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L’intervento del nostro Metropolita S.E.R. Policarpo

Nov 29, 2023 | dall'Arcidiocesi, Scritti dal Metropolita

L’intervento del nostro Metropolita S.E.R. Policarpo…
SINODALITÁ E DIVINA LITURGIA
NELL’ ORDINAMENTO (ΠΟΛΙΤΕΥΜΑ) DELLA CHIESA ORTODOSSA
(Napoli, Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, 24 novembre 2023)
Παναγιώτατε καί Θειότατε Πάτερ καί Δέσποτα,
(Santissimo e Beatissimo Padre e Signore),
Eminentissimi ed Eccellentissimi Fratelli nell’Episcopato,
Reverendissimi Padri e Madri,
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
Argomento di questa mia conferenza nell’ambito dei lavori del Convegno Internazionale: “La Liturgia segno del cammino di unità nella Chiesa sinodale”, promosso dalla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (Napoli), è presentare il collegamento tra Sinodalità e Divina Liturgia che esiste nell’ ordinamento (πολίτευμα) della Chiesa Ortodossa. Certamente, deve chiarire sin dall’inizio che nella Chiesa Ortodossa esiste un πρωτεῖον/primato, che, purtroppo, alcuni fanno il grande errore ecclesiologico di negarlo per i propri fini, mentre altri lo interpretano male. Non esiste dubbio che l’ordinamento (πολίτευμα) della Chiesa Ortodossa è sinodale e gerarchico parallelamente.
A. Sinodalità e Gerarchia
L’ ordinamento sinodale della Chiesa si collega con quello gerarchico. In realtà la sinodalità viene coordinata gerarchicamente. La parola greca “σύνοδος» (sinodo) si compone da due parole: la parola “σύν», cioè insieme e la parola “ὁδός”, cioè via e significa “camminare insieme”. Dentro questa prospettiva deve vedere la frase del Crisostomo che la Divina Liturgia è “sinodo del cielo e della terra”, cioè assemblea e cammino comune celeste e terreste.
D’altronde, la parola greca “ἱεραρχία” (gerarchia) indica il primo delle celebrazioni, il Prevosto, il Presule, il Vescovo, come anche la priorità dei carismi e delle diaconie. Così, il Sinodo non esclude la Gerarchia e la Gerarchia il Sinodo. Questo termine “Ἱεραρχία” (Gerarchia) lo incontriamo nell’ opera di San Dionisio l’Areopagita sotto il titolo: “Οὐράνια καί ἐκκλησιαστική Ἱεραρχία” (Gerarchia celestiale ed ecclesiastica), nella quale si distinguano i novi cori degli Angeli, che si dividono in tre triadi, in collegamento con la terreste Gerarchia ecclesiastica, per lo che riguarda la celebrazione dei Santi Misteri (Battesimo, Cresima, Eucaristia); per lo che riguarda le tre fasi di ascesa verso Dio (Purificazione, Illuminazione, Perfezione); per lo che riguarda i tre gradi del Sacerdozio (Episcopato, Presbiterato, Diaconato), e per lo che riguarda le tre classi dei laici (Catecumeni, che sono privi della comunione, Fedeli e Terapeuti).
Il teologo ortodosso Padre Alexander Schmemann osserva che l’ordinamento della Chiesa viene considerato come “gerarchicamente sinodale” o “sinodalmente gerarchico”. Il principio gerarchico non è contrario a quello sinodale, visto che il secondo si basa sul primo. Quando manca l’uno, non può esistere anche l’altro, e di conseguenza in questo caso non esiste l’espressione reale della Chiesa.
B. La Divina Liturgia modello della sinodalità gerarchica della Chiesa
Come è noto, la Chiesa è il Corpo mistico divino-umano di Cristo e comunione di divinizzazione. Ciò significa che quanti sono membri della Chiesa, sono anche membri del corpo fisico di Cristo e camminano verso la “θέωσις”, la divinizzazione. Non si tratta di una situazione statica/ferma, ma di un movimento continuo, un cammino continuo, che San Massimo il Confessore lo chiamerà “στάσιν ἀεικίνητον” (posizione sempre in movimento) e “κίνησιν στάσιμον” (movimento statico/fermo). La Chiesa non è un regime istituzionalizzato, ma un reclutamento/una leva in Cristo, un cammino verso la partecipazione al Regno di Dio che viene vissuto già dal presente e verrà nel futuro nella sua completezza.
