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Sinassario | 8 luglio 2024

Ιούλ 7, 2024 | Συναξάρι

08.07: Memoria del nostro venerabile PADRE SAN TEOFILO IL MIROVLITA ( + 8 luglio 1548 )          

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

Libera traduzione da “ΛΕΙΜΩΝΑΡΙΟΝ ΙΕΡΑΣ ΜΟΝΗΣ ΠΑΝΤΟΚΡΑΤΟΡΟΣ”, Άγιον Όρος – Άθως 2011, pag. 71 – 76.

 

San Teofilo nacque nel 1470/80 a Zìchni di Macedonia da genitori pii e virtuosi che fin dalla fanciullezza lo avviarono agli studi. Ben presto divenne un valente calligrafo, studiando ogni giorno le Sacre Scritture e accrescendo le sue virtù. Da giovane abbandonò la patria, i genitori e tutti i suoi beni mondani. Divenne monaco nel 1504 con il nome di Teodosio. Nello stesso anno fu ordinato diacono, e due anni dopo presbitero dal Vescovo di Rendìni Acacio, con il quale aveva rapporti dalla fanciullezza. Trascorse alcuni mesi come predicatore, predicando il Verbo di Dio negli anni particolarmente bui del giogo ottomano. In seguito si recò alla Santa Montagna e andò presso il monastero di Vatopedi, al servizio del Vescovo di Mithymni Malachia che allora si trovava lì. Dopo la sua morte lasciò la Santa Montagna per accompagnare il Vescovo Acacio in una missione del santo Patriarca di Costantinopoli Nyfone presso il Patriarca d’Alessandria Gioacchino (1487 – 1567). Dopo un breve soggiorno al Sinai (1509) e un pellegrinaggio ai Luoghi Santi nel 1510, durante il quale morì Acacio, Teodosio tornò alla Santa Montagna dell’Athos nel 1511 e venne accettato al monastero di Iviron. Lì lavorò come calligrafo e con grande arte e cura copiò tutti i libri degli Offici. Dato che parallelamente viveva una vita austera ed ascetica, la fama delle sue virtù si diffuse e molti accorrevano presso di lui per ricevere insegnamento spirituale, specialmente gli abitanti di Tessalonica che non trovavano analoghi pastori. Con il pretesto della sua malattia si ritirò in esychia. Prima ricevette l’Abito (schìma) angelico dei monaci e prese il nome di Teofilo e successivamente rifiutò la proposta del Patriarca di Costantinopoli Theoklitos di accettare la dignità episcopale.

 

Desiderava però avidamente trascorrere tutta la sua vita nell’esychia e si stabilì nel 1517 nell’ Isichastirion del Venerabile Precursore del Monastero d’Iviron. In seguito fra il 1521/1522 passò prima da una kellion vicino Karyes, presso l’Anziano Cirillo, e si unì con stretti legami d’amicizia al successivo Protos Serafino, suo futuro biografo, andò a finire << al Monastero di Pantokratoros, nell’oratorio di San Basilio >> [1] nella regione di Kapsala. Lo restaurò con l’aiuto del Protos Serafino e vi dimorò con un suo discepolo, Isacco, conducendo una rigida vita ascetica. Nutrendosi dalle Sante Scritture e dai testi dei Padri Teofori benché la sua principale preoccupazione fosse la vita interiore della preghiera. Continuò ancora il lavoro di copista al punto che viene considerato uno dei migliori copisti del suo tempo. Conosciamo oggi più di quaranta manoscritti, sparsi in monasteri sia fuori che dentro dell’Athos, che trascrisse lui stesso.

 

Spesso, a margine dei manoscritti San Teofilo scriveva note personali e specialmente brevi preghiere. Alla fine di un manoscritto custodito nel Monastero di Pantokratoros ( num. 85) annota: << Miei santi Padri, pregate per me che pecco grandemente, affinché sia liberato dalle pene che giustamente mi sono riserbate poiché ho peccato e che indegno di tutto riesca a conseguire i beni eterni >>. Queste stesse parole dimostrano la profondità del suo pentimento e dell’umiltà, virtù che risaltavano San Teofilo e che mantenne fino alla fine della sua vita.

