- Memoria del santo martire Nicola il Kirieleison
Archimandrita Antonio Scordino
Egli nacque nel 1075 circa a Stiri, un villaggio tra Itea e Livadia, i genitori erano poveri agricoltori; la madre lo mandava a pascolare le pecore. Tale lavoro non durò a lungo poiché un giorno, all’improvviso, cominciò a esclamare a gran voce: Kyrie, eleison! La madre fu molto turbata e cominciò a ricorrere a minacce e sferzate, nell’intento di costringere il figlio ad abbandonare quella che lei considerava una grande stoltezza. Quando però si rese conto di non riuscire a distoglierlo dalla via intrapresa, lo cacciò di casa. Nicola aveva dodici anni quando lasciò il villaggio e salì su un monte altissimo, non lontano dall’abitato. Trovò una grotta, nella quale abitava un’orsa; al vederla il santo si munì di una croce, e disse: “In nome di Cristo, non entrare più qui!” L’orsa, obbediente, lasciò la grotta e sparì da tutta la regione. Egli poi si stabilì in quel luogo, nutrendosi soltanto di erbe crude, e giorno e notte gridava Kyrie eleison.
La madre, sospettando che Nicola fosse posseduto dal demonio, lo portò ai monaci del Monastero di San Luca; ivi per molto tempo, a scopo di cura, fu sottoposto ad angherie. Lo cacciarono dal tempio: egli stava dinanzi alle porte, gridando il Kyrie eleison. Lo chiusero in una torre: verso mezzanotte, mentre continuava a gridare Kyrie eleison, la porta si aprì prodigiosamente. I monaci lo legarono: la catena cadde a terra come una ragnatela. Lo cacciarono dal monastero: la divina Potenza lo sollevò e lo posò sulla cupola della chiesa, e furono costretti a farlo scendere a bastonate. Lo gettarono a mare: un delfino lo portò incolume a terra.
Prendendo da casa un’ascia e un coltello, Nicola salì allora sulla montagna: tagliava legna da alberi di cedro e, facendone croci, andava a piantarle agli incroci delle strade e in luoghi inaccessibili e scoscesi.
Il primo di luglio, nel Metochio di Faro, chiamato Stirisca, presso il mare, si stava preparando la festa dei santi anargiri Cosma e Damiano. L’igumeno di Stiri con i suoi monaci era solito parteciparvi tutti gli anni, e fra i tanti che accorsero, c’era anche il nostro santo. Al momento della comunione, si avvicinò per ricevere il sacrosanto corpo e sangue di Cristo. Ma l’igumeno gli rivolse parole ingiuriose, ordinando di cacciarlo fuori dalla chiesa. Rattristato e in lacrime, egli decise di partire. Si recò a Naupatto e s’imbarcò.
Sulla nave Nicola gridava continuamente Kyrie eleison: i marinai allora lo gettarono a mare ma, protetto dalla Potenza divina, giunse al porto di Otranto.
A Otranto tutti ben presto cominciarono a riconoscere la virtù divina che ricolmava quel ragazzo. E supplici gli dicevano: “Abbi pietà di noi e intercedi per noi presso il Signore, affinché per le tue preghiere siamo liberati dalla schiavitù dei barbari e i nostri parenti che si trovano in prigionia ottengano la libertà”. I Crociati, conquistata la Puglia nel 1073, avevano infatti subito iniziato a perseguitare i Romani ortodossi.
Un giorno, mentre a Otranto si teneva una processione con l’icona della Madre di Dio, il santo che seguiva e cantava Kyrie eleison, incontrò un anziano e riverendolo gli disse: “Salve, mio fratello e signore. Tu e io siamo stati plasmati dall’unico creatore”. E lo abbracciò. Ma i cristiani mormorarono: “Oh! Riverisce e saluta un ebreo!” Fu perciò costretto a lasciare Otranto, e si recò a Sogliano, a Nardò, a Racale, a Lecce. Nel Monastero di San Lorenzo, a Vèrnole, c’era un uomo agitato dal demonio. Il santo gli disse: “Apri la bocca!” Quello aprì subito la bocca e, dopo che il santo lo toccò tre volte con una croce, fu liberato dal demonio. Giunto il santo alla città di Lecce, prima di farvi ingresso si fermò nel tempio di san Zaccaria. Poi, al mattino presto, gridando Kyrie eleison, si diresse alla cattedrale, ma il vescovo uniate Teodoro lo fece prendere e fustigare. Poi, Jean e Rumtibert, presero il santo e lo incarcerarono, legato mani e piedi. Ma rifulse una grande luce, le funi che lo legavano furono sciolte, le porte si aprirono, ed egli prodigiosamente uscì. Un giorno, nella stessa città, nei pressi della porta Nicola incontrò il conte Gotfried, che avanzava a cavallo accompagnato dai suoi. Alzate le mani al cielo, il santo gridò Kyrie eleison. A quel grido improvviso e al gesto delle mani, i cavalli si spaventarono, e disarcionarono i cavalieri facendoli finire per terra. Uno di questi si avvicinò al santo e lo prese a schiaffi. Ma, mentre gli altri cavalieri si rimettevano in movimento, colui che aveva schiaffeggiato il santo cadde improvvisamente da cavallo, rompendosi le gambe; la mano che aveva colpito il santo restò paralizzata.
