“Un nuovo comando vi do: Amatevi gli uni gli altri. Come io vi ho amato, così anche voi dovete amarvi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli…” (Gv 13, 34-35).
Eccellenza, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati,
Stimati partecipanti al “Forum globale sui rifugiati”.
come cristiani, amare il nostro prossimo non è una preferenza, una raccomandazione e nemmeno un’opzione, ma è un comando. Facciamo questo umile discorso oggi per richiamare l’attenzione sulla continua e inutile perdita dei nostri fratelli e sorelle, i nostri simili, l’altro, il rifugiato.
Dobbiamo richiamare l’attenzione non sul sintomo, cioè lo spostamento dei popoli, ma sulle cause profonde, che sono molte. La guerra, le malattie, la mancanza di acqua potabile e di cibo, i cambiamenti climatici e le disparità economiche continuano a trasformare nazioni e interi continenti in lande desolate di morte e migrazioni forzate.
Un rifugiato è una persona che è venuta alla nostra porta in cerca di rifugio, ma noi chiediamo: “Perché, fratelli e sorelle, avete lasciato le vostre case? I luoghi in cui siete nati, cresciuti, avete giocato e imparato? Perché vi lasciate alle spalle tutto ciò che avete amato e che vi ha amato per primo?”. E se un rifugiato riesce a fuggire dal suo inferno personale, qual è la nostra risposta? Quali sono le nostre promesse e garanzie?
Sappiamo tutti che, in grande o in piccolo, siamo stati noi a causare queste crisi, a trarne vantaggio a spese di altri che soffrono. Abbiamo visto il riflesso di una società che consuma soltanto e lascia dietro di sé non solo macerie fisiche, ma anche le rovine dell’anima umana. Purtroppo, continuiamo a svilire la vita, ad accecarci di fronte alla verità. Se non cambiamo drasticamente, se non poniamo fine al trasferimento illegale di armi, alla tratta dei popoli, alla promozione della guerra biologica, ai crimini contro l’umanità e a ogni forma di abuso dell’immagine incarnata di Dio, l’essere umano.
Siamo stati a Lesbo nel 2016, insieme ai nostri fratelli Sua Santità Papa Francesco e Sua Beatitudine l’Arcivescovo Hieronymos di Atene, e abbiamo toccato le mani e condiviso un pasto comune con coloro che sono fuggiti dalla guerra e hanno rischiato la vita in mare. Siamo stati ai confini dell’Ucraina e della Polonia, nel 2022, e abbiamo guardato negli occhi coloro che hanno visto la guerra e la distruzione. Abbiamo visto le nostre famiglie e i nostri amici, i nostri compatrioti della nostra isola natale di Imvros, sparsi nel 1964 in tutti gli angoli della terra dopo un trasferimento forzato. Eppure veniamo in questa bella città di Ginevra, circondata dalle sue bianche cime di neve, dalle sue foreste tranquille e dal suo pittoresco lago Léman, che costringe ognuno di noi a riflettere sulla pace che la natura offre. Siamo venuti dal Patriarcato ecumenico, la Chiesa martiriale di Costantinopoli, per fare appello a tutti voi: non lasciate che la voce del nostro fratello rimanga inascoltata, non lasciate che la nostra risposta a Dio di fronte all’ingiustizia sia che non siamo stati “custodi del nostro fratello”.
Pertanto, guardiamo oltre la terminologia, rifugiati-migranti-richiedenti asilo-popolazioni sfollate all’interno del Paese; guardiamo oltre il colore della loro pelle, il credo o la fede a cui aderiscono; e vediamo gli occhi della creazione umana di Dio, trasformando queste crisi in un’opportunità per costruire ponti, per praticare la solidarietà, per cambiare i cuori.
Grazie per la vostra cortese attenzione!
Photo: Peter Williams/WCC