- Memoria del santo martire MAMANTE
a cura della Chiesa Greco-Ortodossa di San Paolo Apostolo dei Greci, Reggio di Calabria
╬ Il 2 di questo mese memoria del santo martire MAMANTE.
San Mamante era originario di Gangres in Paflagonia (Asia Minore). I suoi genitori, Teodota e Ruffino, erano fedeli cristiani e confessori della fede, furono catturati dai pagani e imprigionati perché rifiutarono di rinnegare Cristo. E fu proprio in prigione che Mamante nacque nel 260. I suoi genitori trovarono la morte in prigione ed il piccolo orfano fu adottato da una pia donna di nome Ammiana [1]. Poiché balbettando chiamava spesso la sua madre adottiva, lo si soprannominò Mamante.
Arrivato all’età di quindici anni, Mamante fu a sua volta catturato dalle truppe imperiali per aver rifiutato di sacrificare agli idoli, conformemente ai santi principi che Ammiana aveva lasciato prima di morire, e per aver trascinato i suoi compagni a seguire il suo valente esempio. Fu subito portato da Democrito, governatore di Cesarea di Cappadocia, poi comparve avanti allo stesso imperatore Aureliano. Il tiranno cercò di convincere il giovane e fragile ragazzo con parole dolci e accattivanti; ma trovò l’anima di Mamante più solida del diamante e più bruciante di zelo divino che la fornace più ardente. Aureliano fu preso da grande furore nel vedere un giovane ragazzo tenergli testa, proprio a lui il sovrano più grande del mondo. Egli lo liberò a crudeli torture: fuoco, colpi, bastonate. Pensando che la sofferenza avesse convinto Mamante, gli disse:<< Dici solamente che sacrificherai agli idoli e ciò basterà perché io ti liberi >>. Mamante rispose: << Né con il cuore, né con le labbra, io rinnego il Cristo mio Salvatore, o Imperatore; io ti ringrazio perché mi permetti attraverso questi supplizi di trarre vantaggio e di unirmi a Cristo mio Re, che ha sofferto per la mia salvezza >>. Allora il suo corpo venne bruciato con delle torce infuocate, vennero colpite le membra a colpi di pietre, poi lo si gettò a mare dopo avergli attaccato una grossa palla di piombo al collo. Ma egli fu miracolosamente liberato da un Angelo di Dio, che lo trasportò su una alta montagna che si trovava a strapiombo sulla città di Cesarea. Egli visse là, glorificando Dio con la preghiera ininterrotta, in compagnia delle bestie selvatiche che gli offrivano il loro latte come nutrimento.
Qualche tempo più tardi, fortificato da un segno divino, egli scese spontaneamente a consegnarsi ad Alessandro, nuovo governatore di Cappadocia. Egli fu sottoposto a nuove torture, che ebbero come effetto quello di mostrare con più chiarezza la presenza della grazia di Dio nella sua anima e nel suo corpo. Lo si gettò in una fornace ardente, dove rimase, come i tre giovani ebrei nella fornace di Babilonia, a cantare la gloria di Dio, protetto dai morsi delle fiamme da una rugiada divina. Poi i soldati gli perforarono i visceri con un forchettone, e Mamante trovò la forza di uscire dalla città prima di rendere la propria anima a Dio. Si udì allora una voce provenire dall’alto che chiamava il santo per andare a riposarsi dalle fatiche nelle dimore eterne.
Note:
1) Alcuni autori Matrona.