- Memoria dei Santi Anargiri e taumaturghi, COSMA e DAMIANO
a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria
San Cosma e Damiano erano fratelli secondo la carne ed originari d’Asia (regione di Efeso). Il loro padre, un nobile pagano, abbracciò la fede cristiana qualche tempo dopo le loro nascite. Ma la sua morte prematura lasciò i due bambini alle uniche cure della loro pia madre, Teodota, che era già cristiana da ragazza e si applicò a crescere i due figli nella pietà e nell’imitazione delle virtù. Cosma e Damiano furono istruiti nelle varie scienze del tempo ma essi abbandonarono ben presto queste vane conoscenze per dedicarsi all’arte medica e liberare il loro prossimo da ogni malattia e infermità. Allo stesso modo degli Apostoli inviati in missione da Cristo (Mat.10) essi ricevettero il potere di scacciare gli spiriti impuri e di guarire ogni sorta di malattia senza altro rimedio che la loro preghiera. Avendo ricevuto gratuitamente la grazia del Santo Spirito, questi nuovi Apostoli donavano gratuitamente, curando senza alcuna esitazione i ricchi come i poveri, gli stranieri come i loro connazionali, senza mai chiedere niente come contropartita. La loro carità era tale, che prodigavano i loro meriti perfino agli animali senza ragione. Benché versati nella scienza medica, essi non utilizzavano in guisa di rimedio, di bisturi o di impiastro, altro che il nome vivificante di Cristo e aggiungevano la predicazione del Vangelo della Salvezza alla guarigione così come se in essi ci fosse il Cristo Medico stesso che proseguiva l’opera e guariva le anime e i corpi. Si accorreva da tutti i luoghi verso la loro dimora, e ognuno vi trovava guarigione e conforto nella misura della sua fede.
San Damiano, il più giovane dei due fratelli si addormentò per primo in pace, seguito poco tempo dopo da suo fratello Cosma. In seguito, moltitudini di cristiani non cessarono di affluire verso la chiesa che era stata costruita sul luogo delle loro tombe, a Fereman. Le loro preziose reliquie e la loro icona erano una sorgente abbondante di guarigioni per i malati che vi accorrevano e che soggiornavano più giorni nella chiesa con preghiere e suppliche. Nessuno andava via senza aver ricevuto guarigione o la forza di sopportare con pazienza la malattia permessa da Dio per la salute della loro anima.
* La prima delle tre coppie di santi dello stesso nome è distinta secondo la tradizione. Cf. 17 ottobre
- Memoria dei Santi Martiri Oronzo primo vescovo di Lecce, San Fortunato suo nipote secondo vescovo e il laico San Tizio Giusto ai tempi della persecuzione di Nerone dall’anno 68 all’anno 70
Oronzo che prima del battesimo si chiamava Publio , era un abitante pagano di Rudiae, antica località nei pressi dell’odierna Lecce. Secondo la tradizione , nacque nella città salentina ventidue anni dopo la nascita di Cristo.
Il padre era tesoriere dell’imperatore e, all’età di trentacinque anni, Oronzo(che allora si chiamava Publio) succedette a lui in questo incarico. Mentre era a caccia insieme al nipote Fortunato, console della città, lungo la spiaggia di San Cataldo, incontrò san Giusto, inviato da san Paolo a Roma per consegnare alcune lettere apostoliche(che alcuni studiosi ipotizzano trattasi della famosa “lettera ai Romani”) Infatti nel suo viaggio però Giusto era stato sorpreso da una violenta tempesta lungo il canale d’Otranto. Naufragato nel porto romano che a quei tempi era conosciuto come “Porto Adriano” (presso la spiaggia dell’attuale San Cataldo), Giusto fu qui soccorso e salvato da Publio e da suo nipote Fortunato. Publio ospitò Giusto nelle sue dimore, e da lui apprese la vita e le opere di Gesù. Publio e Fortunato abbracciarono subito la fede cristiana; ed entrambi chiesero di essere battezzati, cosa che avvenne lo stesso giorno dell’incontro con Giusto. Da allora Giusto, Publio e Fortunato cominciarono a predicare il Vangelo; evangelizzarono il Salento (del I sec d.C.) sino al nord barese e riuscirono a convertire i pagani al Cristianesimoe furono denunciati dai sacerdoti pagani al pretore romano, che impose loro di offrire incenso a Giove nel tempio a lui dedicato. A questa imposizione i tre si opposero e professarono la loro fede. Il pretore li condannò alla flagellazione e li fece rinchiudere in carcere.
