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Sinassario | 13 dicembre 2024

Dic 12, 2024 | Sinassario

  • LE SACRE SPOGLIE DEI CINQUE MARTIRI DI CAPPADOCIA, EUGENIO, MARDARIO, AUSSENZIO, ORESTE ED EUSTRAZIO

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

I venerandi crani dei Santi Mardario, Aussenzio, ed Eugenio e le porzioni maggiori dei santi cinque martiri sono custoditi nella Sacra Chiesa della Santa Trinità e dei Cinque Martiri presso Polistylos (Kavala).
I Santi Cinque Martiri patirono il martirio nel 296 in Cappadocia sotto il dominio degli imperatori Massimiano e Diocleziano e le sacre reliquie furono portate in Grecia nel 1924, durante la Catastrofe d’Asia Minore, dagli abitanti di Semèndere di Cappadocia, un villaggio situato fra i paesi di Misthì ed Enechìl
Trasportata con cura e devozione l’urna, attraverso varie peripezie, sofferenze e contrasti, fu posta inizialmente in un villaggio montagnoso di Kavala tuttavia duran la Seconda Guerra Mondiale, la permanenza in quel villaggio si dimostrò inadeguata e nel 1944, lasciato il villaggio, fu trasportata nella pianura di Filippi ove raggiunse la sua finale destinazione, Polistylos di Kavala
Secondo un codice custodito nella Biblioteca di Sant Michael dei Padri Bollandisti di Bruxelles, le reliquie erano custodite a Semèndere o Semèndra** ( la turca Ovacik ) di Cappadocia, nella catacomba paleocristiana presso il Monastero di Santa Macrina e Santa Lucia Vergine.
In profondità, sotto la catacomba del monastero, ove si rifugiò santa Macrina per fuggire dalla furia di Galerio, esistono ancora oggigiorno le tre tombe che custodivano i resti dei santi e che ancora oggi emanano un inspiegabile e meraviglioso profumo.
Inizialmente, molto superficialmente furono sepolti nelle catacombe di Santa Macrina, in ordine cronologico, sant’Eugenio insieme a san Mardario in una tomba comune, più sopra il sacerdote Aussenzio nella seconda tomba, mentre i corpi di Oreste ed Eustrazio, dopo aver sopportato numerose prove, furono sepolti presso il monastero come aveva promesso loro san Biagio vescovo di Sebaste, nella terza tomba.
I Cinque Santi sono ovviamente particolarmente amati dagli abitanti. Ogni abitante ha qualche aneddoto da raccontare e tutti rimangono meravigliati dall’irrazionale profumo che proviene dall’urna delle reliquie.
L’attuale urna è moderna e di legno, superiormente vi è una lastra di vetro che permette di vedere i Sacri Crani dei santi Eugenio, Mardario e quello d’Aussenzio che ha di sopra il segno della croce. Il cranio di san Oreste non è giunto fino a noi ma quello di Eustrazio si trova nel Monastero della Grande Lavra dell’Athos

Note:
* Nell’altare maggiore di S. Apollinare sono visibili i loro resti. Le spoglie furono trasportate a Roma, al tempo di Adriano I, da alcuni monaci basiliani che le inumarono nella “Grotta dei martiri” nel sotterraneo della chiesa. Dinanzi all’altare maggiore della primitiva S. Apollinare si apriva un pozzetto, coperto da ferrata, illuminato da una lampada sempre accesa, che permetteva la venerazione dei martiri.

