- Memoria del santo ieromartire PAOLO il CONFESSORE, arcivescovo di Costantinopoli
a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria
San Paolo nacque a Tessalonica all’alba del 4°secolo. Al tempo del primo Concilio di Nicea, egli era ancora adolescente ma poco tempo dopo si unì al clero della Chiesa di Costantinopoli. Egli brillava per la purezza della sua vita, la sua dolcezza ed il suo insegnamento brillante della fede ortodossa. Perciò fu ordinato diacono, poi prete, dal Patriarca d’Alessandria, mentre era ancora giovane. Egli era amato da tutti i fedeli della capitale e fu consacrato arcivescovo nel 340, alla morte di Alessandro che lo aveva designato come suo successore. La sua elezione scatenò la rabbia degli ariani che lo calunniarono presso l’imperatore Costanzo. Costui si trovava allora ad Antiochia e rientrò inferocito nella capitale, quando apprese la consacrazione del giovane ortodosso. Egli riunì un concilio di vescovi ariani, che depose Paolo dalla sua carica e lo rimpiazzò con il vescovo di Nicomedia: Eusebio, uno dei capi dell’eresia. L’arianesimo sembrò allora poter definitivamente trionfare poiché l’imperatore e l’arcivescovo di Costantinopoli ne erano ardenti partigiani. Dalla sua installazione, Eusebio cominciò a perseguitare con accanimento i difensori del Concilio di Nicea ma Dio non abbandonò la Sua Chiesa: Eusebio morì un anno dopo e gli ortodossi richiamarono Paolo che si era rifugiato a Roma presso il papa ortodosso Giulio con san Atanasio d’Alessandria, anch’egli esiliato in nome di Cristo. Ora, al momento di riprendere il suo seggio, il santo confessore si trovò mescolato a numerose turbe popolari poiché gli ariani avevano da parte loro eletto e ordinato un successore di Eusebio: l’eretico Macedonio che aggiungeva blasfemia contro la divinità del Santo Spirito all’errore di Ario riguardo la divinità del Verbo. Apprendendo la notizia di queste manifestazioni, l’imperatore Costanzo diede da Antiochia l’ordine, ad Ermogene, capo militare di Tracia, di entrare con le sue truppe nella capitale e di scacciare Paolo con la forza. Ma il popolo si rivoltò, combattimenti sanguinari ebbero luogo dappertutto nelle strade, facendo numerose vittime ed Ermogene stesso fu vittima della collera del popolo. I rivoltosi lo uccisero, trascinarono il suo corpo nelle strade e bruciarono la sua dimora. Venne dunque rimesso Paolo sul suo seggio, ma per poco tempo, poiché l’imperatore furioso arrivò in forze a Bisanzio, cacciando san Paolo, lo costrinse a trovare rifugio ancora una volta a Roma e dichiarò la sua collera su Macedonio, accusandolo di essere stato responsabile della rivolta. In Occidente Paolo ottenne il sostegno dell’imperatore Costante a Treves e grazie alle lettere di rimprovero del papa indirizzate ai vescovi orientali per il loro atteggiamento verso san Atanasio e lui, poté riguadagnare qualche tempo più tardi, il suo seggio, in mezzo all’allegria popolare. Ma Costanzo, non potendo trovare riposo nella sua lotta contro i cristiani ortodossi, incaricò il prefetto Filippo di scacciare Paolo e di rimpiazzare Macedonio sul suo seggio della regina delle città, senza tuttavia reiterare i disordini che avevano provocato l’intervento di Ermogene. Perciò Filippo usò uno stratagemma per attirare san Paolo verso lo stabilimento dei sogni e con il pretesto di rendergli onore, lo fece prelevare in segreto ed esiliare a Tessalonica da cui il malcapitato vescovo andò di nuovo a Roma.
