16 aprile- memoria delle sante vergini e martiri Agapi, Irene e Chionia (Tessalonica, 304); del santo neomartire Michele di Vurla (Smirne, 1772);del beato Anfilochio Makris (Patmos, 1970); di San Felice Vescovo, del presbitero Gennaro, dei lettori Fortunato e Settimio (verso il 304); dei santi martiri Leonida, Charissa, Niki, Galini, Calida, Nunechia, Basìlissa e Teodora (intorno al 250): del beato monaco martire Cristoforo (Adrianopoli, 1818); dei santi martiri Agatone, Eutichia, Cassia e Filippa (Tessalonica, verso il 304)
Άγιοι Αγάθων, Ευτυχία, Κασία και Φιλίππα οι Ομολογητές
Οσία Θεοδώρα η πριγκίπισσα
Άγιος Ιωάννης ο διά Χριστόν σαλός
Sinassario.
Il 16 di questo mese memoria delle sante vergini e martiri Agapi, Irene e Chionia.
Stichi. Il fuoco sembrava neve a Chionia al cui fuoco anche Agapi voleva partecipare. La freccia ti trasferì al luogo della pace, o Irene, rivestita da martire con il tuo sangue. Il sedici Chionia e Agapi perirono nel fuoco.
Lo stesso giorno memoria dei santi martiri Felice il vescovo, Gennaro, presbitero, Fortunato e Settimo.
Stichi. I quattro atleti, immolati dalla spada, sono riuniti ora in danza con migliaia di angeli.
Lo stesso giorno memoria dei santi martiri Leonida, Charissa, Niki, Galini, Calida, Nunechia, Basìlissa e Teodora.
Stichi. Gettato in seno al mare, Leonida raggiunse nuotando il seno di Abramo. Diceva Charissa: Il mare non mi spaventa, poiché mi procura abisso di doni. Gettate nell’abisso, Galini e Niki ottengono vittoria e acquietamento del turbamento. L’abisso del mare accolse Calida che amò la bellezza dello Sposo amico delle anime. Trovando nell’abisso la salvezza, o Nunechia, mostrasti la tua sapienza. Il grembo del mare accolse due giovani liberate dal grembo della famelica affamata.
Lo stesso giorno memoria della santa martire Irene.
Stichi. Vivendo in pace, la martire Irene non morì in pace, ma di spada.
Lo stesso giorno memoria del santo neomartire Michele di Vurla, martirizzato a Smirne nel 1772, ucciso dalla spada.
Stichi. Tingendoti con il tuo sangue, o Michele, ti rivelasti fulgido come la neve, o grande atleta.
Per le loro sante preghiere, o Dio, abbi pietà di noi. Amìn.
- 04: Memoria delle Sante Martiri Agape, Irene e Chionia
Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli
Le Sante subirono il martirio ai tempi dell’Imperatore Diocleziano e Massimiano, a Tessalonica, nel 304. Le tre sorelle, membri attivi di un gruppo di giovani Cristiani con una ricca biblioteca, si rifugiarono all’inizio della persecuzione in una zona montuosa fuori città, dopo aver nascosto in casa i loro libri. Arrestate, per comando del governatore Dulcezio, Agape e Chionia furono subito arse vive perché si erano rifiutate di mangiare la carne degli animali offerti agli idoli. Per Sant’Irene, invece, fu deciso diversamente: poiché il governatore era venuto a sapere che lei possedeva ancora dei libri delle Sacre Scritture che gli Imperatori avevano ordinato di bruciare, fu rinchiusa in un luogo di prostituzione, ma la grazia di Dio la protesse e nessuno osò infastidirla. Alla fine, Anche lei fu condannata alla morte sul rogo.
I sacri resti dopo il rogo furono raccolti da pii Cristiani e trasferite fuori Tessalonica, a poca distanza dalle mura. All’inizio in quel luogo fu costruita una piccola cappella, successivamente ingrandita. Nei racconti dei miracoli del Megalomartie Demetrio viene riportato come il ‘venerabile tempio’ delle tre sante martiri Chionia, Irene e Agape.
- 04: Memoria di San Felice Vescovo, originario dall’Italia martire a Cartagine durante la persecuzione di Diocleziano(verso il 304). Con lui furono martirizzati il prete Gennario e i lettori Fortunanzio e Settimio, anch’essi provenienti dall’ Italia
a cura del Protopresbitero Giovanni Festa
San Felice Vescovo, originario dall’Italia martire a Cartagine durante la persecuzione di Diocleziano(verso il 304). Con lui furono martirazzati il prete Gennario e i lettori Fortunanzio e Settimio, anch’essi provenienti dall’ Italia
Martirologio Romano: A Cartagine, nell’odierna Tunisia, sulla via detta degli Scillitani nella basilica di Fausto, deposizione di san Felice, vescovo di Tubzak e martire, che, ricevuto dal procuratore Magniliano l’ordine di dare alle fiamme i libri della Bibbia, rispose che avrebbe bruciato se stesso piuttosto che la Sacra Scrittura e fu per questo trafitto con la spada dal proconsole Anulino.
Tratto da
http://www.santiebeati.it/dettaglio/90649
Nel giugno del 303, il magistrato di una località vicino Cartagine, Tubzak o Thibinca oggi Zoustina, eseguendo gli ordini imperiali, fece convocare in tribunale il prete Afro ed i lettori Cirillo e Vitale, chiedendo loro di consegnare i libri sacri, essi risposero che erano in possesso del vescovo Felice, in quel giorno assente dalla città.
Il giorno seguente fu la volta del vescovo, il quale oppose un netto rifiuto alla richiesta del magistrato; gli fu dato tre giorni di tempo per riflettere, trascorsi i quali Felice venne inviato a Cartagine dal proconsole Anulino.
