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Sinassario | 12 febbraio 2024

Feb 11, 2024 | Sinassario

  • Memoria della venerabile MARIA*, che cambiò il suo nome con quello di MARINO (le sue reliquie si riposano a Venezia)

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

Santa Maria era cresciuta nella pietà e nell’amore per le sante virtù da suo padre, Eugenio, fino al giorno in cui, avendo raggiunto la ragazza l’età di sposarsi, suo padre le annunciò che egli andava ad abbracciare la vita monastica e gli lasciava tutta la sua fortuna in dote. Ma Maria si gettò allora ai suoi piedi supplicandolo di non lasciarla in questo mondo di vanità, in preda ai lupi corruttori delle anime. A forza di lacrime riuscì a convincerlo ad accettarla come compagna d’ascesi. Ella rivestì un abito maschile, cambiò il suo nome con quello di Marino e, facendosi passare per un eunuco, fu accettata con Eugenio in un monastero maschile della regione. Scambiando insieme al suo aspetto esteriore, la debolezza della sua natura con grande bravura non tardò a superare tutti gli altri monaci nei combattimenti ascetici, nel silenzio e nell’umile sottomissione. Confidando nella virtù del suo giovane monaco, l’egumeno lo incaricò un giorno di una missione al di fuori del monastero. Venuta la sera ella si fermò in un albergo per trascorrere la notte; qui aveva fatto sosta anche una truppa di soldati. Uno di essi sedusse la figlia dell’albergatore che, trovandosi incinta accusò il giovane monaco di averla violentata. Quando, di ritorno al monastero, Maria si vide accusata di questo misfatto, accettò il disprezzo del superiore le derisioni dei confratelli senza cercare di giustificarsi. Alla nascita del bambino, l’albergatore andò ad abbandonarlo alla porta del monastero, Maria che conduceva una vita errante di monastero in monastero, dopo essere stata scacciata, raccolse questo figlio presunto e lo nutrì per tre anni del frutto del suo lavoro, deponendo in lui l’amore di Cristo. Alla morte dell’egumeno, ella fu nuovamente accettata nella comunità con il bambino e si ritirò in una cella isolata per consacrarsi alla preghiera, Ma cadde rapidamente malata e rimise la sua anima a Dio senza aver rivelato il suo segreto a nessuno. Quando i fratelli andarono a preparare il suo corpo per i funerali, scoprirono con stupore che Marino, questo monaco che avevano accusato di essere un farabutto, era una donna. Lo stesso giorno venne condotta al monastero la figlia dell’albergatore che era divenuta preda del demonio e che fu liberata solo dopo aver riconosciuto la sua menzogna e aver rivelato il nome del colpevole. E tutti resero gloria a Dio.

Le sacre spoglie di Santa Maria nella cappella a lei dedicata nella chiesa di Santa Maria Formosa a Venezia come Marina. 

* Nella Chiesa romano cattolica venerata come santa Marina; da non confondersi né con santa Marina ( o Margherita) 17 luglio; né con santa Marina la Siciliana, 20 luglio.