** Secondo altre fonti Araurakas

Fonte: http://greekorthodoxreligioustourism.blogspot.com/2018/08/5.html

  • Memoria dei Ss. Eustrazio, Aussenzio, Eugenio, Mardario e Oreste

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

All’epoca dell’ultima e implacabile persecuzione scatenata dall’imperatore Diocleziano (305), il terrore regnava e il sangue colava a fiotti, fin nelle regioni più estreme dell’impero.Dovunque essi si trovassero e qualunque fosse la loro condizione, i cristiani dovevano scegliere fra l’apostasia e il martirio. Nella città di Satala, in Armenia, viveva allora un brillante aristocratico, Eustrazio, consigliere di rango ducale e capo dei notai imperiali della città, che fino ad allora aveva potuto mantenere segreta la sua appartenenza alla Chiesa. Davanti ai gloriosi combattimenti dei confessore della fede fu preso anch’egli dal desiderio di essere giudicato degno della corona che non appassisce dei martiri, ma temeva ancora la prospettiva dei supplizi: avrebbe mai avuto il coraggio di affrontarli e non indietreggiare? Per sapere se la volontà di Dio fosse quella che si facesse avanti nel combattimento, egli affidò la cintura, segno della sua dignità ad uno dei servitori, raccomandandogli di andare a posarla sull’altare della Chiesa e dirgli se la prima persona che entrava nel santuario per prenderla sarebbe stato il venerabile prete Aussenzio. Poiché così fu, incoraggiato da questo segno e non temendo più coloro che possono uccidere solo il corpo, invitò i suoi amici ed i suoi vicini a venire a condividere la sua gioia in un grande banchetto, nel corso del quale annunciò che avrebbe ricevuto un tesoro inalterabile. L’indomani, mentre il duca Lisia faceva comparire i prigionieri cristiani avanti al suo tribunale, al centro della città, Eustrazio avanzò improvvisamente, dichiarandosi cristiano e chiedendo di essere unito alla loro sorte.
Stupefatto, il magistrato lo fece spogliare dei segni della sua carica e lo fece fustigare nudo, prima di sottoporlo all’interrogatorio. Poi sospeso in aria con delle corde, su un braciere, fu nuovamente colpito selvaggiamente. Restando però fortemente indifferente al dolore come se fosse il corpo di un altro a subire i supplizi, si girò verso Lisia, ringraziandolo di procurargli una così grande gioia e dicendogli:<< Ora io so che sono il Tempio di Dio e che lo Spirito Santo abita in me! >>. E malgrado sale ed aceto sparsi sulle ferite, fu miracolosamente guarito la stessa sera. Davanti alla costanza del martire e all’assistenza che gli veniva accordata dalla Grazia, uno dei suoi concittadini e subordinati, l’ufficiale Eugenio, si lanciò a sua volta verso il giudice e chiese di combattere con Esutrazio e gli altri confessori.
All’alba si fece uscire i prigionieri dalle loro prigioni per condurli a piedi a Nicopoli e, con crudele ironia Lisia tenne ad onorare il rango di Eustrazio, facendogli calzare sandali coperti di grossi chiodi appuntiti. Dopo due giorni di marcia spossante, mentre il corteo passava nella città natale di san Eustrazio, Arauraka, un certo Mardario lo riconobbe e si affacciò alla finestra. Ammirato avanti alla sua rinuncia ad ogni gloria e piacere del mondo e incoraggiato al combattimento dalla sua donna, decise anch’egli di consegnarsi ai soldati e aggiungersi con coraggio ai gloriosi discepoli di Cristo, dopo aver detto addio ai suoi due figli e aver affidato la cura della sua famiglia ad un generoso amico. Il prete Aussenzio comparve per primo avanti a Lisia e dopo una veloce udienza lo si condusse in una foresta profonda e ritirata e gli fu tagliata la testa abbandonando il suo corpo in pasto alle belve selvagge. Ma grazie a Dio, dei pii cristiani andarono un po’ più tardi a prendere i suoi santi resti e scoprirono la testa nascosta in un cespuglio grazie al’aiuto di un corvo.
Dopo Aussenzio, il giudice convocò Mardario ma ad ogni domanda ottenne una laconica risposta:<< Io sono cristiano! >> gli gli fece allora bucare le caviglie e appendere a testa in giù, dando ordina ai suoi ordini di colpirlo fino alla morte con delle verghe di metallo incandescente. Poco prima di rendere l’anima, Mardario pronunciò questa preghiera che la Chiesa Ortodossa ripete quotidianamente:<< Maestro, Dio , Padre Onnipotente, Signore Gesù Cristo, Figlio Unico e Santo Spirito, una sola Divinità, Una sola Potenza, abbi pietà di me peccatore e per i giudizi che tu conosci, salvami, poiché Tu sei benedetto per i secoli dei secoli. Amen [1] >>. 
