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Sinassario | 8 novembre 2024

Nov 7, 2024 | Sinassario

  • 11: Meditazione sugli angeli

di san Gregorio Magno   da: http://padridellachiesa.blogspot.it

Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa

(Om. 34, 8-9; PL 76, 1250-1251)

 

E’ da sapere che il termine «angelo» denota l’ufficio, non la natura. Infatti quei santi spiriti della patria celeste sono sempre spiriti, ma non si possono chiamare sempre angeli, poiché solo allora sono angeli, quando per mezzo loro viene dato un annunzio. Quelli che recano annunzi ordinari sono detti angeli, quelli invece che annunziano i più grandi eventi son chiamati arcangeli.

Per questo alla Vergine Maria non viene inviato un angelo qualsiasi, ma l’arcangelo Gabriele. Era ben giusto, infatti, che per questa missione fosse inviato un angelo tra i maggiori, per recare il più grande degli annunzi.

A essi vengono attribuiti nomi particolari, perché anche dal modo di chiamarli appaia quale tipo di ministero è loro affidato. Nella santa città del cielo, resa perfetta dalla piena conoscenza che scaturisce dalla visione di Dio onnipotente, gli angeli non hanno nomi particolari, che contraddistinguano le loro persone. Ma quando vengono a noi per qualche missione, prendono anche il nome dall’ufficio che esercitano.

Così Michele significa: Chi è come Dio?, Gabriele: Fortezza di Dio, e Raffaele: Medicina di Dio.

Quando deve compiersi qualcosa che richiede grande coraggio e forza, si dice che è mandato Michele, perché si possa comprendere, dall’azione e dal nome, che nessuno può agire come Dio. L’antico avversario che bramò, nella sua superbia, di essere simile a Dio, dicendo: Salirò in cielo (cfr. Is 14, 13-14), sulle stelle di Dio innalzerò il trono, mi farò uguale all’Altissimo, alla fine del mondo sarà abbandonato a se stesso e condannato all’estremo supplizio. Orbene egli viene presentato in atto di combattere con l’arcangelo Michele, come è detto da Giovanni: «Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago» (Ap 12, 7).

A Maria è mandato Gabriele, che è chiamato Fortezza di Dio; egli veniva ad annunziare colui che si degnò di apparire nell’umiltà per debellare le potenze maligne dell’aria. Doveva dunque essere annunziato da «Fortezza di Dio» colui che veniva quale Signore degli eserciti e forte guerriero.

Raffaele, come abbiamo detto, significa Medicina di Dio. Egli infatti toccò gli occhi di Tobia, quasi in atto di medicarli, e dissipò le tenebre della sua cecità. Fu giusto dunque che venisse chiamato «Medicina di Dio» colui che venne inviato a operare guarigioni.

08.11: Memoria dei Santi Quattro Martiri Coronati a Sirmium nei Balcani al tempo di Diocleziano e le cui reliquie sono venerate a Roma             

  • 11: memoria della veneranda Eufrosina Pazza per Cristo

Archimandrita Antonio Scordino

Nata nel Peloponneso attorno all’854, sin da bambina visse in Calabria; raggiunta la maturità, abbandonò gli abiti femminili e, vestita come un pellegrino, per trenta anni si diede a passare da monastero in monastero. Giunta a Nuova Roma, riprese gli abiti femminili e si rinchiuse nel sotterraneo del Monastero della Fonte d’Acqua Viva. Sopraffatta dalla notorietà (anche l’imperatore Leone il Sapiente andava a trovarla per chiederne i consigli), Eufrosina uscì dallo scantinato dove sino allora era vissuta, e fondò il Monastero della Trinità, presso la porta di Calabro; in seguito si trasferì nel Monastero della Protezione della Tuttasanta, dove si addormentò in pace nel 923.