Nel 347, in occasione del Concilio di Sardica, Atanasio e Paolo poterono riprendere possesso del loro seggio, per circa tre anni la Chiesa di Costantinopoli conobbe allora, attorno al suo pastore, la pace e la sicurezza dell’Ortodossia. Ma ciò fu breve durata poiché, nel 350 il conte Magnenzio si sollevò contro l’imperatore ortodosso d’Occidente, Costanzo, e fu proclamato imperatore dalle sue truppe. Le sue pretese riguardo all’impero universale obbligarono Costanzo ad iniziare una guerra contro di lui e, dopo dure campagne, l’imperatore eretico, si impadronì di Lione e ricostituì a suo profitto l’unità dell’impero. L’equilibrio che fino a quel momento aveva donato la presenza di un imperatore ortodosso in Occidente era ormai rotto e Costanzo poté dichiarare ormai liberamente le sue persecuzioni contro i difensori della divinità del Figlio di Dio. Egli fece arrestare san Paolo e lo fece condurre, legato a pesanti catene, a Singar prima, poi ad Emesa, poi infine a Cucuso nella lontana Armenia. E fu là, un giorno che il santo vescovo celebrava la Divina Liturgia, che gli ariani irruppero nella chiesa e lo strangolarono per mezzo del suo omoforion*.
*Stola che il vescovo porta attorno al collo
- Memoria di San Luca di Taormina
a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria
Il benemerito Luca era originario della città di Taormina in Sicilia. Fin dall’infanzia aveva l’attitudine di frequentare assiduamente la casa di Dio, non solo per ascoltare le parole ispirate ma anche per metterle in applicazione. Arrivato all’età di diciotto anni, i suoi genitori vollero sposarlo ma lui il cui cuore era preso dall’amore per Dio e della verginità, fuggì di notte e si rifugiò in un antro inaccessibile della montagna. Egli visse là, in mezzo a bestie selvagge senza prendere alcun nutrimento, per quaranta giorni poi fu giudicato degno della visione di un angelo di Dio che gli indicò quale doveva essere la sua strada. Egli scese dalle montagne e andò in un monastero dei dintorni, dove ricevette il santo abito angelico. Da allora si dedicò a numerose austerità: per diciotto mesi non mangiò che una volta ogni tre o quattro giorni e prese solo un po’ di pane e acqua, rifiutando ogni altra consolazione al suo corpo mortale. Da questo monastero partì in compagnia di un altro monaco, per le implacabili solitudini dell’Etna e avendo come unico nutrimento solo le erbe che poteva trovare, lassù sulla montagna desolata. Egli accordava solo qualche breve istante al sonno, portava lo stesso abito qualunque fosse il tempo e camminava a piedi nudi. Si era dotato per regola di non uscire dalla sua cella prima di aver finito la recita integrale del salterio. Quando lo aveva completato, leggeva la terza ora, poi si dedicava al suo lavoro manuale fino alla sesta ora ed era solo dopo la sesta ora che si concedeva di prendere il suo magro nutrimento unito alle preghiere appropriate. Poi continuava così il suo programma, santificando il giorno e la notte con la preghiera continua. È per questi combattimenti che fu gratificato da Dio con meravigliosi doni della Grazia. Dio gli aveva dato una tale partecipazione al suo Santo Spirito che egli penetrava i più oscuri passaggi della Sacra Scrittura e poteva spiegarli; tanto che alcuni dicevano di lui con stupore:<< Come conosci le lettere senza aver ricevuto istruzione? >> (In 7,15). Chi, inoltre, avrebbe potuto descrivere la sua umiltà senza fine, il suo amore profondo per tutti gli uomini ed i tesori del suo discernimento?
Dopo una rivelazione, partì per installarsi in un luogo più inaccessibile e prese sotto la sua direzione spirituale dodici discepoli. Per i bisogni della sua comunità fece un viaggio a Bisanzio, nel corso del quale visitò i differenti monasteri della capitale e fece visita ai padri spirituali che vi si trovavano. Al ritorno discese fino a Corinto e si stabilì in un piccolo villaggio dove, sette mesi più tardi, rimise in pace la sua anima a Dio, all’età di quaranta anni. I miracoli abbondarono sui luoghi, immediatamente dopo il riposo del santo ed un liquido profumato (myron) calò dalla sua tomba.
- San Dimitriano vescovo di Kythrea di Cipro
Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli
San Dimitriano non è registrato nei Sinassari, ma è conosciuto nella chiesa di Cipro come il vescovo di Kythrea.
Visse negli anni del re Teofilo l’Iconoclasta (829 – 843) e nacque nel villaggio di Syka a Kythrea da un padre sacerdote. Fu tonsurato monaco e poi ordinato sacerdote dal vescovo Efstathios di Kythrea, al quale succedette sul trono episcopale. Dimitriano partecipò alla cattività del suo gregge da parte degli Egiziani e poi tornò con esso a Cipro, dove morì in vecchiaia.