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Sinassario | 24 agosto 2023

Αυγ 23, 2023 | Συναξάρι

  • 08: Memoria dei santi martiri Gregorio, Teodoro e Leone

Archimandrita Antonio Scordino

I militari Gregorio e Teodoro, con la recluta Leone, siciliani o solo militari di stanza in Sicilia, al tempo di Costanzo II, morto nel 361, o più probabilmente di Costante II, morto a Siracusa nel 668, per non aver parte con l’eresia – ariana del primo, monotelita del secondo – disertarono e si rifugiarono dapprima a Cefalonia e poi a Samos, dove vissero santamente, nascosti in un bosco. I loro corpi furono ritrovati incorrotti da un facoltoso abitante dell’isola, un certo Achille, che li depose in una chiesa costruita in loro memoria. Le reliquie furono poi depredate dai Crociati, che le donarono alla chiesa veneziana di San Zaccaria.     

  • 08: memoria del santo neo-martire, Pari agli Apostoli, COSMAS D’ETOLIA

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

San Cosmas d’ Etolia era nativo di un piccolo villaggio dell’Etolia, Mega-Dendron, nella diocesi di Arta (verso il 1714) [1]. I suoi genitori, gente semplice e pia, l’educarono nel timore di Dio e nell’amore per le Sante Scritture. Verso l’età di venti anni, andò sulla Santa Montagna dell’Athos per studiarvi all’Accademia da poco allora installata in dipendenza del monastero di Vatopedi, dove insegnava il celebre Eugenio Bulgaris. Ma le reazioni provocate dalla fondazione di questo istituto, che diffondeva lo spirito dello Illuminismo, nel cuore della cittadella dell’Ortodossia, obbligarono ben presto Bulgaris ed altri illustri professori a lasciare l’Athos, e l’Accademia cadde rapidamente in declino (1759). Questo fu per il giovane Cosmas un segno della Provvidenza e, rinunciando agli studi, egli si addentrò nella vita monastica al monastero di Philotheou, dove il suo zelo per i combattimenti ascetici e la sua pietà lo resero degno di essere ordinato prete poco dopo la sua tonsura monastica. In età adulta, Cosmas aveva grande desiderio di diffondere la parola di Dio attorno a lui, a tal punto che egli diceva che la preoccupazione della salvezza dei suoi fratelli lo divorava come il verme che consuma l’albero dall’interno [2]. In tempi difficili per il popolo greco oppresso, la ignoranza dei rudimenti della fede e della cultura cristiana comportava la negligenza e la decadenza dei costumi, di modo che la predicazione del Vangelo si imponeva come il compito più urgente. Ma avvertito dall’insegnamento dei Santi Padri, Cosmas non voleva addentrarsi nella vita apostolica di sua propria volontà. Desiderando quindi sapere se tale fosse la volontà di Dio, egli aprì un giorno la Sacra Scrittura e incappò su questa parola dell’Apostolo: << Che nessun cerchi il proprio interesse, ma quello altrui >> (I Cor. 10,24). Così illuminato dalla Parola di Dio e dopo aver appreso il parere dei padri spirituali della Santa Montagna, si recò a Costantinopoli per ricevere il permesso del Patriarca Serafino II (1757-1761) e prendere qualche lezione di retorica da suo fratello, l’archimandrita Crisanthos, che diventò in seguito direttore dell’Accademia patriarcale della scuola di Naxos.

Il nuovo apostolo cominciò la sua opera di predicazione nelle chiese della regione di Costantinopoli, poi si spinse verso le regioni occidentali della Grecia: Nafpaktos, Brachori, Mesolonghion e la Tessaglia, e ritorna a Costantinopoli. Dopo essersi ritirato qualche tempo all’Athos, egli ricevette dal Patriarca Sofronio (1774-1780) l’autorizzazione ad andare a predicare nell’arcipelago delle Cicladi, al fine di consolare la popolazione scoraggiata dal fallimento di un tentativo d’insurrezione suscitato dalla Russia (1775). Da lì egli ritornò a fare una vita ritirata nei monasteri, completando così diciassette anni di soggiorno sulla Santa Montagna. Ma il suo cuore, che bruciava d’amore per i suoi fratelli, non lo lasciava in pace. Egli ripartì dunque per Tessalonica, soggiornò brevemente a Vèria e attraversò tutta la Macedonia riunendo grandi folle di fedeli che lo ascoltavano con compunzione.

Da Cefalonia, si recò nell’isola di Zante poi a Corfù, e di lì passò in Epiro, dove il cristianesimo si trovava in uno stato penoso, allo scopo di affermare la fede ortodossa nel popolo e impedire le conversioni all’Islam. Assistito dalla grazia di Dio, San Cosmas fece dei miracoli in queste regioni che restarono impregnate fino ai giorni nostri della sua predicazione e con le sue predicazioni riuscì a risanare i costumi dei cristiani.

La sua parola era semplice, alla portata di tutti, adoperando immagini ed espressioni tratte dalla vita quotidiana, ma era così pieno della dolcezza, della pace e della gioia che solo il Santo Spirito può procurare. Egli aveva il dono di penetrare improvvisamente nell’anima dei suoi ascoltatori e di essere accolto subito con entusiasmo come espressione della volontà di Dio. Poiché talvolta la chiesa non poteva contenere le folle che si riunivano attorno al nuovo apostolo, egli predicava all’aria aperta, arrampicato su una pedana portatile, vicino ad una grande croce che aveva fissato a terra e che diveniva, dopo la sua partenza, una sorgente di guarigione e di sollievo per i mali spirituali e corporali. Egli insegnava ai cristiani a vivere secondo i comandamenti del Cristo, e a rispettare la domenica, giorno del Signore, lasciando da parte le loro occupazioni per andare in chiesa e ascoltare la parola di Dio. Dovunque egli andava fondava delle scuole, compito che considerava fondamentale, dove insegnava gratuitamente il greco e le sacre Scritture [3]. Egli persuadeva i ricchi a consacrare il loro sovra più all’elemosina, alla diffusione di libri di religione, di croci e di komboschini , e li incitava ancora ad offrire alle chiese dei battisteri per il battesimo dei bambini.

