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Sinassario | 10 maggio 2023

Μάι 9, 2023 | Συναξάρι

Sinassario

Il 10 di questo mese memoria del santo apostolo Simone lo zelota.
Stichi. Subendo tortura, Simone zelota, disse al suo Maestro, vincitore della morte: Sopporto la mia croce imitando la tua passione. Il dieci venne steso sul legno l’apostolo magnanimo.

Lo stesso giorno memoria dei santi martiri Alfeo, Filadelfo e Ciprino.
Stichi. Per amore fraterno Filadelfo con i fratelli ha trovato una divina corona grazie alla spada.

Lo stesso giorno memoria del nostro santo padre Issichio il confessore.
Stichi. Conducendo quietamente la sua vita, quietamente Issichio se ne va a Dio.

Il nostro padre san Lorenzo si addormentò in pace.

Per le loro sante preghiere, o Dio, abbi pietà di noi. Amìn.

 

 
• 10.05: memoria del nostro padre tra i santi Agatone, vescovo di Lipari
Archimandrita Antonio Scordino
Egli da alcuni è posto al tempo dei tre santi fratelli, ma è più probabile che sia vissuto nel VI secolo, e che sia lo stesso Agatone di Lipari che accolse la reliquia del santo apostolo Bartolomeo.

[Agatone I, vescovo di Lipari nel III secolo, intorno al 264 accolse il corpo di san Bartolomeo Apostolo. Fu lui che nominò san Bartolomeo patrono delle Eolie. Di questo avvenimento resta traccia nella chiesa intitolata a sant’Agatone extra moenia, sulla cui facciata è riportata la data dell’arrivo delle spoglie di San Bartolomeo sull’isola (13 febbraio 264, data che però non ha un riscontro certo). Successivamente Agatone fu perseguitato, durante l’impero di Decio e poi di Valeriano, e fuggì da Lipari, rifugiandosi in Sicilia, forse a Lentini, dove visse nascosto in una grotta presso la città, o forse a Brucoli, dove sarebbe rimasto nascosto presso le grotte vicine al Santuario della Madonna dell’Adonai. – da Wikipedia]

• 10.05: memoria del nostro padre tra i santi Cataldo, vescovo
Archimandrita Antonio Scordino
Vescovo dell’Irlanda che, pellegrinando verso l’Oriente, si addormentò in pace a Taranto, nel settimo secolo.

[San Cataldo, patrono di Taranto, nacque in Irlanda, nel Munster – forse a Canty, nella diocesi di Waterford -, nella prima metà del sec. VII, da famiglia assai religiosa, di agiate condizioni sociali. Ricevette la sua educazione nel celebre monastero di Lismore, fondato non molto tempo prima, nel 633, da s. Carthagh. Nel monastero, che era già allora uno dei più importanti centri di evangelizzazione e di civilizzazione dell’isola, e che manteneva stretti rapporti con i maggiori centri culturali e religiosi del continente, C., compiuti i suoi studi, e dopo aver distribuito tra i poveri il patrimonio ereditato dal padre, rimase come maestro. La sua grande pietà e la voce dei miracoli che si diceva andasse compiendo gli guadagnarono ben presto la venerazione del popolo e la fama di santo taumaturgo; ma fu proprio la voce dei miracoli da lui operati a provocare i sospetti del duca dei Desii, Meltrid, il quale lo accusò di arti magiche e stregoneria presso il re del Munster. Arrestato e gettato in prigione, C. venne tuttavia liberato dopo qualche tempo in seguito – si disse – a due eventi prodigiosi: la morte improvvisa di Meltrid e l’apparizione di due angeli al re. Turbato, il re stesso si indusse a scegliere C. come vescovo per la sede di Rachau; volle inoltre dotare la mensa vescovile delle rendite degli antichi possedimenti di Meltrid.

Non siamo informati sui particolari dell’attività pastorale svolta da C. in questo suo primo episcopato: la Vita usa, in proposito, espressioni molto generiche. D’altro canto, la sede stessa di Rachau non appare menzionata in altre fonti a noi note, ed è stata identificata dagli studiosi ora con Rathan, ora con Shánrahan, ora – e questa sembra l’ipotesi più probabile – con Shanraghan, località situata ad ovest di Clogheen, nel South Tipperary.

Dopo alcuni anni di ministero, comunque, C. lasciò la diocesi e l’Irlanda per compiere un pellegrinaggio in Palestina; e lì avrebbe voluto fermarsi per il resto dei suoi giorni, allo scopo di condurre una vita di solitudine, di preghiera e di rinuncia. Non poté tuttavia appagare il suo desiderio: la leggenda dice che fu indotto da una apparizione a recarsi in Italia dove avrebbe dovuto riportare “ad catholicae fidei firmitatem” il popolo di Taranto che, già un tempo convertito dall’apostolo Pietro e dal suo discepolo Marco, era tornato allora agli antichi errori. Dopo un viaggio fortunoso, toccato il litorale adriatico dell’Italia, C. sbarcò ad Otranto e si diresse a piedi verso Taranto.