Appena scarcerati, Giusto ripartì per Roma per consegnare la sua lettera. Quando tornò a Lecce, Publio, Giusto e Fortunato si recarono a Corinto, dall’Apostolo Paolo, il quale narrò a Publio la vita di Gesù e della sua “risurrezione”. Fu così che Publio cambiò il suo nome in Oronzo, il cui significato etimologico è : “risorto”. Secondo la tradizione l’apostolo Paolo in persona gli impose le mani consacrandolo primo Vescovo della Iapigia (l’attuale Puglia); Paolo diede a Oronzo quale compagno di apostolato il laico Tizio Giusto, e nominò Fortunato successore di Oronzo.
Tornati nell’attuale Salento, Giusto, Oronzo e Fortunato ricominciarono a predicare il cristianesimo. Ma le persecuzioni dell’imperatore Nerone (64 d.C.) contro i Cristiani erano molto repressive. E quando Nerone inviò a Lecce il ministro Antonino, Oronzo e Giusto furono costretti ad un esilio forzato da Lecce. Fortunato rimase a Lecce come vescovo della locale comunità cristiana Così intrapresero, un lungo viaggio missionario, che li portò in varie città della Puglia e della Lucania. Per sfuggire alle persecuzioni di Nerone e del suo Ministro Antonino e grazie anche all’aiuto delle popolazioni convertite, posero nel sottosuolo delle grotte carsiche i loro luoghi del culto cristiano. Si rifugiarono prima a Ostuni, poi a Turi dove, nella “grotta” (che sarà detta di san Oronzo) predicavano il Vangelo. Qui Oronzo battezzava e celebrava l’Eucarestia. Ma saranno perseguitati anche a Turi. Quindi Oronzo e Giusto si recarono a Siponto, a Potenza, a Taranto, infine ritornarono a Lecce, dove Oronzo consacrò a Maria Madre di Dio la prima chiesa. Nella città di Lecce (pare che) fecero a pezzi una statua di Giove, e dopo pochi giorni distrussero la statua di Marte posta fuori la città.
In seguito tornarono quindi a Turi, dove entrambi furono trovati dai legionari e ricondotti a Lecce, dove al termine di un processo sommario furono accusati di perduellio (alto tradimento nei confronti degli dei dell’Impero) e nuovamente arrestati insieme con Fortunato Quindi vennero condannati a morte per decapitazione, secondo le leggi dell’ordinamento romano della persecuzione di Nerone. E non poté nulla neanche l’intervento dello stesso apostolo Paolo, che nel frattempo era divenuto cittadino di Roma. Dopo undici giorni di carcere (molto tormentato), furono condotti a tre chilometri da Lecce lungo la via per il mare, e lì furono sottoposti a supplizi e violenze, prima di essere martirizzati mediante decapitazione e nella tradizione latina furono uccisi all’alba del 26 agosto del 68 mediante ascia
I loro corpi furono pietosamente ricomposti e portati in gran segreto in una casupola di campagna di proprietà di una matrona cristiana, di nome Petronilla. Sul luogo della loro decapitazione oggi sorge il tempio di san Oronzo fuori le mura, detto in dialetto “Capu te Santu Ronzu”. Una tradizione narra che la testa di san Oronzo sia rotolata sino alla vicina Campi Salentina e che dove si fermò, sia sorta la chiesa a lui dedicata.
