- Memoria del nostro padre Nicola di Casole
Archimandrita Antonio Scordino
Terzo igumeno del Monastero greco di San Nicola di Càsole d’Otranto dal 1152, succeduto a San Vittore, si addormentò in pace nel 1174. Il monastero era stato fondato intorno al 1098 da san Giuseppe con l’aiuto del principe Boemondo di Taranto. A San Nicola è attribuito il Typikon di Càsole, finito alla Biblioteca di Torino [Codice 216]. Con San Vittore il suo corpo fu esposto al culto nel 1198.
- Memoria del nostro santo Padre Damasceno lo Studita
Monaco greco, predicatore popolare (Salonicco primi del sec. 16º – Arta 1577); vescovo di Leta e Rudina (1563-64 circa) e poi metropolita di Naupacto e di Arta.
Scrisse tra le altre un’opera, il Tesoro, suddivisa in 36 sermoni di varia tipologia.
Il Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico ha riconosciuto nel 2013 ufficialmente la santità del Metropolita Damasceno lo Studita.
La sua commemorazione nei Sinassari è fissata al 27 novembre.
- Memoria di san Giacomo il Persiano -l’Interciso- grande martire
“Fatto a pezzi”: significa questo “Interciso”. È la fine che fa il cristiano Giacomo, protagonista di una vicenda religiosa già complicata da ordinare di suo, e resa poi dubbiosa dalle discordanze fra i vari traduttori della sua biografia originale, composta in lingua siriaca e andata poi persa.
Si sa che Giacomo nasce da un’illustre famiglia di cristiani. Diviene funzionario regio al servizio di Yazdegerd I, che regna dal 399 al 420. Vive a corte. E lì, gradualmente la sua fede inizia a indebolirsi, fino al momento dell’abbandono. Quella di Giacomo é una crisi spirituale personale, non deriva da persecuzioni.
La madre e la moglie lo convincono al riavvicinamento alla fede in Cristo, in particolare con la lettura delle Sacre Scritture. Tutto questo avviene mentre termina il regno di Yazdegerd I e incomincia quello di Vahram o Bahram V, che governerà dal 421 al 438.
E Vahram apprezza Giacomo: notando il suo riavvicinamento alla fede, il Re desidera interrogarlo di persona. Ma non riesce a ottenere da lui quello che vuole: la rinuncia alla fede cristiana.
I biografi diranno che agli inviti del Sovrano Giacomo replica citando detti e ammonimenti della Bibbia.
La conseguenza dell’inamovibilità di Giacomo è tragica: condanna a morte.
L’esecuzione avviene tramite amputazioni, via via, di piedi, mani, gambe e braccia: “intercisione”, appunto.
Il re ne ordinò la cremazione e la dispersione delle ceneri, ma la tradizione vuole che il corpo fu sottratto alla cremazione e portato a Gerusalemme. Il capo fu donato alla basilica di San Pietro in Vaticano; il relativo reliquiario venne però fuso nel 1796.