Avendo raggiunto con le imprese dell’ascesi e la preghiera nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo (Ef. 4,13) e divenuto dimora del Santo Spirito, seppe in anticipo il giorno della sua dipartita da questa vita e redisse il suo testamento. Un giovedì chiamò i preti che officiarono il Rito dell’Olio e chiese a tutti umilmente perdono. Il giorno seguente quindi stette silenzioso, si comunicò ai Incontaminati Misteri. Chiamò il suo discepolo e gli ordinò di non avvisare nessuno della sua prossima morte ma di buttare il suo corpo nella foresta affinché diventasse il pasto degli animali selvaggi. Quindi si distese in pace e disse:<< Signore, accetta il mio spirito! >> e dormì il sonno dei giusti domenica 8 luglio nel 1548 prima dell’alba.

 

Prima della sua morte, il Santo Beato Teofilo ha lasciato un testamento [3], nel quale fra l’altro scrisse:<< Poiché tutta la mia vita l’ho spesa in ogni peccato dissolutezza e opere che non sono gradite a Dio; e non credo di aver fatto la santa volontà di Dio né un giorno o un’ora, ma vivo pienamente come prigioniero nella volontà e nei desideri della carne, sono addolcito e sottomesso dalla passività dell’ignominia e dei discorsi sordidi, e sottomesso alla vanagloria, all’orgoglio, al desiderio di piacere agli uomini e all’amor proprio e all’ipocrisia, alla menzogna e alla maldicenza, alla condanna del mio prossimo e all’impressione che io conosco meglio le altre migliaia passioni della carne e dell’anima, che lascio da parte per la vergogna e per non scandalizzare molti. Quindi mi son adoperato in queste cose con zelo ed ardore e ancora mi adopero e son asservito, non con ignoranza ma con cognizione, e con mia consapevolezza mi ritengo debitore di migliaia di talenti, per tale ragione, ho ritenuto per me stesso che forse così mi debba accadere per alleggerirmi dai prossimi tormenti: dopo la mia deplorevole morte, avvolgete alla meno peggio il mio abietto e peccaminoso corpo: legate i piedi con una corda come un cane morto che giace al suolo, così dovrete buttare malamente il mio puzzolente corpo nella tomba, senza nessun canto, né incenso né una candela, poiché ho commesso le opere indegni della tenebra. E chi ribalterà il mio ordine… sarà imperdonabile. Ancora prego la vostra santità, se possibile di non degnarmi di una tomba ma di buttarmi in pasto ai cani, agli avvoltoi e ai cavalli selvaggi. Poiché, sebben razionale, ho compiuto le opere degli animali irrazionali >>.

 

Il suo discepolo Isacco obbedì al suo padre spirituale e buttò il suo corpo nella foresta. Però i monaci del Monastero di Pantokratoros [4] lo seppero e presto cercarono, trovarono il corpo e lo portarono al Monastero. Dopo diverse difficoltà il suo discepolo Isacco riuscì ad ottenere il corpo del Santo. Lo collocò nel suo Sacra Kellion, sotto il santo altare, dove iniziò ad emanare un soave unguento profumato, segno, come scrive San Nicodemo l’Aghiorita, dell’assoluta purezza del Santo, della astinenza, dell’imperturbabilità e della virtù, segno pure di una vita virtuosa che dedicò a Dio.

 

San Teofilo seppe unire con armonia (come fecero più tardi altri due santi del Monastero, San Nicodemo l’Aghiorita e San Paisio Velichofski ) le virtù di un sapiente scrittore a quelle del perfetto esicasta. Durante i suoi ultimi venticinque anni di vita, che trascorse nella kellion del Monastero di Pantokratoros, raccolse in abbondanza i frutti dell’ascesi e in assoluta umiltà valutò che non era niente, per questo il suo desiderio di non lasciare niente di suo in questa terra dopo la partenza della sua anima verso il Regno dei Cieli, neanche una tomba.

 

Il Monastero di Pantokratoros onora questo Padre teoforo, del quale custodisce nel katholikòn come assoluto tesoro il braccio destro, come uno dei suoi più grandi Santi.

 

Note:

1) Nota autografa del Santo Beato Teofilo nel manoscritto 809 d’Iviron.

NdT: secondo l’Archimandrita Antonio Scordino, trattasi forse dello stesso antico Monastero dei Calabresi.

2) Vedi manoscr. Pantokr. 85, f. 431v .

3) Vedi nota autografa nel manoscr. Ivir. 809, anno 1518.

