/

Probabilmente sassone di origine, sarebbe stato tra quei “pueri Teutonici” che Carlomagno portò con sé in Francia per farli istruire nelle lettere e nella fede cristiana. Alla corte si sarebbe distinto non solo nello studio delle Scritture, ma anche in quello della astrologia e della medicina, e sarebbe stato ordinato prete, guadagnandosi l’anunirazione universale per la prudenza dei consigli e per la santità, già da allora manifestata con un severo distacco dalle lusinghe mondane accompagnato da pratiche caritatevoli e ascetiche. Dopo quarantacinque anni di soggiorno a corte B., desideroso di fuggire completamente i “coenulenta contagia” del secolo, avrebbe chiesto all’imperatore Carlo licenza di abbandonare il palazzo, per ritirarsi. nel monastero italiano di Gavello, presso Adria, rifiutando l’offerta di un vescovato fatta dall’imperatore per trattenerlo presso di sé. A Gavello sarebbe vissuto almeno sette anni, sotto l’abbaziato di Guglielmo, ritirato in una cella con il compagno Venerio, cui à. avrebbe dettato le proprie opere. Colà avrebbe compiuto mirácolí, alcuni dei quali narrati dalla Vita, e colà sarebbe morto, a più di ottanta anni di età, cinque anni dopo la morte, dell’imperatore Carlo. Composto nella tomba dal fedele Venerio, sarebbe stato presto oggetto di venerazione, confortata da numerosi -miracoli.
Difficile assegnare una data ai vari eventi. Basandosi sul fatto che deportazioni di Sassoni in Francia furono compiute, da Carlomagno nell’804, i Bollandisti pensarono che in quell’anno B. giungesse alla corte franca; negarono quindi che sopravvivesse di soli cinque anni a Carlomagno, in considerazione dei quarantacinque anni di permanenza a corte testimoniati dalla Vita, ed affermarono che l’imperatore, dalla morte del quale sarebbe databile la morte di B., sarebbe Carlo il Calvo (m. 877), confuso dal tardo agiografo con il più famoso omonimo. Il santo sarebbe dunque morto nell’883, il 10 aprile, giorno in cui si celebrava la sua festività. Ma la ricostruzione non è esente da dubbi. A prescindere dal fatto che le fonti del sec. IX, pur ricche di notizie sui circoli aulici dell’epoca di Carlomagno, ignorano completamente l’esistenza di un personaggio identificabile con B., i quarantacinque anni di permanenza a corte, più i sette di vita monastica, se contati dall’883, riportano all’830 circa, non all’805. Anche la scelta di un monastero romagnolo da parte di un ecclesiastico franco, è assai problematica, quando si pensi che la Romagna non faceva parte del regno carolingio d’Italia. Si potrebbe perciò ritenere come data di morte l’819, cioè cinque anni dopo la morte dj Carlomagno, portando al 774, quando le guerre contro i Sassoni erano agli inizi, la data di arrivo di B. alla corte. Restà però inspiegabile il silenzio assoluto su di lui di tutte le fonti dell’epoca. Le difficoltà derivano dal fatto che la vita anonima è fonte assai poco attendibile, tanto che, tra l’altro, confonde il B. del sec. IX coi più antico e illustre santo anglosassorie omonimo, attribuendo al primo lanazione, il titolo di venerabile e perfino le opere di erudizione dei secondo. Essa fu infatti composta, probabilmente nella seconda metà del sec. XIV (vi si parla di un altro santo morto nel 1342), da un monaco del monastero di S. Benigno di Capofaro presso, Genova, in conseguenza del culto che a Genova si cominciò a tributare, dalla metà del sec. XIII, al santo, confuso anche nella liturgia con Beda il Venerabile. Verso il 1230, infatti, Giovanni Beacqua, monaco di S. Benigno, transitando per Gavello, ove il monastero era caduto in abbandono per l’avanzare delle paludi, ebbe notizia del santo, di cui restava in evidenza il tumulo, e concepì il progetto di trafugare le ossa e portarle a Genova, precedendo nell’impresa altri monaci; né l’ostilità tra Genova e Venezia dové essere estranea al furto delle reliquie. Portate a Genova, le ossa di s. Beda furono collocate nel monastero di S. Benigno, ove si verificarono i miracoli narrati dalla Vita. Nel 1249 Innocenzo IV concesse un’indulgenza di 40 giorni per i visitatori della chiesa nella solennità del santo (10 aprile) e nell’ottava. Altra indulgenza fu concessa nel 1583 da Gregorio XIII. Nel 1586 Sisto V permise che le ossa del santo venissero trasportate sotto l’altare maggiore della chiesa, di S. Benigno.
Fonti e Bibl.: Acta Sanctorum, aprile 10, pp. 866-873; F. Ferrari, Catalogus Sanctorum Italiae in menses XII distributos, Mediolani 1613, p. 186; F. A. Bocchi, Della sede episc. di Adria Veneta, Adria 1859, p. 189; P. F. Kehr, Italia Pontificia, V, Aemilia, Berolini 1911, p. 197; D. G. Salvi O. S. B., La, Badia di S. Benigno di Capofaro a Genova nel Trecento, in Riv. stor., benedettina, IX (1914), pp. 225-247. 257 s.

 

  • 04: Memoria di san Gregorio V martire, Patriarca Ecumenico

Gregorio V di Costantinopoli (Dimitsana, 1746 – Costantinopoli, 22 aprile 1821) è stato un Patriarca ecumenico di Costantinopoli per tre volte (dal 1797 al 1798; dal 1806 al 1808 e dal 1818 al 10 aprile 1821).

Venne assassinato dagli ottomani durante i torbidi del Massacro di Costantinopoli il giorno della domenica delle palme (10 aprile) 1821, impiccato alla porta centrale del Patriarcato al Fanar; da allora – in memoria di Gregorio V – la porta centrale è chiusa a chiave e bloccata da una inferriata.

Le reliquie di san Gregorio V si trovano nella cattedrale di Atene.

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