 

  • 11: Sinassi degli Arcistrateghi della milizia celeste, MICHELE e GABRIELE e delle altre Potenze celesti ed incorporee

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

Dall’eternità Dio è Luce: la sola vera luce eterna, immateriale, infinita ed assolutamente incomprensibile. Egli riposa nel segreto inaccessibile della sua natura unica e fruisce della comunione inesprimibile d’amore delle sue tre Persone: il Padre, il Figlio, il Santo Spirito. Egli è bene e principio di ogni bontà e di ogni amore; è perciò che non si è accontentato della sua propria contemplazione, ma nella sovrabbondanza della sua bontà ha voluto che un altro partecipasse alla Sua luce ed ha tratto il mondo dal non essere all’esistenza.

Prima di creare il mondo visibile, ha portato all’esistenza con il suo Verbo e perfezionato in santità con il suo Santo Spirito la natura angelica, facendo delle Potenze celesti ed incorporee i suoi servitori zelanti e ardenti come un fuoco immateriale. Essi sono luci secondarie, che ricevono dalla Grazia del Santo Spirito le illuminazioni della Luce primaria e senza principio, e la partecipazione della sua immortalità. Fedeli immagini dell’essenza divina, i santi Angeli sono di natura spirituale, depurati dalla lordura del corpo, sempre in movimento, liberi e ragionevoli. Essi vedono Dio nella misura a loro concessa e trovano nella Sua contemplazione il loro nutrimento, la loro stabilità e ragione stessa della loro esistenza. Benché essi siano liberi da tutti gli affetti del corpo, non sono però inaccessibili come Dio, poiché sono stati creati da un cambiamento (il passaggio dal non essere all’essere) così sono difficilmente portati al male, ma non al riparo dai suoi colpi. È perciò che devono fare uso della sovrana libertà che Dio ha loro accordato per perseverare nel bene e progredire nella contemplazione dei misteri divini, sotto pena di essere irrimediabilmente trascinati verso il male e allontanati da Dio, e senza allora poter contare, come l’essere umano, sul pentimento, poiché sono privati del corpo Senza corpo, esse sono però totalmente immateriali: solo il divino è veramente senza materia e incorporale (poiché impassibile aldilà di ogni impulso). Essi sono circoscritti nel tempo e nello spazio. Quando sono in cielo, non sono sulla terra; e inviati da Dio sulla terra, non dimorano più nel cielo. La loro natura sottile li fa sfuggire alla limitazione che sono per noi i muri, le porte e i sigilli e allorché sono inviati da Dio in missione presso gli uomini assumono perciò una forma corporea che ci permette di vederli. Allo stesso modo la loro leggerezza e rapidità di movimento permette di attraversare lo spazio istantaneamente o di indovinare i pensieri degli uomini per cui non crediamo che sono dotati dell’onniscienza divina. Ma, come esseri creati, non sono tuttavia né dotati d’onniscienza né suscettibilità nè di trovarsi in due luoghi simultaneamente.

Essi presiedono ai popoli, alle nazioni, alle Chiese (secondo l’Apocalisse, ogni Chiesa locale possiede un angelo protettore), e assicurando lo svolgimento dei disegni della Provvidenza a nostro riguardo: sia in generale che per ognuno in particolare. Dio ha piazzato invisibilmente vicino a ciascuno un personale Angelo Custode, che vegli costantemente su di noi, senza cessare di essere presso Dio. Egli ci suggerisce il bene attraverso la voce della nostra coscienza, ci aiuta ad evitare gli inganni del diavolo e attizza in noi il fuoco salutare del pentimento allorché noi abbiamo peccato.