Una folla da due a tremila fedeli lo seguiva dappertutto, cosicché sembrava veramente una armata di Cristo che si spostava in tutta Albania al seguito del santo, a cui si guardava come Enoch o il Profeta Elia venuto ad annunciare l’aurora di un nuovo anno. Prima di cominciare la sua predicazione, celebrava i vespri o una paraklisis alla Madre di Dio, poi, dopo aver parlato, lasciava l’incombenza, ai quasi cinquanta preti, che l’accompagnavano, di proseguire la sua opera con la confessione, la celebrazione dell’officio del Santo Olio, la Santa Comunione e la visita di ciascuno personalmente.

Benché l’insegnamento del santo non avesse nessuna tendenza polemica, ma si limitasse all’insegnamento delle virtù evangeliche, e che essendo comparso avanti al pascià di Ioannina, egli avesse ricevuto grandi contrassegni d’onore, taluni Ebrei, spinti dalla gelosia e furiosi dopo che il santo aveva fatto spostare il mercato dalla domenica al sabato, convinsero il pascià a mettere fine alla sua vita.

Cosmas aveva l’abitudine, arrivando in un luogo dove desiderava predicare, di andare per prima cosa a chiedere personalmente la benedizione del vescovo del luogo, poi inviava uno dei suoi discepoli a sollecitare l’autorizzazione delle autorità civili turche. Arrivato un giorno in un villaggio dell’Albania chiamato Kolikontasi, apprese che il pascià della regione, Kurt Pascià, soggiornava non lontano da lì. Malgrado i consigli di prudenza del suo seguito, il santo decise di andare lui stesso a chiedere l’autorizzazione di predicare al commissario del posto che lo informò di aver ricevuto l’ordine di deferirlo avanti a Kurt Pascià queste parole Cosmas aveva capito che era arrivato per lui il momento di coronare la sua opera con il martirio e rese grazie a Cristo di averlo giudicato degno ‘un tale onore. L’indomani, 24 agosto 1779, sette soldato lo scortarono, con il pretesto di condurlo al pascià, ma dopo due ore di cammino, si fermarono vicino al fiume Paso e gli rivelarono che la sentenza della la sua esecuzione era già stata presa. Pieno di gioia e rendendo grazie a Dio, il santo benedisse con il segno della croce le quattro direzioni dello spazio e offrì una preghiera di saluto a tutti i cristiani. Egli rifiutò che gli venissero legate le mani, al fine di tenerle a forma di croce ed è, senza opporre la minima resistenza, che fu appeso ad un albero e rese gloriosamente la sua anima a Dio. Egli aveva l’età di 65 anni. Siccome i cristiani, che si erano precipitati per raccogliere nelle loro reti da pesca il corpo del santo che i suoi carnefici avevano gettato nel fiume, erano rimasti a mani vuote, tre giorni dopo, un prete di nome Marco, essendosi armato di preghiera, scoprì la preziosa reliquia che galleggiava in acqua, in piedi, come se il santo fosse ancora vivente. Lo tirò fuori dall’acqua, e dopo averlo rivestito con i suoi paramenti monastici, gli si diede sepoltura degnamente. E numerosi miracoli si compirono in seguito sulla sua tomba e attraverso le sue reliquie [4]. Nel 1813, Alì Pascià di Ioannina, cui San Cosmas aveva predetto il suo glorioso futuro, fece costruire una chiesa ed un monastero accanto alla sua tomba, e offrì la sua testa in un reliquiario d’argento, alla sua sposa cristiana Basilieva.

San Cosmas, di cui la predicazione ha contribuito in maniera decisiva al risveglio della fede e del sentimento nazionale del popolo greco ben presto venerato dal popolo come nuovo apostolo e << principe dei nuovi martiri >>, ma il suo culto non è stato riconosciuto che nel 1961 dal Patriarca Ecumenico.

Note:

1) Patria di S. Eugenio, 5 agosto.

2) Come scrisse lui stesso in una lettera scritta a suo fratello qualche mese prima della morte, aveva fondato 200 scuole elementari e dieci scuole per l’insegnamento delle lettere greche.

3) Rosari

4) Le reliquie del santo sono scampate al tormento dell’ateismo in Albania e si trovano sempre nella chiesa del monastero abbandonato, come germe di resurrezione in questo paese.

                               

  • 08: Memoria di sant’Eutichio ieromartire, discepolo di san Giovanni il Teologo

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei Ss. Pietro e Paolo – Napoli

Sant’Eutichio, vero discepolo di San Giovanni Evangelista, ripetutamente dimostrò nella sua vita di essere veramente un uomo di Dio. Predicò il Vangelo con coraggio, demolì molti templi idolatrici, subì torture ed è stato imprigionato per molti anni. Quindi fu gettato nel fuoco e tra bestie affamate. Tuttavia, poiché una delle fiere si mise a parlare con voce umana, ma anche perché rimase illeso, unico tra gli altri martiri, tutti rimasero stupefatti. Pertanto, a causa di questi miracoli, lo lasciarono libero di tornare alla sua casa di Sebastia, nei pressi di Tarso, dove nella pace consegnò il suo spirito al Signore. (Il ricordo di Sant’Eutichio ricorre anche il 30 maggio).

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