Condotto a sua volta avanti al tiranno pieno di odio furioso, a causa della sua sicurezza e del suo tono risoluto, Eugenio ebbe la lingua e le mani tagliate, il resto delle membra furono rotte a colpi di bastone rimise la sua anima a Dio tra i tormenti.
Terminate queste esecuzioni, Lisia andò tra le truppe per assistere alle loro esercitazioni. Ma un giovane robusto e di bel portamento, Oreste, che egli aveva notato per la sua prestanza, lasciò vedere, lanciando il giavellotto, la piccola croce in oro che portava al collo. Interrogato dal duca il giovane uomo confessò senza esitare che era anch’egli discepolo di Cristo, fu arrestato sul colpo e inviato con Eustrazio al governatore di Sebaste, Agricolao, poiché Lisia temeva la possibile reazione dei troppo numerosi cristiani di Nicopoli. 
Arrivato a Sebaste dopo cinque giorni di marcia, Eustrazio fu presentato al governatore che desiderava aprire con lui una discussione. Grazie alla sua vasta erudizione, il nobile servitore di Dio non ebbe difficoltà a dimostrargli l’inutilità dei culti pagani e la vanità della filosofia. Poi, con linguaggio conciso e pieno d’autorità, descrisse come Dio si fosse piegato con benevolenza sugli uomini dall’origine dei tempi per colmarli della sua grazia nella Persona di Gesù Cristo. Refrattario a tutti questi argomenti, Agricolao gli ricordò che egli doveva assoluta sottomissione egli ordini dell’imperatore e che, rifiutando di adorare gli dei dello stato, meritava la morte. Però non fece eseguire immediatamente la sentenza di morte ma, per rendergli tutto più penoso, fece condurre Oreste e ordinò di stenderlo su un letto di ferro incandescente. Esitando un attimo avanti all’orrore del supplizio, ma incoraggiato al combattimento da Eustrazio, il giovane uomo si lanciò con foga gridando:<< Signore, rimetto la mia anima tra le Tue mani! >>.di ritorno nella sua prigione per l’ultima notte in questo mondo, Eustrazio ricevette la visita clandestina del vescovo di Sebaste, san Biagio (+ 11 febbraio) che gli promise di eseguire le sue ultime volontà e riunire le reliquie dei cinque compagna a Arauraka. Dopo la notte trascorsa in preghiere e con celesti intrattenimenti, il vescovo celebrò la Santa Liturgia.
Al momento della Comunione, una luce accecante invase la cella e una voce si rivolse a Eustrazio dicendo:<< Tu hai ben combattuto, vieni a ricevere la corona! >>. Prostrato a terra, il santo indirizzò a sua volta a Dio una ardente preghiera per ricevere il coraggio necessario nell’ultima prova [2]. Poi si alzò, marciò risolutamente verso la fornace già crepitante, la benedisse con la mano e vi penetrò, elevando verso il Signore un cantico di azione di Grazia, come i Tre Giovani a Babilonia (Dan. 3).
Per molti secoli, e fino ai giorni nostri, i cinque gloriosi martiri non hanno cessato di compiere miracoli per la consolazione dei cristiani, attraverso le loro reliquie, le loro icone o anche direttamente. Si racconta per esempio, che nell’isola di Chios, durante un riaprissimo inverno, nessun altro tranne un pio prete era potuto andare per la loro festa nella piccola chiesa isolata dedicata i CINQUE MARTIRI. Deciso comunque a celebrare da solo l’officio, questo prete vide comparire bruscamente cinque personaggi in tutto uguali all’icona dei santi. Essi presero posto nel coro e cantarono a voce chiara tutti gli inni della festa. Arrivati al momento della lettura degli Atti del loro martirio, il giovane Oreste mise il libro su un leggio al centro della chiesa e lesse. Ma quando arrivò alla descrizione delle proprie esitazioni avanti alla fornace ardente, modificò leggermente il testo e disse:<< ed egli sorrise >> al posto di <<… ed egli ebbe paura >>. Eustrazio l’interruppe allora con tono severo dicendo:<< Leggi esattamente com’è scritto! >> Rosso di confusione, Oreste riprese e lesse:<< … ed egli ebbe paura >>. Una volta terminata la vigilia, i santi chiusero i libri, spensero le candele e scomparvero misteriosamente come erano arrivati.