Solo il Creatore conosce il genere e i limiti della natura angelica. Essa è una in rapporto a Dio, ma innumerevole in rapporto a noi. << un fiume di fuoco colava avanti a Lui; mille migliaia Lo servivano, e miriadi di miriadi si tenevano avanti a Lui >> dice il profeta Daniele (Dan. 7,10). Noi non li possiamo numerare, è perciò che la santa Tradizione li classifica in nove ordini divisi in tre triadi. La prima disposizione gerarchica è quella che è sempre presso Dio ed è immediatamente unita a lui, avanti alle altre e senza intermediari. Essi sono i Serafini, di cui il nome in ebraico significa << brucianti >>. In effetti i loro movimenti eterni e stabili attorno alle realtà divine gli dona il potere di sollevare i loro subordinati verso Dio animando in essi il calore purificatore e luminoso della virtù. I secondi, di uguale rango ma di funzione distinta, sono i Cherubini, il cui nome evoca la pienezza della loro conoscenza di Dio. Si dice che essi siano coperti di occhi da tutte le parti, in segno della loro attitudine a contemplare la luce divina. I terzi sono i Troni, sui quali Dio trova riposo impassibile. La seconda triade, intermediaria, trasmette con bontà e ordine i decreti della Provvidenza ed eleva gli spiriti di rango inferiore verso l’imitazione di Dio. Essa si compone delle Dominazioni, delle Virtù e delle Potenze. La terza triade completa la gerarchia celeste e si compone di Principati, Arcangeli ed Angeli. È attraverso questi ultimi che Dio ci comunicai decreti della Sua Provvidenza e poiché sono i più vicini a noi, è essi che Egli invia, sotto forma corporea quando vuole.

Nel piano divino, l’uomo, nella persona di Adamo, doveva essere il dodicesimo ordine di questa gerarchia e doveva compiere la perfezione della creazione (Luc. 15,1-10). Poiché egli decadde e si sottomise alla morte, Cristo si precipitò dall’alto dei cieli per tirarlo dall’inferno. Egli attraversò i gradi della gerarchia angelica, prese un corpo e sollevò con la Sua resurrezione la natura umana ben aldilà del rango dove ella si trovava all’origine, facendola assurgere alla destra di Dio, al di sopra dei Cherubini e dei Serafini.

 