Centro della vita ecclesiastica è la Divina Eucaristia. Questo è il motivo per cui il modo di celebrazione della Divina Liturgia manifesta/rappresenta che cosa è esattamente la Chiesa e indica anche qual’ è il suo fine ulteriore.
Nell’opera “Μυσταγωγία” (Mistagogia) di San Massimo il Confessore si intravede qual’ è il carattere e lo scopo della Chiesa e della Divina Eucaristia. L’ecclesiologia non viene esaminata indipendentemente dall’Eucaristia.
La Divina Eucaristia è infatti “sinodo del cielo e della terra”. Questo brano di San Giovanni Crisostomo è molto caratteristico: “Oh, dei doni di Cristo! Sopra glorificano gli eserciti degli angeli; sotto in assemblee i cori degli uomini imitano la stessa dossologia di loro. Sopra i Serafini gridano l’inno trisagio; sotto lo stesso invoca la moltitudine degli uomini; si compie una comune festa tra celestiali e terrenali; un ringraziamento, una gioia, un coro allegre. Questo ha composto la condiscendenza ineffabile del Signore, questo ha tessuto lo Spirito Santo, questa armonia dei suoni si è congiunta con la benevolenza del Padre. Sopra esiste l’armonia dei canti, e dalla Triade, come se fosse mossa da un plettro, si sente il canto allegre e beato, il canto angelico, la sinfonia ineffabile. Questo è la conclusione della nostra premura, questo è il frutto della nostra assemblea”. Punto centrale di questo brano di Crisostomo è la frase: “un ringraziamento, una gioia, un coro allegre” comune degli angeli e degli uomini, dei defunti e dei vivi.
La gerarchia, cioè la priorità dei carismi e delle diaconie dei partecipanti alla Divina Liturgia si distingue in molti gradi. Sono i catecumeni, quelli che camminano verso la illuminazione ed i fedeli illuminati. I laici di vari livelli spirituali, cioè i purificati, gli illuminati ed i divinizzati. I chierici di vari gradi, cioè i Vescovi, i Presbiteri e i Diaconi, e quelli che in vari modi servono alla Divina Liturgia, cioè i suddiaconi, i lettori, i cantori e il personale di assistenza (sacrestani e chierichetti). Tutti partecipano al Mistero della Divina Liturgia, ma in modo differente, e di conseguenza esiste una sinodalità e una “ἱεράρχησις”, una priorità gerarchica. I laici partecipano alla Divina Liturgia con la preghiera e la comunione del Corpo e del Sangue di Cristo; i sacri cantori cantano al nome del popolo; i Diaconi indirizzano le suppliche a Dio per il popolo; i Presbiteri offrono la mistagogia incruente, con il permesso dei loro Vescovi, e i Vescovi sono i prevosti dell’Assemblea eucaristica.
Malgrado che i presenti alla Divina Liturgia partecipano del grande Mistero e i chierici circondano l’Altare e pregano, però, solo il Προεστώς, cioè il Primus, il Prevosto, della Divina Eucaristia offre il sacrificio incruente, lui rivolge la preghiera della Santa Anafora, che è la preghiera al Padre di inviare lo Spirito Santo per trasformare il pane e il vino in Corpo e Sangue di Cristo. Così abbiamo un tipo di “concelebrazione”, fra virgolette perché nella Divina Liturgia ortodossa solo uno è il celebrante, nella quale, però, vengono distinguiti le particolari categorie di carismi e di diaconie spirituali. Anche quando concelebrano chierici dello stesso grado, il primo dei celebranti offre il sacrificio incruente e gli altri partecipano al Misterio. La celebrazione del Sacramento della Divina Eucaristia presuppone un Primus, un Prevosto, e in quel modo la sinodalità funziona in collegamento con la gerarchia.
Questa distinzione delle diaconie carismatiche nella Divina Liturgia appare anche nel Libro dell’Apocalisse di San Giovanni Apostolo ed Evangelista, e specialmente lì dove viene presentata la visione della Chiesa celeste e della Divina Liturgia celeste che ha visto l’Evangelista Giovanni, la quale, certamente, si collega con la Divina Liturgia terreste.
