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Sinassario | 4 novembre 2024

Νοέ 3, 2024 | Συναξάρι

  • Il santo e pio imperatore GIOVANNI III DUKAS VATATZIS, il MISERICORDIOSO

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

Questo santo e pio imperatore amico di Cristo nacque nel 1193 dall’illustre famiglia dei Dukas. Nel 1204, dopo la presa di Costantinopoli dai crociati latini, l’impero bizantino si trovò diviso in quattro reami rivali: l’impero latino di Costantinopoli, l’impero di Nicea in Asia Minore dove si ripiegarono l’imperatore legittimo e il patriarca ecumenico, il despotato d’Epiro in Grecia occidentale e il reame bulgaro di Giovanni II Asen. Nel 1222, Giovanni prese la successione di suo zio Teodoro Lascaris, che era morto senza figli e che aveva permesso, grazie alla sua abile politica la riorganizzazione delle forze bizantine sul modello dell’antica Bisanzio. Giovanni mostrò da subito delle qualità eccezionali di politica e di imperatore cristiano. Egli fu il più grande dei sovrani dell’impero di Nicea e il più ammirevole degli imperatori di Bisanzio. Grazie ad una successione di brillanti vittorie militari ed a un gioco di alleanze intelligenti, si assicurò in qualche anno il controllo dell’Asia Minore e riguadagnò la maggior parte dei territori che erano tra le mani dei latini. Egli si impadronì anche di Adrianopoli, in prossimità di Costantinopoli, tanto che alla sua morte, nel 1254, l’impero di Nicea occupava praticamente il territorio dell’impero bizantino prime della conquista latina. Non rimaneva altro che impadronirsi della capitale: ciò che fu compiuto dal successore, Michele Paleologo, nel 1261.

Animato da zelo ardente per il bene della Chiesa, Giovanni III iniziò numerose trattative con il papa di Roma, Gregorio IX, in vista dell’unione delle Chiese. Nel 1232, si riunì un concilio nella capitale dell’impero di Nicea, Nymfeon. I rappresentanti ortodossi, alla testa dei quali si trovava il patriarca Germano II (1222 – 1240) ed il celebre Niceforo Blemmydèe (1197 – 1272), mostrarono una attitudine conciliante ed accettarono di ricevere una formula di compromesso riguardo al problema della processione del Santo Spirito (<< procede da Padre attraverso il Figlio >>). Ma ciò fu invano, poiché il papa si ostinava a sostenere l’impero latino di Costantinopoli. Sotto il suo successore, Innocenzo IV, le discussioni proseguirono ed il papa parve disposto ad abbandonare le sue pretese su Costantinopoli. Sembrava prossima l’Unione, ma non fu mai decisa, a causa dell’opposizione del patriarca Germano II che mantenne un’attitudine più ferma sul piano del dogma.

Il pio imperatore aveva un carattere dolce, semplice ed umile. Tutti potevano avvicinarlo, ricevendo da lui sostegno e compassione. Egli fu il protettore zelante di tutti coloro che soffrivano l’ingiustizia, in particolare dei contadini oppressi dai grandi proprietari. Egli si impegnò a riorganizzare l’agricoltura e l’allevamento, al fine di garantire il benessere dei suoi sudditi e la giustizia. Un giorno che incontrò suo figlio, vestito di ricchi abiti ed in partenza per la caccia, lo riprese severamente dicendogli:<< Come puoi tu consumare il denaro dei tuoi sudditi in vane occupazioni? Non sai che questi tessuti preziosi e questi ricami sono fatti del sangue dei romani (i.e. bizantini) e che tu devi rendere loro conto di ogni spreco, poiché la ricchezza dei re è quella dei loro sudditi? >>. Giovanni era una vera forma di misericordia e di generosità e perciò gli venne attribuito il titolo di Giovanni il Misericordioso. Egli fece costruire ed abbellire numerose chiese per la gloria di Dio e mostrò un profondo rispetto per i monaci e la gerarchia della Chiesa.

Si addormentò in pace nel 1254 e fu sepolto nella chiesa che egli aveva fatto costruire a Magnesia. Quando venne aperta la sua tomba sette anni più tardi, si scoprì che il corpo era incorrotto e liberava un soave profumo.

  • Memoria del Santo Ioannichio il Grande

Ambrogio vescovo di Milano nella sua predica “exhortatio virginitatis” tenuta a Firenze nel 393 ci fa sapere che Vitale era schiavo di Agricola e fu condannato al supplizio insieme al suo padrone. Vitale subì per primo il martirio. I persecutori, per indurlo a rinnegare la sua fede cristiana, «sperimentarono in lui – afferma Ambrogio – ogni genere di tormento, così che nel suo corpo non vi era più parte alcuna senza ferite». Spirò invocando il nome di Gesù. “Al momento di spirare disse con dolcezza: “Signore Gesù Cristo, mio Salvatore, mio Dio, accogli la mia anima, perché desidero ricevere la corona che il tuo santo Angelo mi ha mostrata” Col supplizio di Vitale i carnefici cercarono di impaurire Agricola e indurlo ad abiurare il cristianesimo, ma vista l’inutilità di questo e altri tentativi, lo crocifissero.