Ma prima d’allora, nel momento in cui Dio creò il mondo invisibile, la pienezza innumerevole della gerarchia celeste gioiva della luce di Dio, conducendo una ronda sacra, semplice ed incessante cantando ad una voce forte.<< Santo, Santo, Santo, è il Signore Sabaoth (i.e. <>), il cielo e la terra sono pieni della sua gloria >> (Is. 6,3). Ora, lo spirito celeste che occupava il primo rango, il più vicino a Dio, e che era tutto irradiato dalla Sua luce, Lucifero, prese orgoglio dei privilegi che aveva ricevuto e volle paragonarsi al Più Alto. Egli disse:<< Io salirò nei Cieli, al disopra delle stelle di Dio eleverò il mio trono, salirò sulla sommità delle nubi, e sarò simile al Più Alto >> (Is. 14,14). Egli non era cattivo per natura, ma per orgoglio si rivoltò contro colui che lo aveva creato. Fu lui il primo che rigettò il bene e scelse il male allontanandosi dalla luce per cadere nelle tenebre della privazione di Dio; perciò, appena pronunciate queste parole, cadde dal suo rango elevato e fu precipitato nell’abisso dell’inferno. Poiché egli aveva così lacerato i cieli tirò con violenza nella sua caduta una moltitudine di angeli di tutti gli ordini e si fece loro capo. Il loro numero era tanto grande che, alla vista di questo triste spettacolo, l’Arcangelo Michele, capo delle milizie celesti [1], che per la sua umiltà e per la sua saggia sottomissione al suo Creatore, era fortemente immerso nella luce, si lanciò verso la breccia, riunì gli angeli rimasti fedeli e gridò:<< Stiamo attenti! [2]>> . Vale a dire:<< Poniamo attenzione, siamo vigilanti, noi essere creati che abbiamo il privilegio di tenerci avanti a Dio. Riconosciamo il nostro stato di servitori. Poniamo cura alla conoscenza di noi stessi e vediamo quale è la caduta di coloro che hanno voluto eguagliarsi a Dio! >>. È in memoria di questa Sinassi [3], vale a dire di questa assemblea, di questa riunione, dei cori angelici sotto la direzione del Santo Arcangelo Michele nella vigilanza, la concordia e l’unità, che, di tradizione molto antica, i Padri hanno istituito la festa di oggi. Il gloriosissimo e luminosissimo Principe delle potenze celesti ed incorporee, Michele, apparve spesso nelle Sante Scritture. È lui che Dio inviò presso gli uomini per annunciar loro i decreti della Santa Giustizia. Fu lui che per primo apparve al patriarca Abramo nel deserto, per annunciargli la nascita di Ismaele (Gen. 16). Egli fu inviato da Lot per fuggire da Sodoma, deputata da Dio alla distruzione (Gen.19). quando Dio ordinò ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco, per mettere alla prova la sua obbedienza, fu Michele che intervenne all’ultimo momento per fermarlo (Gen. 22). Egli apparve ancora al patriarca Giacobbe, per liberarlo dalla mano omicida di suo fratello (Gen. 27,41). Fu lui che si tenne avanti al popolo d’Israele quando uscì dall’Egitto e lo condusse sotto forma di una nube di giorno e di una luce di notte (Esodo 13,21). Egli fu inviato anche avanti all’indovino Barlaam, in rotta verso Balaq re di Moab per maledire il popolo d’Israele, e gli sbarrò il passaggio tenendosi avanti al suo mulo, con una spada sguainata in mano (Num. 22,22) quando Giosuè era ai piedi delle mura di Gerico, attendendo un segno di Dio per assediare la città, Michele gli apparve, tenendo ancora in mano una spada e poiché temeva che fosse uno scherzo del Maligno, che sa trasformarsi in Angelo di luce, Giosuè gli chiese:<< Tu sei dei nostri o degli avversari? >>. Michele rispose:<< È come capo delle armate del Signore che io sono venuto >>, e gli ordinò di venerare il luogo che doveva essere santificato dalla sua presenza (Gios. 5,13). Sotto i Giudici egli andò a confortare Gedeonee l’inviò a liberare Israele dall’oppressione dei Madianiti (Giud. 6,11). Quando Davide, contrariamente all’ordine di Dio, ebbe fatto censire il suo popolo, Michele fu inviato da Dio per essere lo strumento della sua collera. Un giorno, egli distrusse più di settantamila uomini ed era pronto a distruggere Gerusalemme, allorché, intenerito dal pentimento di Davide, il Signore lo fermò e gli ordinò di rimettere la sua spada nel fodero (I Re 21). Egli si rivelò più volte al profeta Elia per consolarlo nelle sue tribolazioni ed inviarlo in missione (I Re 19,5; II Re 1,15). Al tempo dell’invasione del re degli Assiri, Sennacherib, Michele abbatté in una notte centosessantamila uomini nel campo degli invasori (II Re 19,35). Fu ancora lui che discese dal cielo e si tenne in mezzo alla fornace ardente, a Babilonia, con i tre giovani cantando con loro le lodi del Signore (Dan. 3,92) e che chiuse le fauci dei leoni nella fossa dove era stato gettato il profeta Daniele (Dan. 6,23).

Gli interventi salvifici del santo Arcangelo sono innumerevoli, tanto sotto l’antica Alleanza che, più ancora dopo la venuta di Cristo. fu lui che liberò gli Apostoli di prigione (Atti 5,19), che fu inviato all’Apostolo Filippo per battezzare l’eunuco delle regina d’Etiopia (Atti 8,26), che apparve al centurione Cornelio e gli chiese di far venire Pietro per battezzarlo (Atti 10), che liberò Pietro di prigione (Atti 12) e colpì il re Erode che voleva farsi passare per un dio. Egli apparve a san Paolo per confortarlo nelle sue prove, e fu per l’Evangelista san Giovanni l’interprete dei segreti di Dio concernenti la fine dei tempi, nell’Apocalisse. Sarà in effetti Michele che ingaggerà l’ultimo combattimento contro l’Anticristo e il Diavolo e che li precipiterà per l’eternità nell’inferno (Apoc. 12,7). E al momento dell’Ultimo Giudizio, sarà lì con una bilancia in mano, a pesare le nostre azioni.