4) Fino ad oggi si mantiene una particolare tradizione quella che i padri del Kellion di Pantokratoros della Divina Trasfigurazione, conosciuto anche come <<Mutàfi>>, passando dall’adiacente fossa, videro una colonna di luce scendere dal cielo fino alle reliquie di San Teofilo. Da allora i padri del Kellion, in onore del santo, curano di avere sempre di avere nella loro sinodia un monaco con il nome di Teofilo.

 

 

  • 08.07: Memoria di San Procopio di Cesarea, grande martire e dei santi Teodosia, Antioco, Nicostrato, suoi compagni

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

Il Santo grande martire Procopio nacque a Gerusalemme da un pio padre di nome Cristoforo, e da una madre pagana, Teodosia. Dopo la morte di Cristoforo, questa presentò Neania -questo era il nome del Santo- all’imperatore Diocleziano, che si trovava ad Antiochia in Siria. Diocleziano lo nominò governatore di Alessandria e lo mandò in quella città per punire i Cristiani. Sulla strada per Alessandria, nostro Signore parlò a Neania come una volta aveva fatto con Saul, e portò questo ennesimo persecutore alla fede in Lui. Neania tornò a Scitopoli e predicò Cristo. Fu tradito da sua madre e fu arrestato e torturato a Cesarea di Palestina. Mentre era in prigione, il Signore gli apparve di nuovo e gli diede il nuovo nome di Procopio (dalla parola greca che significa “progresso”). Fu condotto fuori dalla prigione e portato ad adorare gli idoli, ma per le sue preghiere quelli rovinarono a terra; molti allora credettero in Cristo e subirono il martirio, tra i quali alcuni soldati, dodici donne di rango senatoriale, e la stessa madre del Santo, Teodosia. San Procopio, dopo ulteriori tormenti e prigionia, fu decapitato intorno all’anno 290.

 

 

  • 08.07: Memoria di Sant’Anastasio di Ioannina, neomartire

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

Il glorioso ieromartire di Cristo Anastasio nacque a cavallo fra XVII e XVIII secolo. Proveniva dal villaggio di Agios Vlasios (Suvliasi, il nome più antico) di Thesprotia, vicino alla città di Igoumenitsa. Le informazioni che abbiamo di lui provengono dalla sua Vita, che è conservata nell’opera “Il Grande Sinassario della Chiesa ortodossa”, in cui ci si riferisce principalmente al suo martirio. Non sappiamo molto sulla sua infanzia e giovinezza, ma possiamo facilmente supporre che, nel periodo difficile in cui visse, era stato educato alle cose divine dalla sua stessa famiglia. La pia educazione e la successiva chiamata di Dio portarono il beato Anastasio alla decisione di unirsi al Sacro Clero e al ministero per Dio e per il popolo come Sacerdote.

Il Sinassario inizia il suo resoconto nel momento in cui, nella sua vita sacerdotale, era in servizio in un Tempio fuori dalla capitale Costantinopoli. In quel tempo ebbe luogo il martirio di San Costantino il russo (vedi il 21 maggio): sant’Anastasio sentì in se stesso accendersi il desiderio del martirio e prese a supplicare Dio ogni giorno di considerarlo degno di donare anch’egli il proprio sangue per la fede in Cristo.

A quel tempo viveva a Costantinopoli anche uno ieromonaco cipriota, che a causa della vita peccaminosa che aveva condotto era stato abbandonato dalla grazia di Dio, e a settanta anni, dopo aver perso la sua luce, rinnegò Cristo e abbracciò la fede di Maometto. I Turchi, come al solito in questi casi, gli offrirono molti doni e onori, e lui, accecato più spiritualmente che fisicamente, arrivò ad unirsi con gli sceicchi nella moschea Yeni e a predicare nei suoi corridoi, insegnando ai musulmani di passaggio i miti della loro religione, ricevendo da loro anche del denaro.

Un giorno però il Santo arrivò nella piazza, passò fuori dalla moschea e, vedendo un ex ieromonaco che insegnava ai Turchi, sentì una fitta al cuore e rimase lì ad osservare da quale altezza della verità in Cristo era caduto in quella profonda oscurità, come il padre del male, Lucifero. Vedendo Anastasio pensieroso, i Turchi di passaggio gli dissero nei soliti loro modi rozzi: “Ecco, prete, vedi questo sceicco? Anche costui era sacerdote, ha conosciuto la nostra fede ed è diventato un turco. Dai, anche tu, diventa un turco per guadagnare il Paradiso. Queste e altre cose simili furono dette dagli Agareni. Allora Sant’Anastasio aprì la sua bocca benedetta e rispose loro con parole dure ma vere. “Oh ciechi e ingannati, perché lo ascoltate? Ciò che vi dice sono tutte bugie. Voi, che siete turchi di sangue, avete messo una persona così a insegnarvi la fede? Colui che Dio ha abbandonato per le sue cattive azioni e ha rinnegato la sua fede, nella sua vecchiaia? […v. www.saint.gr]».