- Memoria del nostro santo Padre teoforo DAVIDE dell’Eubea
a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria
Il nostro santo padre Davide nacque all’alba del 16°sec. nel villaggio di Gardinitsa (attuale Kyparissi), sul bordo del mare, di fronte all’isola Eubea. Suo padre era un prete pio e virtuoso. Quando aveva appena tre anni, Davide vide una notte il santo Precursore Giovanni Battista apparirgli e condurlo nella chiesa vicina che a lui era dedicata. Egli restò là, in piedi e scalzo per sei giorni, immerso in contemplazione avanti all’icona del precursore. Così abituato fin dalla giovane età all’obbedienza verso i genitori, all’ascesi e alla preghiera continua, lasciò la casa familiare all’età di quindici anni, per andare alla ricerca di un padre spirituale. Egli lo trovò nella persona dello ieromonaco Acakio, celebre per le sue virtù e la predicazione del Vangelo che dispensava di villaggio in villaggio. Davide rivestì l’abito monastico nel monastero di Acakio e mostrò una perfetta obbedienza, aggiunta all’umiltà e alla preghiera attenta e continua. Poiché il suo Anziano desiderava trovare un monastero più avanzato nella vita spirituale, egli lo seguì a Ossa, presso il monte Olimpo, poi, dopo essere stato ordinato diacono, al monte Athos per un lungo pellegrinaggio nei diversi monasteri. Acakio andò da solo a Costantinopoli lasciando Davide a grande Lavra e fu consacrato metropolita d’Artes e di Naupactos dal patriarca Geremia e chiamò qualche tempo dopo Davide nella sua diocesi per dargli aiuto nei compiti pastorali . Benché occupato nel mondo, Davide non tralasciò per nulla i suoi digiuni, le sue preghiere dell’intera notte, le sue innumerevoli prostrazioni e l’obbedienza assoluta al suo padre spirituale. Egli divenne prete e fu nominato egumeno del monastero della Madre di Dio, detto di Barnakovas (presso Naupactos). Ma il suo zelo e le sue esigenze spirituali si scontravano là con dei monaci negligenti e desiderosi di fare solo la volontà propria. Egli lasciò dunque questo monastero per partire alla ricerca di un luogo propizio alla solitudine (esichia). Egli si installò in un luogo deserto, sul monte Steiri (presso Parnaso) dove fu assalito da numerose tentazioni di demoni. Accusato di aver accolto uno schiavo fuggitivo, fu catturato dai turchi e lungamente torturato, poi liberato grazie ad un riscatto raccolto dai fedeli del luogo, partì per trovare un nuovo ritiro nell’isola di Euripo. Qui costruì una chiesa dedicata alla Trasfigurazione e non tardò a raccogliere qualche discepolo che divideva il suo modo di vita ed il suo amore per la preghiera. Ad imitazione del Cristo, Davide mostrava un amore senza limiti per tutti quelli che andavano da lui, in particolare per i poveri che non poteva vedere senza versare lacrime. Egli distribuiva senza conto i beni del monastero a chi ne aveva bisogno, degno o indegno, cristiano o musulmano. Egli trascorse così numerosi anni, spandendo attorno a lui un riflesso della presenza di Dio attraverso le virtù ed i suoi innumerevoli miracoli. In viaggio per servire da mediatore nelle dispute che dividevano i vescovi del Peloponneso, fu miracolosamente salvato da un naufragio. Dotato del carisma di chiaroveggenza, aiutò numerose anime a trovare la salvezza e conobbe prima il giorno della sua morte. Riunì allora i suoi discepoli, diede loro le sue ultime istruzioni spirituali e si addormentò nella pace nel momento in cui confidava a quelli intorno a lui che il Cristo era venuto in apparizione. Dopo la dormizione del santo, numerosi miracoli ebbero luogo sulla sua tomba.