Da nessuna fonte antica ci è stata tramandata l’epoca del loro martirio. Tuttavia alcuni studiosi ritengono probabile che Vitale e Agricola siano state vittime della persecuzione dell’imperatore Diocleziano (284-305). Gian Domenico Gordini scrive: “I loro corpi furono sepolti nel cimitero giudaico, ma è ignoto il motivo di questo fatto; erano forse di origine giudaica? Certo la crocifissione di Agricola fa supporre che non fosse cittadino romano, poiché per essi la pena capitale era normalmente la decapitazione.”

Nel 393 furono trovati i corpi dei due martiri alla presenza del vescovo di Bologna Eustasio, del popolo e di Ambrogio, il quale nel raccontare il fatto dice: “cogliemmo i chiodi del martirio e tanti furono, che convenne dire che più fossero le ferite che le membra e ne raccogliemmo pure il sangue trionfale e il legno della croce”.

La narrazione del martirio di Vitale e Agricola e del ritrovamento dei loro corpi, scritta da Ambrogio, contribuì alla diffusione del culto dei due santi. Reliquie di Vitale e Agricola da Bologna furono portate a Firenze e a Milano da Ambrogio; altre reliquie ottennero Paolino, vescovo di Nola, Vittorio, vescovo di Rouen e Namazio, vescovo di Clermont. Se ne conservano anche nella chiesa di San Giuseppe della città di San Salvo (in provincia di Chieti).

Nel 409 Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio I, si trasferì da Milano a Ravenna portò con sé le reliquie di San Vitale (traslate come già detto da Bologna al capoluogo lombardo da Ambrogio) e dei santi Gervasio e Protasio, martiri milanesi.

A Bologna ove Vitale aveva realmente subito il martirio, la sua morte, con quella di Agricola, è celebrata il 4 novembre come risulta dal calendario liturgico locale, risalente al IX secolo. A Fuorigrotta, zona suburbana di Napoli sin dal tempo dell’Impero Romano, è documentata nel 985 l’esistenza di una cappella o di un oratorio dedicato a san Vitale. Il suo culto, con molta probabilità, giunse a Napoli quando la città e il suo territorio, dal 553 al 661, furono un ducato bizantino dipendente da Ravenna.

I rapporti fra le due città dovettero continuare anche dopo, se si considera che a Napoli nel 763 c’era una domus cioè una casa appartenente alla Chiesa ravennate e che il calendario liturgico napoletano, scolpito su due grandi lastre di marmo dopo la metà del IX secolo, assegna al 28 aprile, come a Ravenna, la commemorazione di san Vitale.

  • Memoria di San Gregorio di nazionalità greca, monaco a Cerchiara in Calabria e poi fondatore in Germania di un monastero nella città di Burtscheid in Renania nel territorio di Aquisgrana (verso il 999)

Secondo la Vita sancti Gregorii abbatis prior (il testo agiografico latino scritto subito dopo la morte del santo sulle testimonianze di tre confratelli di Gregorio, Andrea, Saba e Serio), Gregorio nacque da Licasto e Anna, in una zona imprecisata tra la Calabria  e la Basilicata, territori greci L’origine nobile della famiglia spinse la madre, dopo la morte di Licasto, ad organizzare per il figlio un matrimonio con una giovane e ricca fanciulla. Gregorio però, rifiutando il progetto materno, si recò segretamente a Cassano dal vescovo greco David per il servizio nella Chiesa Dopo un anno, a seguito di un’apparizione angelica, Gregorio abbandonò la sede vescovile per l’isolato monastero costantinopolitano di Sant’Andrea, nei pressi dell’odierno santuario della Madonna delle Armi a Cerchiara in Calabria Qui entrò a far parte della comunità monastica diretta dall’ igumeno   Pacomio.

Divenuto egli stesso abate del monastero alla morte di Pacomio, trascorse le giornate leggendo e trascrivendo codici; lavorando nei campi con le proprie mani, con continue veglie e lunghi digiuni. Ricca è poi la sua attività taumaturgica: liberò infatti indemoniati, guarì malati, ridonò la vista ai ciechi.

A causa dell’incursione araba-sicula del 987-988  che interessò direttamente anche il circondario di Cerchiara  Gregorio, dopo essersi miracolosamente liberato da una truppa saracena che aveva cercato di immolarlo su una pira, fuggì per recarsi in un monastero a Buccino nella Valle del Diano Tuttavia la grande notorietà acquisita dal monaco calabrese giunge anche al  Catapano di Bari il quale tentò di condurlo a Costantinopoli  alla corte imperiale. Gregorio però fuggì di nuovo e raggiunse Roma  dove fondò un oratorio intitolato al San Salvatore. Qui frequentò il celebre monastero romano dei Santi Alessio e Bonifacio, tra i più importanti centri di incontro tra Oriente e Occidente, venendo a contatto, tra gli altri, Teofano Adalberto da Praga Nilo da Rossano ed Ottone III.

Fu proprio il giovane imperatore sassone a condurlo a Burtscheid nei pressi di Aachen), per fondare nel 997-998  un nuovo monastero intitolato ai Santi Nicola e Apollinare di cui fu il primo abate . A Burtscheid Gregorio morì il 4 novembre del 999.

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