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Sinassario | 17 novembre 2023

Νοέ 16, 2023 | Συναξάρι

  • Memoria dei santi Patriarchi di Costantinopoli GENNADIO e MASSIMO

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

17 novembre • Memoria dei santi Patriarchi di Costantinopoli GENNADIO e MASSIMO* .

San Gennadio era prete della Chiesa di Costantinopoli e nel 458, alla morte del patriarca Anatolio, fu scelto per sedere sul trono patriarcale a causa della sua pietà e dell’integrità dei suoi modi. Egli si dimostrò guardiano molto fedele delle tradizioni apostoliche e condusse la truppa spirituale con grande saggezza pastorale. Egli riportò l’ordine nel clero pervertito dalla simonia, impose il riposo obbligatorio della domenica, e preservò l’armonia delle relazioni della Chiesa con il potere civile. Difese con ardore la fede ortodossa e usò la sua influenza presso l’imperatore per far condannare il patriarca eretico di Antiochia, Pietro il Follatore . Brillò inoltre per numerosi miracoli che Dio gli faceva compiere per l’affermazione della Chiesa tanto che un giorno paralizzò con la sua preghiera la mano di un iconografo che aveva rappresentato il Cristo sotto forma del Dio pagano Zeus.
Si racconta che alla fine della sua vita, non volendo continuare a dirigere una Chiesa sottomessa ad un imperatore eretico (Leone I), san Gennadio diede le dimissioni e partì verso i Luoghi Santi, vestito da semplice monaco. Al ritorno si fermò nell’isola di Cipro per venerare i luoghi santificati da san Ilarione (cf. 21 ottobre) ma in cammino si perse ed arrivò in una borgata di nome Kisapetra. Sorpreso da una tempesta di neve, andò a bussare alla porta di una vedova ma questa non aprì spaventandosi di ricevere uno straniero e all’indomani si trovò il santo Patriarca morto di freddo sulla porta.

* Non è chiaro quale dei patriarchi di Costantinopoli è commemorato questo giorno sotto il nome di Massimo (o Massimiano). Massimo II (1215), anziano egumeno del monastero degli Acemiti, e Massimo III (1476 – 1482) non ha lasciato memoria di un santità particolare. Secondo Eustriadès (Aghiologhion p.290), sarebbe piuttosto la doppia memoria di san Massimo I (431 – 434), commemorato il 21 aprile.

  • Memoria del santo padre nostro Gregorio il taumaturgo, vescovo di Neocesarea

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

San Gregorio nacque intorno al 210. In origine si chiamava Teodoro; i suoi genitori erano pagani e avevano una elevata posizione sociale nella città di Neocesarea del Ponto (l’odierna Niksar). Dopo la scuola elementare, Gregorio insieme al fratello Gregorio o -secondo alcune altre fonti. Atenodoro (vedi il 7 novembre) si recò a Berito (l’odierna Beirut) per studiare legge. Ma Dio aveva altri piani per lui. Mentre attraversava Cesarea, udì il famoso interprete delle Scritture, Origene. Gregorio divenne così entusiasta di lui che lasciò la scuola di legge e divenne un suo discepolo per molti anni. In seguito si recò ad Alessandria, per poi tornare a Neocaesarea con una educazione teologica completa e con santo zelo. Il metropolita di Amasea Fedimo riconobbe i suoi talenti e lo nominò vescovo di Neocesarea, che a quel tempo contava solo 17 cristiani! Gregorio, tuttavia, non lo considerò un problema. Faceva molto affidamento sul potere della grazia divina e aveva sempre in mente le parole incoraggianti del divino Paolo: ‘Attingi sempre forza nella grazia che è in Cristo Gesù’ (II Tim 2,1). In effetti, per grazia di Dio, Gregorio ha combattuto in modo straordinario e cristianizzato quasi l’intera città. E se all’inizio aveva trovato 17 cristiani, quando morì pacificamente alla fine del 270 erano rimasti solo 17 pagani nel suo distretto episcopale! Era così moderato nella sua lingua che non proferì mai alcun discorso cattivo o inutile. Ecco perché Dio lo adornò del dono dei miracoli.
A Gregorio è attribuito il merito di aver stabilito celebrazioni in onore di martiri e santi, insistendo sull’insegnamento delle loro vite, anche come mezzo per attirare i pagani nella chiesa.
La vita di San Gregorio il Taumaturgo è stata scritta da San Gregorio di Nissa, fratello del Grande Basilio, che è la fonte biografica più attendibile. Nel suo elogio al Santo, lo chiama Grande e lo considera la prima persona di cui si sappia di aver ricevuto una visione della Vergine Maria (con Giovanni il Precursore); sulla base di questa compose una confessione di fede sulla dottrina della Santissima Trinità. Inoltre, San Gregorio di Nissa, afferma di essere cresciuto ascoltando storie e descrizioni di eventi nella vita di San Gregorio Taumaturgo, nonché le sue parole divinamente ispirate, da sua nonna Macrina che era una discepola e figlia spirituale di San Gregorio di Neocesarea.
Basilio Magno dice di lui, tra l’altro: ‘Egli deviò il corso dei fiumi comandando loro nel nome potente di Cristo; seccò uno stagno che era causa di contesa tra fratelli avidi. Le sue predizioni di avvenimenti futuri furono tali da non essere inferiore in nulla ai grandi profeti. Insomma, sarebbe lungo esporre dettagliatamente i miracoli di quest’uomo il quale, per la sovrabbondanza dei doni di grazia operati in lui dallo Spirito in ogni azione potente, in segni e in prodigi, fu chiamato “secondo Mosè” dai nemici stessi della Chiesa’ (Sullo Spirito Santo, 74).
Le opere di Gregorio sono state salvate in uno stato molto frammentario. Resta famoso il suo discorso di addio a Origene, rivolto dopo la fine degli studi, dove viene lodata la sua abilità nell’insegnamento. Tra le altre opere, A Taziano discorso fondamentale sull’anima, Discorsi sull’Annunciazione della Tuttasanta Theotokos e Santa Vergine Maria, un’Omelia sull’Ecclesiaste, estratti dai commenti al Vangelo di Matteo e ai libri di Geremia e di Giobbe.
Secondo la tradizione calabrese, durante l’imperversare dell’eresia iconoclasta, nell’VIII secolo, le reliquie del santo giunsero a Stalettì, centro della provincia di Catanzaro, dove sono tuttora venerate. La tradizione locale narra che il corpo del santo, gettato in mare in una cassa di piombo, arrivò sulla spiaggia nella località di Caminia, miracolosamente sospinto dalle mani degli angeli, finendo in una grotta. A Stalettì, in seguito, avvenne un miracolo: si racconta che nel 1855 una grave siccità affliggeva la popolazione locale. Il paese allora ricorse al suo patrono, e non appena ebbe inizio la processione, la pioggia scese, ponendo fine alla siccità. Grande devozione per il Santo si riscontra anche a Borgia, sempre in provincia di Catanzaro, dove grazie all’intervento del Santo la popolazione fu salvata in un’occasione dal colera, in un’altra dalla peste.

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