  • Memoria di San Melezio, Vescovo di Antiochia

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

Il santo padre nostro Melezio era originario di Melitene d’Armenia. Era un uomo irreprensibile, giusto, riverente, sincero e molto gentile. Consacrato nel 357vescovo di Sebaste in Armenia, fu più tardi deposto dal suo incarico e partì per per Berea di Siria (l’attuale Aleppo). In seguito, nel 360, il vescovo ariano di Antiochia era stato deposto, e gli Ortodossi e gli Ariani della città ambivano entrambi ad avere un vescovo che prendesse le loro parti: fu nominato allora Melezio vescovo di Antiochia, poiché era tenuto da tutti in grande considerazione, e anche perché gli Ariani erano convinti che condividesse le loro posizioni. Non appena assunse l’incarico, però, predicò apertamente la consustanzialità del Figlio con il Padre. L’arcidiacono, ariano, gli pose la mano sulla bocca, come a zittirlo; Melezio allora estese tre dita della mano verso il popolo, le ripiegò e poi stese di nuovo un dito solo, volendo mostrare con un gesto l’uguaglianza e l’unità della Trinità. L’arcidiacono imbarazzato afferrò la mano del Vescovo, ma gli liberò la bocca, così che Melezio prese a parlare a voce ancora più alta in difesa del Concilio di Nicea. Pagò il prezzo di questa sua confessione: dopo poco, fu deposto dall’imperatore ariano Costante, figlio di San Costantino il Grande. In seguito, fu richiamato al suo trono, per essere però deposto una terza volta dall’imperatore Valente.
È stato San Melezio ad ordinare ad Antiochia San Giovanni Crisostomo lettore e diacono. Visse fino al Secondo Concilio Ecumenico del 381, che egli presiedette, tenuto in grande onore come ardente difensore della fede e come venerabile anziano gerarca.
Qualche tempo prima, quando l’imperatore Graziano aveva fatto del suo generale in Spagna Teodosio il comandante supremo delle sue armate nella guerra contro i barbari, questi fece un sogno in cui vide Melezio, che non aveva mai incontrato, che gli faceva indossare il mantello e la corona imperiali. Per le sue vittorie contro i barbari, Graziano nominò Teodosio imperatore d’Oriente al posto di Valente nel 379. Quando, da imperatore, Teodosio il grande convocò il Secondo Concilio Ecumenico due anni più tardi, non volle che gli fosse presentato Melezio, per poterlo riconoscere da solo attraverso i ricordi del sogno fatto. Appena lo vide, lo riconobbe, gli si avvicinò con gioia, lo abbracciò davanti a tutti gli altri vescovi, raccontandogli del sogno.
Durante il Concilio, San Melezio si ammalò e dopo poco si addormentò nel Signore. San Gregorio di Nossa, tenne una commovente orazione al suo funerale, lamentandosi della perdita di colui che tutti amavano come padre, dicendo: “Dov’è quella dolce serenità dei suoi occhi? Dove quel sorriso luminoso sulle sue labbra? Dove quella gentile mano destra, con le dita distese per accompagnare le parole di benedizione? E ancora: “Il nostro Elia è stato assunto in cielo, e nessun Eliseo ci è stato lasciato per sostituirlo”.
Le sante reliquie di San Melezio furono riportate ad Antiochia e seppellite insieme a quelle di San Babila martire, nella Chiesa a lui dedicata che Melezio, nel suo zelo per la gloria dei testimoni della fede, aveva aiutato a costruire con le sue stesse mani.

  • Sant’Antonio, arcivescovo di Costantinopoli

Il santo Antonio II Cauleas nacque prima dell’830 a Costantinopoli. In giovane età fu tonsurato monaco e divenne un “uomo santo coronato di virtù, un tempio di compassione”. Fu ordinato presbitero e, non volendo lasciare la sua vita solitaria, fondò il monastero di Kallios. Il Santo lavorò con grande impegno per l’unità della Chiesa, al fine di mettere fine alle contese tra i seguaci dei patriarchi Ignazio e Fozio. Era anche riconosciuto uomo ricco di carità e filantropia. Nell’anno 893 divenne patriarca di Costantinopoli e continuò a crescere in discernimento spirituale, pietà e amore per i fratelli.

Si addormentò in pace nell’anno 901. La sua Sinassi fu tenuta nel monastero a cui era appartenuto come monaco.

Nota

Secondo San Nicodemo del Monte Athos, il patriarca Antonio che viene ricordato oggi è il terzo ovvero lo Studita (974 – 980). Leone diacono scrive a proposito di questo Antonio, che aveva uno stile di vita simile agli apostoli e per questo motivo aveva guadagnato la fiducia dei re, degli uomini facoltosi e di tutti i funzionari. Essi gli elargivano beni, che Antonio a sua volta dava interamente ai poveri. Il vescovo di Chone, suo contemporaneo, diceva che Antonio era puro di cuore, completamente altruista, molto umile, del tutto privo di cattiveria, un uomo semplice, seguace della verità e della pace, un asceta perfetto, incapace di alcun moto di rabbia, dall’atteggiamento particolarmente gradevole. La sua gioia era portare beneficio: un mare di misericordia, un perfetto tipo di vescovo adornato di grazia apostolica.

[da www.saints.gr]

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