Alcuni lo presero e lo condussero alla chiesa di san Demetrio e ve lo lasciarono, mani e piedi legati. Egli non smetteva mai di pregare e magnificare il Signore. Ed ecco che verso mezzanotte apparve l’angelo del Signore, e una luce intensa riempì la chiesa. Sciolti i legami, Nicola partì da lì e giunse a Veglie. Ivi, rimanendo nella casa di una povera vedova, le procurava il necessario: si caricava la legna sulle spalle, e la portava in quella casa. Andò poi a Taranto, sempre gridando Kyrie eleison, e Convertitevi! Al clamore provocato, il vescovo romano-cattolico Albert diede ordine di dargli molte frustate. E infatti, lo frustarono tanto disumanamente e selvaggiamente, che la terra circostante si tinse del suo sangue. Partito da quel luogo, venne nella città di Trani; a causa però delle molte e insopportabili piaghe che gli avevano lacerato il corpo, giunto alle porte della chiesa della Madre di Dio, si accasciò per terra. Una luce indescrivibile lo circondò, mentre una voce gli preannunciava l’ultimo pellegrinaggio, quello che l’avrebbe portato al Signore: in questa terra era vissuto circa diciotto anni appena.
- Memoria di San Niceforo Patriarca di Costantinopoli
Niceforo è un santo che fu patriarca di Costantinopoli nell’epoca di quel rigurgito di iconoclastia che si ripresentò nel IX secolo, benché la questione fosse stata dogmaticamente risolta già nel II Concilio Ecumenico di Nicea del 787.
Niceforo nacque intorno al 758 da una famiglia agiata. Partecipò come segretario al secondo concilio di Nicea del 787. Dopo la caduta dell’imperatrice Irene (802), Niceforo ritornò nella capitale gestendo una casa per i poveri.
Alla morte del patriarca Tarasio (806), l’Imperatore Niceforo I decise di nominare patriarca Niceforo, benché fosse un semplice laico.
Non sappiamo molto dei primi anni del ministero episcopale di Nioceforo. Le notizie aumentano con il sorgere dei problemi, allorquando il patriarca si oppose alla politica religiosa imperiale. Sotto l’impero di Leone V l’Armeno (813-820), infatti, esattamente nel dicembre 814, ci fu uno scontro tra l’imperatore e il patriarca, dovuto al fatto Leone aveva ripreso la tendeza iconoclasta. San Niceforo, sostenuto da un’ampia schiera di vescovi e teologi iconòduli (tra cui san Teodoro Studita), invece, si poneva sulla linea della tradizione che non solo promuoveva la venerazione delle immagini sacre, ma ne affermava anche la liceità dogmatica. Per il suo strenuo coraggio di non sottomettersi ai compromessi imperiali, san Niceforo fu deposto e costretto all’esilio.
Niceforo dovette ritirarsi nel monastero di San Teodoro, a nord di Crisopoli (località poi distrutta, attualmente corrispondente al quartiere Üsküdar di Istanbul). Tra l’814 e l’820 ebbe modo di comporre, tra le sue opere religiose e storiche, scritti che riguardano la controversia iconoclastica.
Sotto Michele II ricevette la proposta di tornare patriarca a condizione che non si immischiasse nella controversia iconoclastica, ma il santo vescovo rifiutò. Rimase in quel monastero fino alla sua morte, che avvenne nell’828.
Morto in esilio, il suo corpo fu solennemente riportato a Costantinopoli dall’imperatrice Teodora, il 13 marzo 846.
E’ venerato sia dalla Chiesa Cattolica che dalle Chiese Ortodosse il giorno 2 giugno. Gli ortodossi ricordano anche la traslazione del suo corpo il 13 marzo.
Autore: Ruggiero Lattanzio