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Sinassario | 3 luglio 2025

Lug 2, 2025 | Sinassario

  • Memoria del nostro santo padre fra i santi Cirillo vescovo di Reggio, (8° secolo)                    

a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria

Di lui si sa solo quello che si legge in una Vita di san Leone il Taumaturgo (vescovo di Catania ): fu uomo illustre di nascita e ancor più per le opere, anziano ma ancor più maturo per la saggezza, splendido nella fede, ammirevole nella speranza, di grande carità, misericordioso, venerabilissimo e arcivescovo di non trascurabile memoria. Superava chiunque in Calabria per vita, costumi, esempio, dottrina, consiglio.

Secondo storiografi reggini, prima di diventare vescovo Cirillo fu eremita sul monte Gonì (detto anche Santa Penitenza ) dove sino al 15° secolo sorgeva la Motta ( città fortificata ) di San Cirillo.

  • Memoria del trasferimento delle reliquie del Metropolita Filippo di Mosca

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

Oggi si commemora il trasferimento delle reliquie sante e incorrotte di San Filippo dal Monastero delle isole Solovki, di cui era igumeno, alla Cattedrale della Dormizione di Mosca, la sede della sua Metropolia. Molti miracoli avvennero alla presenza delle sante reliquie. Tutto questo ebbe luogo nel 1652, circa ottant’anni dopo il suo martirio a Tver, avvenuto per mano di sicari inviati da Ivan IV il Terribile. Lo Zar, conoscendo la statura spirituale dell’igumeno, lo volle in un primo tempo come Metropolita di Mosca: ma in seguito, non sopportando il coraggio con cui quello lo fronteggiava, rimproverandolo delle sue discutibili azioni e del clima di terrore in cui versava la Russia, si risolse ad eliminarlo.

  • Memoria di San Gerasimo di Karpenissi, martire

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

San Gerasimo il Giovane proveniva dal villaggio di Karpenissi, nella Grecia centrale, e si chiamava Giorgio. All’età di undici anni andò a Costantinopoli e trovò impiego in un negozio di generi alimentari.

Un giorno portava un vassoio di bronzo sulla testa, con dello yogurt in vasi di terracotta. Ad un certo punto, però, scivolò; sia il disco che i vasi caddero e si ruppero. Mentre piangeva lungo la strada per la sfortuna che gli era capitata, fu avvicinato da una distinta signora ottomana che lo consolò. Poi, con varie astuzie, lo ingannò e riuscì a farlo diventare musulmano.

Dopo alcuni anni, Giorgio capì il suo peccato e partì per la sua patria. In seguito andò al Monte Athos, prese l’abito monastico e il nome di Gerasimo.

Desiderando il martirio, ritornò nella capitale e rinnegò l’Islam. Quindi, di fronte al suo ex padrone, coraggiosamente confessò la sua fede in Cristo. Nonostante le adulazioni e le torture, Gerasimo rimase fermo nella sua fede. Quindi, il 3 luglio 1812, all’età di 25 anni, venne decapitato. La reliquia del Santo fu sepolta dapprima sull’isola di Proti. In seguito fu trasferita al Santo Monastero di Proussos e da lì, nel 1971, nell’omonimo maestoso tempio del suo villaggio.

  • Memoria di San Giacinto il cubiculario (ciambellano)

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

San Giacinto, originario di Cesarea di Cappadocia, era un uomo dai costumi raffinati, e divenne il cubiculario (addetto ai servizi degli appartamenti interni) dell’imperatore Traiano (98-117). Era molto scrupoloso nell’esecuzione dei suoi compiti. Era cauto, distaccato dall’ambiente del Palazzo: la sua anima era interamente rivolta al Signore Gesù Cristo. Per questa ragione, quando Traiano prese a perseguitare i Cristiani, Giacinto non esitò a confessare la sua fede. Traiano ne fu sorpreso e lo accusò di ingratitudine, vista la fiducia e la reputazione che il Palazzo gli aveva offerto. Allora Giacinto con calma gli rispose: ‘Se la gratitudine è virtù, o Sovrano, con quali scuse potrò negare il mio Salvatore Gesù Cristo, che ha versato per me il suo sangue, che mi ha dato fede, speranza, amore, che mi dà un porto nelle tempeste dell’anima, conforto nel dolore, sicurezza tra le onde della vita, coraggio nelle prove? Lui che mi riserva una partecipazione eterna al suo regno e alla sua gloria?’ Traiano, molto dispiaciuto da queste parole, ordinò che venisse imprigionato senza cibo, a meno che non volesse mangiare quello offerto agli idoli. Giacinto trascorse così quaranta giorni, senza toccare quel cibo. Nel quarantunesimo, consegnò la sua anima a Dio, nell’anno 108.

  • Memoria di Sant’Anatolio, Patriarca di Costantinopoli

Vicariato Arcivescovile della Campania- Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Napoli

Sant’Anatolio era un sacerdote di Alessandria, ordinato al diaconato e forse anche allo stesso sacerdozio da san Cirillo, arcivescovo di Alessandria. Nel 449, in occasione del ‘latrocinio’ di Efeso, l’infame successore di San Cirillo, il violento Dioscoro, in modo illegittimo depose il Patriarca di Costantinopoli Flaviano, avversario del monofisita Eutiche; Flaviano, a seguito delle percosse ricevute, morì poco dopo. Dioscoro, pensando che il sacerdote Anatolio lo avrebbe sostenuto, lo consacrò patriarca di Costantinopoli al posto di Flaviano. Dopo essere stato consacrato da Dioscoro – che a quel tempo non era ancora stato deposto – Anatolio si unì agli ortodossi; prima del Concilio di Calcedonia del 451, tenne un consiglio dei Vescovi a Costantinopoli, in cui il “Tomo” ortodosso di Papa Leone, di cui Dioscoro non aveva permesso la lettura ad Efeso, venne letto e approvato; e al Concilio di Calcedonia del 451 condannò Nestorio, Eutiche, e, per le sue azioni illegittime, Dioscoro stesso. Sant’Anatolio morì nell’anno 458. Alcuni attribuiscono a questo Anatolio gli inni dei Vespri e le Lodi nell’ Octoichos chiamati Stichirà anatolikà; ma altri (sembra più correttamente), li attribuiscono ad un altro Anatolio, del Monastero di Studion, discepolo di san Teodoro Studita, una cui lettera a questo Anatolio è ancora esistente.

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