In questa visione della Divina Liturgia celeste vediamo il “simile al figlio di uomo …..”, stante tra i sette candelabri (Ap 1,12 e poi); quello che è seduto sul trono e i ventiquattro Presbiteri stando sui loro troni “attorno del trono”; i quattro animali/esseri viventi in mezzo del trono e la adorazione che offrono al seduto sul trono i ventiquattro Presbiteri e gli esseri liturgici (Ap 4,1 e poi); “l’Agnello stante immolato” “in mezzo al trono circondato dai quattro animali/esseri viventi e dai Presbiteri” e la loro adorazione all’Agnello immolato (Ap 5,6 e poi); l’Altare e “sotto l’altare, le anime di quelli che erano stati uccisi per la parola di Dio” (Ap 6,9 e poi); “una moltitudine immensa” “stante davanti al trono e davanti all’Agnello” (Ap 7,9 e poi); l’incensiere e il fummo dell’incenso (Ap 8,3 e poi); il cantico dei redenti (Ap 14, 1 e poi); l’inno alleluia (Ap 19,1 e poi); il “banchetto delle nozze dell’Agnello” (Ap 19,9 e poi); il nuovo cielo e la nuova terra e la città santa della nuova Gerusalemme (Ap 21, 1 e poi).
Tutta questa esperienza rivelativa è una Liturgia celeste, che costituisce un modello della Divina Liturgia terreste, e tra queste due Liturgie esiste una fermentazione spirituale. Tanto le preghiere come anche la disposizione della Divina Liturgia mostrano chiaramente un cammino sinodale e gerarchico e un’ascesa verso l’altitudine del Monte Sinai, del Golgota e del sepolcro nuovo e vuoto della Resurrezione.
La Divina Liturgia non rappresenta solamente, ma esprime anche l’esperienza Taborica e partecipa in essa. Al Monte Tabor, al centro stava Cristo dentro la Luce increata che proveniva da dentro di Lui, visto che anche il Corpo di Cristo è fonte della Luce increata; i Profeti che stavano alla destra e alla sinistra di Cristo conversando con Lui, e i tre Discepoli caduti sulla terra, perché mentre chiedevano la costruzione di tre tende create, una per Cristo, una per Mosè e una per Elia, sono stati trovati loro stessi sotto la tenda increata, la nuvola luminosa, la presenza dello Spirito Santo.
Inoltre, in base alla suddetta esperienza rivelativa dell’Evangelista Giovanni fu creato anche il Tempio terreste e come vediamo anche nel caso di Mosè, in base alla tenda increata e celeste che ha visto sul Monte Sinai, ha costruito la tenda creata del Convegno e più tardi fu costruito il Tempio di Salomone, come anche il Tempio cristiano con la sua divisione in nartece, tempio principale e Sancta Sanctorum, cioè il Sacro Bema.
Di conseguenza, nella Divina Liturgia, nel modo della sua celebrazione e anche nel luogo dove essa viene celebrata vediamo chiaramente la struttura sinodale e gerarchica dell’ordinamento della Chiesa.
C.L’ordinamento (πολίτευμα) sinodale e gerarchico su tutti i livelli della vita ecclesiastica
La Divina Liturgia, sia con il modo con cui viene celebrata, sia anche nel suo proprio “spirito”, ha costituito da sempre il modello del vissuto di tutta la vita ecclesiastica. D’altronde, la Divina Liturgia non è una parte separata della vita ecclesiastica, ma proprio il centro, il nucleo e la base che costituiscono tutta la Chiesa.
È caratteristico che l’iconografo, il pittore sacro, per dipingere l’icona che rappresenta le riunioni dei Concili Ecumenici, usa come modello l’icona della Santa Pentecoste, giorno durante il quale i Discepoli avevano ricevuto lo Spirito Santo. Parallelamente, questo modello costituisce anche il modo con il quale si compie la “concelebrazione” in ogni Liturgia Eucaristica attorno al Sintrono, la Cattedra. Divina Liturgia, Mistero di Pentecoste e Riunioni dei Concili Ecumenici e dei Sinodi locali si collegano tra di loro, naturalmente conservando le proprie analogie.