La tradizione della Chiesa ha mantenuto la memoria di altri miracoli dell’Arcangelo Michele, come per esempio quello compiuto a Colosi, in Frigia (commemorato il 6 settembre).

 

In Dio la giustizia non può essere separata dalla misericordia:<< Misericordia e verità si sono incontrate, giustizia e pace si sono abbracciate >> canta il salmista (Salmo 84,11). E perciò non si può commemorare Michele, l’Angelo della Giustizia, senza associare Gabriele, Angelo della Misericordia. Egli è inviato da Dio agli uomini per annunciar loro le meraviglie del Suo amore e della Sua benevolenza in vista della loro salvezza. Egli diede al profeta Daniele l’interpretazione della visione enigmatica che aveva avuto concernente la fine dei regni dei Medi e dei Persiani (Dan. 8,16), e gli annunciò un’altra volta, che il Cristo, Salvatore del mondo, sarebbe arrivato quattrocentoquarantanove anni più tardi (Dan. 9,24). Egli fu inviato anche presso la donna di Manoè al tempo dei Giudici, per annunciargli la prossima nascita di Sansone. Quando tutta felice Manoè volle trattenerlo per offrirgli un banchetto, Gabriele gli rispose che non si nutriva di tali cibi e le raccomandò di esprimere il suo rendimento di grazie offendo un olocausto al Signore. Quando gli venne chiesto il suo nome, egli rispose:<< Perché domandi il mio nome? È un mistero. >> e scomparve ai loro occhi nel fumo del sacrificio (Giud. 13). Egli fu il messaggero di tutte le buone novelle, della nascita miracolosa di bambini a partire da un grembo anziano o sterile. In particolare fu lui che apparve a Gioacchino e Anna per annunciar loro la nascita della Madre di Dio, a Zaccaria ed Elisabetta, per anticipar loro quella del santo Precursore (Lc. 1). Egli nutrì con manna celeste la Madre di Dio per dodici anni, nel tempio e fu inviato da Dio presso di Lei per annunciare la buona novella attesa dall’origine del mondo: cioè quella che doveva partorire Dio attraverso l’operazione dello Spirito Santo. Egli andò a rassicurare Giuseppe in sogno, quando costui era tormentato dai dubbi relativi alla verginità della Madre di Dio (Mat. 1,20). Al momento della nascita del Salvatore, egli condusse i pastori verso la grotta di Betlemme, perché potessero adorarlo. Egli avvertì Giuseppe dei piani omicidi di Erode e gli consigliò di prendere il bambino e sua madre e di condurli in Egitto. Quando il pericolo passò, apparve di nuovo in sogno per ordinargli di rientrare. Al momento della santa notte della Resurrezione di Cristo, Gabriele discese dai cieli, vestito con un abito bianco luminoso della luce divina, spostò la pietra che chiudeva la tomba e si sedette sopra. Quando le donne Mirofore arrivarono sul posto, egli le rassicurò nel loro spavento dicendo:<< Non temete. Io so che è Gesù il Crocifisso, che voi cercate. Egli non è qui: Egli è resuscitato come aveva detto >> (Mat. 28,5).

Così, dall’origine del mondo fino alla Resurrezione di Cristo e la fine dei tempi, il santo Arcangelo Gabriele è il messaggero inviato da Dio per annunciare agli uomini le meraviglie della Sua misericordia nella Persona del Signore Gesù Cristo .

 

Note:

1) Il nome di arcangelo non è riferito in questo caso all’ordine intermedio dell’ultima triade, ma indica la funzione di direzione, di comando, di Michele, Gabriele e Raffaele. Così allo stesso modo il nome di Angelo, può indicare l’ultimo grado della gerarchia o è riferito alle potenze celesti in generale.

2) È la stessa espressione che usa il diacono o il prete, durante la Liturgia, per attirare l’attenzione dei fedeli nei momenti importanti della celebrazione (Vangelo, Anafora, elevazione).

3) Sinassi, è la stessa espressione utilizzata per designare l’assemblea eucaristica dei fedeli, in unione con gli Angeli ed i Santi.

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