Note:

1) Preghiera dell’Officio di mezzanotte, 3a Ora e Grande Canone.
2) Questa preghiera è recitata ogni sabato nella’Officio del Mattutino.

Gran parte delle loro preziose Reliquie si trovano in Grecia presso la chiesa parrocchiale del villaggio Polistilo di Kavala (vicino a Filippi)

  • Memoria del nostro padre tra i santi Nicola il Nuovo taumaturgo

Archimandrita Antonio Scordino

Di lui si sa soltanto che fu vescovo di Sant’Agata (oggi Oppido Mamertina) nell’XI o XII secolo.

“La sede vescovile di Oppido Mamertina è molto antica. Non si conosce la data certa dell’istituzione della diocesi. Il più antico documento che attesta storicamente la sede episcopale è datato 1044. È un atto di donazione di immobili che privati cittadini oppidesi fecero al vescovo, presumibilmente a Nicola, che è il primo vescovo di cui si abbia notizia, menzionato in un diploma del 1053. È quindi agevole desumere che l’elevazione di Oppido a sede vescovile sia avvenuta ancor prima di quell’anno. Lo storico Don Santo Rullo ritiene molto probabile la data 1025 come anno di fondazione della Diocesi di Oppido. Nel 1056 fu conquistata da Ruggero il Normanno“[da https://it.wikipedia.org/wiki/Oppido_Mamertina]

“Un’attenta analisi degli avvenimenti accaduti nel Mezzogiorno, nella prima metà dell’XI secolo, porta diversi studiosi, tra i quali Kehr, Duchense, Holtzmann e Bruck, a ritenere che l’istituzione della diocesi di Oppido coincide con l’epoca della ristrutturazione politico-religiosa compiuta dal catepano Basilio Busiano, nel decennio di suo governo (1018-1028). In particolare nell’anno 1025 si attuò una strategia militare mirante al rafforzamento delle difese della città di Reggio, ed è proprio in questo contesto che Oppido, ricco capoluogo politico-amministrativo della Turma delle Saline, posta sull’altopiano, lungo la Via che dal Tirreno conduceva allo Ionio, dotata di una preminenza militare e di un possente Castello che le conferiva una funzione di avvistamento e di bastione, poteva svolgere un compito di difesa della popolazione e di sbarramento agli assalti ostili provenienti da Nord. L’istituzione in Oppido del vescovado nell’anno 1025 rispondeva pienamente all’esigenza di una garanzia militare ed ecclesiastica.

La diocesi nasce in contesto bizantino come diocesi di rito greco, rito che si mantenne malgrado i tentativi dei Normanni di abrogarlo, e che fu ufficialmente soppresso nel 1482; tuttavia le ultime testimonianze dell’uso del rito bizantino risalgono al 1634. L’uso e lo studio del greco era così diffuso negli ambienti ecclesiastici, che il vescovo Stefano (1294-1301) fu incaricato da Carlo II d’Angiò di tradurre dal greco importanti testi di medicina, mentre il vescovo Girolamo (1449-1472) fu presentato a papa Niccolò V come maestro di greco.” [da https://it.wikipedia.org/wiki/Diocesi_di_Oppido_Mamertina-Palmi]

  • Memoria della santa vergine e martire LUCIA di SIRACUSA

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

Durante la persecuzione di Diocleziano, Lucia, una giovane vergine della città di Siracusa in Sicilia, andò con sua madre che soffriva di un flusso di sangue incurabile, alla tomba di sant’Agata di Catania*. Dopo aver ardentemente pregato la santa per la salute di sua madre, Lucia si addormentò e vide in sogno sant’Agata che le disse:<< Lucia, sorella mia, perché mi chiedi ciò che la tua fede può ottenere da sola? Tua madre è guarita. Tu sarai ben presto la gloria di Siracusa come io sono la gloria di Catania >>.
Di ritorno nella sua patria la ragazza ottenne dalla madre l’autorizzazione di consacrare a Dio la sua verginità e di rinunciare ai suoi progetti di sposarla ad un giovane uomo di alta condizione.
Prendendo la sua parte di eredità, vendette allora i suoi campi e i suoi gioielli per distribuirne il ricavato ai poveri, tra la rabbia del suo pretendente che la denunciò come cristiana a Pascasio, governatore di Siracusa.
In tribunale mostrò un’inflessibile risoluzione, come se avesse ormai fretta di raggiungere il Signore, disse:<< Ecco che non ho più niente da sacrificare, mi offro io stessa come vivente olocausto al Dio Sovrano. E’ grazie a voi che ci coprite d’afflizioni per piacere al principe, che noi guadagniamo la vita eterna >>.
Il governatore crudele diede allora ordine ai suoi uomini di trascinarla in una casa di perdizione per liberarla ad ignobili oltraggi, ma, malgrado tutti i loro sforzi, la ragazza restò più inflessibile della roccia. La si trascinò con delle corde, la si attaccò a più paia di buoi senza poterla trascinare e quando il prefetto esasperato le chiese quale maleficio possedesse, ella rispose:<< Io non utilizzo alcun maleficio, ma è la potenza di Dio che è con me. Fai venire, se vuoi, diecimila dei tuoi uomini, essi non potranno niente contro di me, se Dio non dà il suo consenso >>.
Il fuoco che le era stato acceso attorno non sortì alcun effetto ma finalmente morì con la testa tagliata da un colpo di spada profetizzando col suo ultimo respiro la prossima pace della Chiesa e la fine dei tiranni Massimiano e Diocleziano.

* Martirizzata sotto Decio (250) è commemorata il 5 di febbraio.

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