Dopo 15 giorni di carcere, alla nuova richiesta di consegnare i libri sacri, il vescovo si rifiutò ancora e pertanto venne condannato alla decapitazione, aveva 56 anni; la sentenza fu eseguita il 15 luglio del 303; il suo corpo venne sepolto nella basilica di Fausto, celebre per i molti corpi dei martiri lì sepolti.
In alcuni Martirologi è ricordato il 30 agosto, forse confuso con i santi romani Felice ed Adautto e in altri al 24 ottobre.
La moderna edizione del ‘Martyrologium Romanum’ lo riporta al 15 luglio, giorno del suo martirio. A questo punto aggiungiamo qualche nota per comprendere il perché del culto di s. Felice in Italia Meridionale; può essere dipeso dalla presenza di reliquie del martire africano a Venosa, per cui le aggiunte dicono che dopo l’interrogatorio, il proconsole Anulino non l’avrebbe fatto decapitare, ma lo avrebbe invece inviato in Italia, dove Felice transitò per Agrigento, Taormina, Catania, Messina ed infine a Venosa, dove il prefetto lo fece decapitare.
Un’altra versione dice che fu inviato a Roma e condannato come schiavo a seguire gl’imperatori, per cui giunto a Nola venne ucciso il 29 luglio; le reliquie furono poi trasferite a Cartagine.
A seconda delle versioni gli vengono affiancati nel martirio altri compagni: il prete Gennaro ed i lettori Fortunanzio e Settimio;
tratto da
http://regio18.blogspot.it/2017/10/san-felice-di-thibiuca-di-venosa-o-di.html
Le passiones oggi possedute, dipendenti da una passio di un contemporaneo, sono state interpolate con ogni probabilità da autori dell’Italia meridionale, giacché il luogo del martirio del vescovo africano Felice è trasferito da Cartagine a Venosa nella Puglia od a Nola nella Campania. Queste passiones sono state poi riassunte in vari Martirologi con altre aggiunte. Il Delehaye ha cercato di togliere gli elementi delle aggiunte presentando la probabile redazione primitiva.
Il magistrato di una località non molto distante da Cartagine, Thibiuca, oggi Zoustina (il nome è però trascritto in documenti antichi e recenti in vari modi: Tibiura, Tubioca, Tubzack, ecc.), eseguendo gli ordini imperiali, nel giugno del 303, chiamò in tribunale il prete Afro ed i lettori Cirillo (Giro) e Vitale. Alla richiesta di consegnare i libri sacri, Afro rispose che erano in possesso del vescovo Felice, in quel giorno assente dalla città. Il giorno seguente fu la volta del vescovo, il quale anche lui, alla richiesta del magistrato di consegnare i libri sacri, oppose un netto rifiuto. Furono concessi tre giorni di tempo per riflettere, passati i quali Felice venne inviato a Cartagine al proconsole Anulino. Dopo quindici giorni di permanenza in carcere fu sottoposto ad interrogatorio: gli furono nuovamente richiesti i libri sacri che il vescovo non volle consegnare, e per conseguenza fu condannato alla decapitazione. Aveva allora cinquantasei anni. La sentenza fu eseguita il 15 luglio; fu sepolto nella basilica di Fausto, celebre per i molti corpi di martiri ivi sepolti (cf. Mansi, VIII, col. 808). In alcuni martirologi è menzionato il 30 agosto (forse perché ci fu confusione con i martiri romani Felice ed Adautto commemorati nella stessa giornata). In altri Martirologi la festa è al 24 ottobre.
Meritano segnalazione le aggiunte , perché denotano l’estensione del culto di Felice nell’Italia meridionale. Nella prima parte queste passiones riferiscono l’interrogatorio e gli episodi sopraddetti, differendo specialmente nella parte finale. Infatti il proconsole Anulino non avrebbe impartito l’ordine di decapitazione bensì quello di inviare Felice in Italia. La descrizione del viaggio presenta notevoli differenze da testo a testo; secondo una narrazione Felice transitò per Agrigento, Taormina, Catania, Messina ed infine giunse a Venosa ove il prefetto lo fece decapitare (30 agosto). Mentre un’altra versione riferisce che Felice fu inviato a Roma e quivi condannato a seguire gli imperatori, per cui giunse a Nola ove venne ucciso il 29 luglio (in altro testo c’è la data del 15 gennaio). Le reliquie furono poi trasferite a Cartagine. Secondo il primo racconto a Venosa furono martirizzati i compagni di Felice il prete Gennaro ed i lettori Fortunanzio e Settimio. Il Martirologio Romano, copiando da quelli di Usuardo ed Adone, nomina invece, come compagno di Felice, Adautto. L’aggiunta di questo nome è facilmente spiegabile: a Roma erano venerati il 30 agosto Felice ed Adautto, per cui i compilatori confusero il Felice romano con il Felice cartaginese.
Resta la questione di Felice venerato nell’Italia meridionale ed in particoiar modo a Venosa. Si tratta indubbiamente del santo di Thibiuca: lo affermano le stesse passiones leggendarie. Il fatto del culto, assai antico, può essere dipeso dalla presenza di reliquie del martire africano. Agli agiografi italiani non fu poi difficile spiegare la venerazione descrivendo il martirio come avvenuto a Venosa od a Nola. Nella leggenda di Venosa sono menzionati i martiri compagni di Felice, Gennaro, Fortunaziano, Settimino. Si tratta probabilmente di santi africani (cf. Lanzoni, pp. 286-87) facenti parte di una complessa leggendaria vicenda riguardante altre città dell’Italia meridionale. Con ogni probabilità il compilatore italiano ha sostituito ad Afro e compagni, menzionati negli Atti autentici, altri martiri venerati a Venosa ed in altre località della zona.