 

Dette queste cose con grande coraggio nella lingua turca, il Santo tacque. Gli Agareni, ascoltato tutto, si scaraventarono verso di lui con odio, lo afferrarono e lo condussero dal Cadì, cioè il giudice musulmano, e da lì dal Visir. Il Martire ripeté loro le stesse parole, così decisero di esiliarlo sull’isola di Chio. Quando stava per salire sulla nave per l’esilio, il Santo, infiammato dal desiderio del martirio, in modo astuto ingannò le guardie, così da farsi riportare davanti al Visir, al quale disse: “Maestro illustrissimo, perché mi mandi in esilio? Perché ti ho detto la verità? Piuttosto, dovrei essere onorato, non condannato all’esilio. Ma voi non volete ascoltare la verità, per questo mettete ciechi e ingannati ad insegnarvi”.

Così fortemente e coraggiosamente schernì la religione dei turchi e confessò la fede dei cristiani, confessando così il nostro Signore Gesù Cristo come Dio vero, con il Padre e lo Spirito Santo e tutta la sua economia dell’incarnazione, che tutti coloro che lo ascoltavano rimasero senza parole. Incapaci di tenere sotto controllo una tale voce della verità, per ordine del Mufti, il Santo fu inviato alla decapitazione di fronte alla Moschea Yeni. Così il tre volte beato Anastasio ricevette la corona del martirio, che con tanta intensità aveva desiderato, e la sua santa anima volò via per recarsi vicino a Cristo Salvatore, che fin dall’infanzia aveva amato. Era l’8 luglio del 1743.

Dopo la recisione della sua prezioso testa, una luce dal cielo apparve di notte sulle Sante reliquie dello ieromartire, notate dalle guardie che le custodivano e da coloro che passavano di lì, Cristiani e Turchi e tutti si meravigliavano per lo spettacolo strano. Gli Agareni furono svergognati da questo segno divino e i Cristiani presero a glorificare Dio, che dona in contraccambio la gloria ai Suoi fedeli servitori. In seguito, le sante reliquie furono consegnate ai Cristiani per la sepoltura. Sfortunatamente, la tradizione non ha riportato il luogo di sepoltura del martire, né altre informazioni sul santo martire dopo la sua morte.

 

 

 

  • 08.07: Memoria di sant’Adriano III, papa di Roma antica

Archimandrita Antonio Scordino

Di lui si sa che era romano e che quando fu eletto papa di Roma Antica, nell’884, condannò l’eresia del Filioque e si affrettò a mettersi in comunione con san Fozio, arcivescovo di Nuova Roma; si addormentò in pace nell’anno 885.

 

 

  • 08.07: Rinvenimento dell’icona della Madre di Dio di Kazan

A Kazan, nel 1579, una bambina di nove anni, di nome Matrona, fece un sogno in cui vide un’icona della Madre di Dio e udì una voce che le ordinava di recuperare quest’icona dalle ceneri della casa dei genitori che era andata completamente bruciata in un incendio. L’icona fu ritrovata avvolta in un vecchio pezzo di stoffa sotto la stufa, dove avrebbe potuto essere stata nascosta durante le incursioni dei Tartari. L’icona venne portata alla Cattedrale dell’Annunciazione della Theotokos, dove divenne famosa per le guarigioni a favore dei ciechi che la Madre di Dio operò per suo tramite; da qui l’abitudine di pregare davanti a questa santa icona per aiutare nella cecità e nelle malattie degli occhi. Lo zar Ivan il Terribile fece costruire un monastero sul luogo del rinvenimento dell’icona; questo, tuttavia, fu distrutto dai bolscevichi dopo la rivoluzione, per edificare, al suo posto, una fabbrica. La festa fu istituita nel 1595. L’icona di Kazan è una delle icone più amate della Madre di Dio in Russia. (da www.goarch.org)

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