- Memoria del santo Padre GIOVANNI il Taumaturgo, fondatore del monastero di Rila in Bulgaria
a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria
Il nostro santo padre Giovanni era originario di una pia famiglia dimorante nei dintorni della città di Sofia, sotto il regno di Pietro I (927-968), re dei Bulgari e di Costantino VII Porfirogenito (913-959). Egli si distinse fin dalla giovinezza per le sue virtù, e, quando poté, distribuì tutti i suoi beni ad i poveri e andò a ritirarsi in un monastero per praticare i lavori della vita ascetica. A seguito di una visione partì per la montagna per vivere da solo con Dio, non avendo altra occupazione che la preghiera. Suo nipote, Luca, divorato anch’egli dallo zelo divino andò a raggiungere nella sua solitudine per condurre sotto la direzione di Giovanni la vita angelica, malgrado la sua giovane età. Ma il padre del ragazzo, furioso andò a prenderlo di forza, accusando Giovanni di distoglierlo dalla giovinezza. Il santo gli ricordò le parole del Cristo: << Lasciate venire a me i piccoli, poiché è ai loro simili che appartiene il regno dei Cieli >> (Mat. 19,14). Ma niente poté, e Luca dovette ritornare piangendo nel mondo. Ma per la preghiera del santo, Dio non lasciò che la purezza del ragazzo si corrompesse al contatto con il mondo e mostrò a suo padre che non ci si può opporre alla sua volontà: una malattia portò il ragazzo ben presto nel regno dei cieli.
Attaccato dai briganti, cieco strumento dei demoni, il santo dovette lasciare il suo ritiro e cercare rifugio nelle austere montagne di Rila. Si installò nella sommità di un monte in una grotta inaccessibile, al fine di essere al riparo del mondo e della sua vanagloria. Il re Pietro sentì parlare dell’asceta e inviò degli emissari a cercarlo. Ma Giovanni rifiutò di lasciare la sua solitudine, anche per il re. A questa notizia il sovrano decise di andare lui a fargli visita, ma non poté che vedere da lontano la grotta. Inviò così a Giovanni, insieme ad oro e provviste, una lettera piena di umiltà, nella quale chiedeva al santo l’aiuto attraverso le sue preghiere per trionfare nelle tentazioni dei piaceri e della gloria che assalgono gli uomini che, come lui, occupano un posto elevato nella società. Giovanni gli rimandò l’oro dicendo che non aveva più bisogno dei tesori che si potevano ammassare in questa vita di vanità. Egli scrisse al re raccomandando di unire alle virtù regali che sono la compassione e la misericordia, il pentimento, le lacrime, il costante ricordo della morte, perché il re dei re, vedendo la sua umiltà, gli accordasse la gioia del Regno dei Cieli.
Ricevendo la lettera, il re la baciò con venerazione, come il più prezioso dei tesori e la lesse spesso per trovare consolazione nella fatica del suo compito. Quanto a Giovanni restò fino alla fine della sua vita nella grotta di Rila. Poiché un gran numero di discepoli lo pressavano per accettarli accanto a sé, egli costruì nelle vicinanze una chiesa, poi celle per monaci. Ciò divenne ben presto il maestoso monastero che troneggia fino ai giorni nostri sulle montagne di Rila e contiene le reliquie del santo.
- Memoria del santo Profeta Gioele
È uno dei dodici profeti minori, le cui profezie sono contenute nel breve libro anticotestamentario che porta il suo nome e che è anche l’unica fonte da cui si può ricostruire qualche notizia che lo riguarda. Secondo gli studiosi, l’epoca della sua esistenza sarebbe l’inizio del V secolo a.C. Tutti i dati storici rilevabili all’interno del suo scritto, infatti, porterebbero a pensare che la sua opera si collochi durante l’occupazione persiana della Palestina. Si suppone che fosse di stirpe sacerdotale, perché parla spesso di offerte sacre, di offerte nel Tempio e di sacerdoti, ai quali si rivolge con una certa autorità; esercitò a Gerusalemme, ai cui abitanti si rivolge nel libro. Alla base della profezia di Gioele vi è sicuramente una calamità naturale verificatasi proprio in quei tempi. Ma il profeta ne prevede una peggiore e invita alla alla penitenza. La seconda parte del libro è una descrizione del «giorno del Signore», cioè del suo supremo intervento nella storia, accompagnato da una straordinaria ed universale effusione del suo Spirito. Seguirà il Giudizio divino sulle genti e l’alba di un nuovo mondo. (Avvenire)