Giunto a Taranto, la cui sede era vacante da molti anni, Cataldo venne eletto vescovo per comune consenso del clero e del popolo, dopo uno strepitoso miracolo compiuto al suo arrivo, alla porta della città. Da allora, per quindici anni, sino alla morte, resse la diocesi di Taranto con sollecitudine di padre e di apostolo, dando esempio di pietà, di zelo religioso, di rigore di vita. La predicazione del Vangelo e la conversione dei pagani furono gli obbiettivi della sua opera pastorale: a questo fine curò la formazione culturale e religiosa dei sacerdoti e dei chierici dei vari Ordini, che assegnò alle diverse chiese di Taranto e dei paesi circonvicini; volle osservata la liturgia e la recitazione dell’ufficio. Consumato dalla vita di penitenza e di sacrificio, morì l’8 marzo di un anno imprecisato, tra la fine del sec. VII e gli inizi dell’VIII, dopo aver rivolto ai rappresentanti del clero e del popolo, che si erano stretti al suo capezzale, un appello a continuare nella fede la sua opera.

Il corpo, composto in un “sepulchrum marmoreum mirae pulchritudinis”,venne solennemente inumato – come era stata volontà di C. – sotto il pavimento del duomo, “in parte orientali, in loco qui dicitur S. Iohannis in Galilaea”,in corrispondenza dell’attuale battistero. Il monumento, del quale si era perduto il ricordo dopo la distruzione di Taranto compiuta dai Saraceni nel 927, affiorò il 10 maggio 1071, durante i lavori di scavo per le fondamenta della nuova cattedrale voluta dal vescovo Drogone. Avvisato che si era scoperta sotto il pavimento dell’antica basilica “tumbam marmoream satis pulchram” – così riferisce l’autore della Inventio -, il presule, alla presenza di una gran folla di clero e di fedeli, “accepto fossorio, tumbam aperit”,e i presenti poterono vedere “sanctas reliquias, rubicundiores (ut legitur) ebore antiquo. Crucem inveniunt auream, nomen sancti Latinis litteris designantem”. Riconosciute nelle reliquie i resti di uno dei suoi antichi predecessori, Dragone fece collocare l’arca sotto l’altare maggiore della nuova cattedrale. Le reliquie, di cui fu compiuta una ricognizione nel 1107 dal vescovo Rainaldo, vennero traslate nel 1151 in una cappella particolare, fatta costruire dall’arcivescovo Geraldo; nel 1657, infine, Tommaso Caracciolo fece erigere in onore del santo una nuova e più sfarzosa cappella (il cosiddetto cappellone), dove fece trasferire i resti di C., che vi sono tuttora venerati. Il ritrovamento e le successive traslazioni delle spoglie mortali di C. furono accompagnate da miracoli e segnarono le tappe della propagazione del culto del santo, che, proclamato patrono di Taranto, fu oggetto, a partire dal sec. XII, di una venerazione assai diffusa e ancora viva in tutta Italia, in specie quella centromeridionale e insulare, e in Irlanda, sua patria d’origine. La sua festa viene celebrata il 10 maggio.-da http://www.treccani.it/enciclopedia/santo-cataldo_(Dizionario-Biografico)/ ]

• 10.05: Memoria dell’Apostolo Simone lo Zelota
Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli
All’Apostolo Simone (Simone significa ‘colui che ascolta’), uno dei dodici discepoli del Signore, fu attribuito il soprannome di Cananeo: ma non sembra che questo indichi la sua provenienza da Canaan o da Cana di Galilea: la parola ebraica qana indicava il movimento degli zeloti. Perciò, anche se Matteo lo chiama ‘cananeo’ (Mt 10,4) e Luca lo chiama ‘zelota’ (Lc 6,15), il significato è uguale.
Gli zeloti erano un gruppo sociale a parte nella comunità giudaica al tempo di Cristo. Si proponevano di combattere i Romani invasori, perpetuando la tradizione dei ribelli Maccabei. Ma spesso molti di loro sfruttarono la lotta di liberazione per diventare tiranni della propria gente, commettendo varie azioni illegali a proprio beneficio: per questo, nel primo secolo d.C. c’era un diffuso malanimo nei confronti del movimento degli zeloti. I ladri crocifissi ai lati del Signore erano zeloti.
Non si sa se l’Apostolo fosse ancora appartenente al movimento o ne avesse fatto parte in precedenza: ma è più probabile questa seconda ipotesi, perché gli Zeloti erano contrari agli insegnamenti del Signore. C’è inoltre un’altra possibilità: che il soprannome facesse riferimento al suo zelo personale.
Alcuni identificano l’Apostolo con lo sposo delle nozze di Cana, quelle in cui il Signore operò il suo primo miracolo, trasformando l’acqua in vino. Ma questa affermazione non ha alcuna base storica, è solo un’ipotesi arbitraria.
Secondo la tradizione, l’apostolo Simone dopo la Pentecoste andò a predicare la divina Parola in Egitto e in Libia. Più tardi, si recò con l’Apostolo Giuda Taddeo in Mesopotamia e in Persia, dove fu arrestato e condannato alla morte per crocifissione.

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