Sotto questa prospettiva anche tutta la diaconia amministrativa e pastorale della Chiesa deve funzionare avendo come modello la celebrazione della Divina Eucaristia, cioè sinodalmente e gerarchicamente ed essere una sua estensione. Inoltre, non è comprensibile alcuna rottura tra vita sacramentale e vita amministrativa della Chiesa. L’ordinamento sinodale della Chiesa, sia al livello cosiddetto amministrativo che a quello pastorale – conservando naturalmente le proprie analogie – deve funzionare secondo il modo con cui si celebra la Divina Liturgia. La struttura sinodale della Chiesa e la co-amministrazione delle cose ecclesiastiche fanno parte al Mistero della Chiesa e ciò si mostra molto bene anche nei Sacri Canoni.
La composizione della vita spirituale funziona secondo il significato teologico della “συνεργία”/sinergia, cioè dell’azione comune, visto che Dio è quello che attua e l’uomo quello che co-attua. Cristo attua la divinizzazione, mentre l’uomo patì la divinizzazione, cioè partecipa della divinizzazione, cosa che si realizza in vari gradi.
La sinodalità e la gerarchia devono funzionare nelle relazioni tra i Vescovi e nelle riunioni della Gerarchia ecclesiastica, come vissuto ed estensione della Divina Liturgia. Il Sinodo dei Vescovi è una con-celebrazione, una estensione della Divina Liturgia e della orazione. Per questo motivo le riunioni sinodali cominciano con l’invocazione del “Re celeste, Paracleto, Spirito della Verità che è ovunque presente e riempie tutto, il Tesoro dei beni e Datore della vita”, affinché venga e dimora tra i Padri sinodali e li pulisci da ogni macchia, e finiscono con la frase: “Per le preghiere dei nostri Santi Padri, Signore Gesù Cristo, Dio nostro, abbia misericordia di noi e salvaci”.
Durante queste riunioni esiste un Primus, un Prevosto, il quale non soltanto partecipa, osserva lo svolgimento, coordina e presiede ai lavori sinodali, ma la sua venerabile Persona costituisce la propria sacralità di questi lavori, come esattamente avviene anche alla celebrazione della Divina Liturgia. Come esistono i “con-celebranti” nella Liturgia Eucaristica, così esistono anche i co-amministratori nelle cose ecclesiastiche. Ciò ordina il 34° Canone Apostolico, referendosi al funzionamento del sistema Metropolitano, quando dice: “Il primo tra di loro essere il loro capo e niente questi fare senza la sua opinione”. Ma anche il Primo “niente fare senza l’opinione di tutti”. Questo vale per quanto riguarda solo le questioni sinodali e non per quelle delle singole diocesi locali. Con questi presupposti “esiste concordia e viene glorificato Dio, per mezzo del Signore nello Spirito Santo; il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo”.
Questo ordinamento sinodale deve funzionare nell’amministrazione delle Diocesi, nelle relazioni tra i Vescovi, tra Vescovi e Presbiteri e tra chierici in genere e laici. Quest’ ultimi non sono membri “passivi” della Chiesa, ma membri “carismatici” che hanno la possibilità della partecipazione alla Grazia increata di Dio e la benedizione di essere pastorati per la loro salvezza personale.
Il Vescovo è il capo dell’Assemblea eucaristica e anche il capo di tutta la istituzione canonica della Diocesi, visto che l’amministrazione ecclesiastica si compie dentro l’ambito della diaconia pastorale, che è espressione dell’atmosfera eucaristica e parametro della partecipazione di tutti i membri della Chiesa al Mistero della Divina Liturgia. Sotto questo significato si fa riferimento al carattere episcopico-centrico della Chiesa, che però non è indipendente da quello sinodale e gerarchico. È caratteristico il fatto che i Sacri Canoni fanno riferimento al modo con cui partecipiamo alla Divina Liturgia. Inoltre, se uno osserva la disposizione del Sintrono, cioè della Cattedra episcopale dietro l’Altare, i Presbiteri stano più giù circondando il Trono episcopale e si differenziano chiaramente dai laici, appunto perché esiste una “ἱεράρχησις”, una priorità dei carismi.
La struttura sinodale e gerarchica della Chiesa, come estinzione della Divina Liturgia, deve funzionare anche tra Presbiteri e laici nelle parrocchie e tra Abbati e monaci nei Sacri Monasteri. L’ordinamento sinodale e gerarchico riguarda tutti gli aspetti e latti della vita ecclesiastica e non deve funzionale soltanto nei Sinodi dei Vescovi. Non è possibile esistere partiti e para-sinagoghe nella vita ecclesiastica, visto che la Chiesa è un Sinodo continuo, cosa che indica la parola stessa “Ἐκκλησία”/Ecclesia, che significa “Assemblea del popolo”.
Principio basilare della vita ecclesiastica è il fatto che chi conosce effettuare sinodalmente e gerarchicamente come Presbitero nella sua Parrocchia, come Abbate nel suo Monastero e come Vescovo nella sua Diocesi, può effettuare in modo canonico e sinodale anche nelle altre funzioni della vita ecclesiastica e nei Sinodi della Gerarchia della Chiesa. Le infermità ecclesiologiche iniziano dal modo con cui si compone e funziona la Parrocchia, il Monastero e la Diocesi e si manifestano anche ai livelli ecclesiastici più superiori, come sono quelli metropolitano e patriarcale. Succede lo stesso con l’apparizione dell’infermità del cancro, che inizia dalla cellula e si espande su tutto il corpo. Chi non può effettuare sinodalmente nella sua Parrocchia e nella sua Diocesi, non può attuare in modo sinodale ed ecclesiale anche nei Sinodi dei Vescovi, visto che l’ordinamento della Chiesa è sinodale che funziona in modo gerarchico e gerarchico che funziona in modo sinodale. La sinodalità non abolisce la gerarchia e la gerarchia non cessa la sinodalità.
Questo vale anche per quanto riguarda il modo di funzionamento di tutte le Chiese Ortodosse Autocefale e lo svolgimento delle liturgie pan-ortodosse. Esiste chiaramente un Primus che ha come dovere il buon funzionamento e coordinamento del Corpo ecclesiastico. Le autocefalie non sono “αὐτοκεφαλαρχίαι”/auto-cefalarchie. D’altronde, Capo della Chiesa è Cristo ed è errore teologico ed ecclesiale gravissimo comprendere ed interpretare il termine greco “αὐτοκεφαλία”/autocefalia letteralmente e con il suo significato assoluto, perché questo termine piuttosto vuol spiegare e indicare l’auto-governo di alcuni Regioni ecclesiastiche delle quali i confini geografici sono ben determinati e non la loro totale indipendenza. La Chiesa Ortodossa è una ed unica e non una federazione di Chiese locali indipendenti totalmente, come molte volte erroneamente si crede ed alcuni fanno passare.
Nella Chiesa Ortodossa esiste un Primus, che co-esiste con gli altri Primati Ortodossi in modo gerarchico, e questo è il Santissimo Arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma e Patriarca Ecumenico, che abbiamo il grande onore e privilegio di stare questi giorni tra di noi. E se uno esaminerà attentamente e profondamente l’esercizio nel passare dei secoli e fin d’oggi del suo primato, nella sostanza capirà che in realtà non è precisamente un Primus inter pares, ma in qualche modo un Primus sine paribus.
Malgrado che sostanzialmente tutti i Vescovi possiedono lo stesso supremo sacerdozio, che deriva dall’ἀρχιερωσύνη, il supremo sacerdozio di Cristo, però, per lo che riguarda il sistema canonico dell’amministrazione ecclesiastica non sono tutti uguali e ciò viene compresso analogicamente dalla loro posizione governativa ed eucaristico-liturgica dentro la Chiesa in tutti i suoi livelli: locale diocesano, regionale metropolitano, patriarcale e universale.
Vorrei concludere riferendomi alla relazione ed il rapporto che esiste tra sinodalità ed unità dei cristiani, un argomento poco approfondito e che necessita di essere esaminato e studiato più attentamente. Questo aspetto importante per l’odierna vita ecclesiastica cristiana ha cenato Sua Santità il Papa Francesco, nell’ambito dei lavori della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (Roma, 4 – 29 ottobre 2023), che ha visto coinvolgere tutto il Corpo ecclesiastico: vescovi, presbiteri, diaconi, monaci, monache, frati, suore, laici e laiche. Il Papa, nell’Angelus della Domenica 24 settembre c.a., ha sottolineato che “il cammino verso l’unità dei cristiani e il cammino di conversione sinodale della Chiesa sono collegati”.
Grazie per la Vostra attenzione!
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